57 aziende inquinano il mondo: da sole producono l’80% delle emissioni globali

I colossi di petrolio, gas e cemento che ignorano la crisi climatica

Nei sette anni successivi alla firma dell’Accordo di Parigi sul clima, sono state immesse nell’atmosfera 251 miliardi di tonnellate di CO2. Di queste, sono responsabili all’80% solo 57 società, grandi colossi del petrolio, carbone, gas e cemento.

Se al conto si aggiungono anche le aziende medio-grandi, il risultato è ancora peggiore: l’88% delle emissioni totali dopo l’intesa sul clima arriva da appena 117 imprese.

A rivelarlo è il report Carbon Majors Database, realizzato da InfluenceMap, un think tank londinese che svolge analisi relative a performance ambientali, energia e cambiamento climatico. Il database tiene traccia delle attività di ben 122 società, considerate i veri “motori” della crisi climatica.

L’Accordo di Parigi è fallito?

Nell’Accordo di Parigi, firmato nel 2015, i governi mondiali avevano sottoscritto l’impegno alla riduzione dei gas serra; eppure, come dimostra il report, le emissioni sono in crescita. Dal 2016 al 2022, la produzione di combustibili fossili è stata addirittura superiore rispetto ai sette anni precedenti l’intesa. In particolare, il 65% degli enti statali e il 55% delle aziende private hanno aumentato l’immissione di CO2 in atmosfera.

Le società più inquinanti secondo Carbon Majors

Carbon Majors

La prima classifica stilata da Carbon Majors riguarda la Top 10 delle produzioni storiche, le cui emissioni vengono tracciate sin dal 1854. Al primo posto, qui, svetta la Cina del carbone, con un totale di 276.458 milioni di tonnellate di CO2, che corrispondono al 14% delle emissioni globali. Seguono l’ex Unione Sovietica, che ha contribuito al 6,8% delle emissioni globali, e poi Saudi Aramco, con il 3,6%.

La seconda classifica prende in considerazione le principali società inquinanti dopo la firma dell’Accordo di Parigi, fino al 2022. In cima troviamo Saudi Aramco al 4,8%, seguita da Gazprom al 3,3% e Coal India al 3%.

Carbon Majors

In testa alle aziende più inquinanti di proprietà degli investitori, invece, nei primi sette anni trascorsi dall’Accordo di Parigi, spicca il gigante statunitense ExxonMobil. Questa società, da sola, avrebbe infatti prodotto 3,6 gigatonnellate di CO2 in sette anni, ovvero l’1,4% del totale globale. Nella classifica trova posto anche l’italiana Eni, che avrebbe contribuito allo 0,6% delle emissioni totali.

Inoltre, Chevron, ExxonMobil, BP, Shell e ConocoPhillips sono colpevoli dell’11% delle emissioni storiche di CO2 provenienti da combustibili fossili e cemento.

Le grandi economie mondiali investono nel fossile nei paesi in via di sviluppo

Secondo una ricerca condotta dai gruppi Oil Change International (OCI) e Friends of the Earth US, i governi di alcune grandi economie mondiali hanno continuato a sostenere l’industria dei combustibili fossili nei paesi in via di sviluppo.

Tra il 2020 e il 2022, i principali finanziatori sono stati Canda, Giappone e Corea del Sud. I primi due membri di questa lista, peraltro, fanno parte anche del G7, impegnato sin dal 2022 a fermare i finanziamenti all’estero dei combustibili fossili. Ma se gli investimenti sul carbone sono effettivamente diminuiti, le sovvenzioni per progetti relativi a petrolio e gas sono proseguite a ritmo sostenuto.

Anche Italia e Germania sarebbero colpevoli, emerge dal rapporto. Avrebbero infatti fornito miliardi di finanziamenti all’anno a progetti esteri sui combustibili fossili tra il 2022 e il 2023. Il Regno Unito, invece, avrebbe contribuito in media con circa 600 milioni di dollari all’anno.

Il problema, inoltre, coinvolge anche alcuni organismi internazionali. La Banca Mondiale avrebbe, infatti, partecipato con circa 1,2 miliardi di dollari l’anno all’industria del fossile nel corso dell’ultimo triennio, di cui circa due terzi sarebbero stati destinati a progetti sul gas.

“Sappiamo chi sono i responsabili del cambiamento climatico”

“La ricerca di Carbon Majors ci mostra esattamente chi è responsabile del caldo letale, delle condizioni meteorologiche estreme e dell’inquinamento atmosferico che stanno minacciando vite umane e devastando i nostri oceani e le nostre foreste – ha dichiarato Tzeporah Berman, direttrice del programma internazionale di Stand.earth e presidente del Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili -. Queste aziende hanno realizzato profitti per miliardi di dollari, negando il problema e ostacolando la politica climatica”.

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