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Ritenuti ancora insufficienti i progressi fatti in tema di cambiamenti climatici dai Paesi del G7, che in questo modo si allontanano dagli obiettivi della Cop27. 

A sostenerlo, attraverso la nuova analisi, Cdp (Carbon Disclosure Project), organizzazione globale senza scopo di lucro che gestisce il sistema mondiale di divulgazione ambientale per aziende, città, stati e regioni e la società di consulenza strategica Oliver Wyman.

I paesi del G7 non sono in grado di decarbonizzare velocemente

Nessun Paese del G7 risulta essere in grado di decarbonizzare con la velocità necessaria a consentire il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle imprese, tra cui quello di 1,5°C. Ad oggi, con i progressi registrati, il G7 sarebbe in grado al massimo di raggiungere in aggregato un innalzamento globale delle temperature di 2,7°C. 

Le società italiane e tedesche progrediscono

Ma, secondo il rapporto, le società italiane e tedesche sono quelle che hanno compiuto i maggiori passi avanti: infatti, calcolando le emissioni collettive, quest’ultime porterebbero ad un aumento del surriscaldamento globale di “appena” 2,2°C. 

Italia e Germania sono seguite dalla Francia (2,3°C), dal Regno Unito (2,6°C) e dagli Stati Uniti (2,8°C), mentre le aziende canadesi sono le peggiori del G7, con 3,1°C.

Lo studio per fare i suoi calcoli si è basato sui Cdp temperature ratings, strumenti scientifici che trasformano gli obiettivi delle imprese per la lotta ai cambiamenti climatici in un rating numerico.

Come funzionano i Cdp temperature ratings

I Cdp temperature ratings mettono a sistema tutti i progressi sulle emissioni prodotte lungo l’intera value chain di un’azienda (Scope 1-3) e, sulla base di questi progressi, si calcola il probabile innalzamento delle temperature che si potrebbe avere nel caso in cui non venisse modificato il ritmo del raggiungimento degli obiettivi. Per definire il riscaldamento globale di un Paese, questi rating vengono poi aggregati. 

Le società europee sono più virtuose anche rispetto a quelle nordamericane ed asiatiche 

Dalla ricerca emerge che: le società europee relativamente alla produzione di energia registrano un livello di surriscaldamento di 1,9°C, rispetto ai 2,1°C delle aziende nordamericane e ai 3°C di quelle asiatiche. Questo risultato è dovuto anche al fatto che gli obiettivi fissati in Europa sono più stringenti, la politica di contenimento è stata infatti fissata entro i 2°C. 

Dunque, le imprese europee hanno compiuto decisivi passi avanti, passando da un incremento delle temperature di 2,7°C nel 2020 a 2,4°C nel 2022, dovuto in buona parte al grande incremento nel 2021 (pari all’85%) delle società con obiettivi di riduzione delle emissioni fondati su basi scientifiche.

Gli alti rating di temperatura in Canada e Stati Uniti vanno attribuiti al fatto che, in questi Paesi gli obiettivi siano poco ambiziosi o addirittura assenti. Ciò è dimostrato dal fatto che in Canada, meno della metà (43%) di tutte le emissioni Scope 1 e 2 dichiarate sono sostenute da un obiettivo. Per avere un’idea, in Francia e Germania, questa percentuale è superiore al 90%.

Laurent Babikian, global director capital markets di Cdp, ha dichiarato: “Il fattore più importante per una rapida riduzione delle emissioni in linea con l’Accordo di Parigi è la definizione di obiettivi ambiziosi. Non è accettabile per nessun Paese, tanto meno per le economie più avanzate del mondo, avere settori che mostrano ancora un’ambizione così scarsa. Con queste informazioni, i Governi, le autorità di regolamentazione, gli investitori e l’opinione pubblica devono chiedere di più alle imprese con un alto impatto ambientale che non hanno ancora fissato target climatici. Sebbene la voce di questi player si stia alzando, dobbiamo fare in modo che la strada verso gli 1,5°C rimanga percorribile, in vista anche della Cop27. Le aziende con alti livelli di emissioni, i loro investitori e finanziatori devono immediatamente fissare e onorare i loro obiettivi attraverso piani di transizione credibili per permetterci di raggiungere questo traguardo”.

James Davis, partner per i servizi finanziari di Oliver Wyman, ha aggiunto: “L’analisi mette in luce grandi differenze nell’ambizione e nella volontà delle aziende di combattere i cambiamenti climatici, e l’urgente necessità di diffondere le best practice in modo più ampio e rapido se vogliamo avere una possibilità di ridurre le emissioni per raggiungere gli 1,5°C, un obiettivo la cui importanza è stata sottolineata dai recenti fenomeni meteorologici estremi. Una politica di sostegno da parte dei governi è fondamentale, così come la risoluzione di problemi strutturali presenti in alcuni settori e regioni”.

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