In Sardegna si studia come proteggere i tesori speleologici e la biodiversità

Le acque sotterranee che scorrono nelle falde acquifere carsiche costituiscono circa il 40% delle fonti di acqua potabile per il nostro Paese.

Qui insistono oltre 40.000 grotte scoperte e documentate, di cui circa 40 aperte al turismo. Tesori speleologici risorsa anche per le economie locali.

Il seminario organizzato dalla Società Speleologica Italiana sui monitoraggi degli ambienti carsici in Sardegna, a Cala Gonone, è terminato lo scorso 3 novembre. La grotta del Bue marino è l’attrice protagonista di queste attività.

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Foto di Luisella Planeta Leoni da Pixabay

Amministratori locali e speleologi insieme per proteggere gli ecosistemi

In un contesto come quello contemporaneo, afflitto da scarsità di risorse idropotabili e cambiamenti climatici, le grotte naturali sono l’accesso agli ecosistemi carsici. Sebbene invisibili ai più, conservano elevata qualità di acqua e di biodiversità.

Queste cavità sono sfruttate anche per turismo e sostengono le economie locali. Si tratta di importanti risorse ambientali che vanno salvaguardate con monitoraggi ambientali costanti e precisi.

Per far ciò gli speleologi hanno assunto un ruolo specifico: riescono a raggiungere luoghi estremi e difficilmente accessibili. Aiutano così i ricercatori nella raccolta di dati utili a molteplici discipline. Idrogeologia, medicina, biologia, ingegneria dei grandi vuoti. Ancora, archeologia e astrobiologia.

La Società Speleologica Italiana, ha riunito per questo in Sardegna speleologi, scienziati, tecnici, istituzioni e operatori del settore provenienti da tutta Italia. Il seminario sui monitoraggi degli ambienti carsici ipogei è durato tre giorni.

Il contesto in Italia

Lo speleologo Mauro Chiesi, direttore del seminario, spiega: “Il monitoraggio dei parametri ambientali in aree carsiche presuppone l’individuazione degli indicatori corretti da rilevare, la conoscenza e la capacità d’uso di strumenti adeguati nonché la raccolta, la gestione statistica e l’interpretazione dei dati raccolti”.

Nel nostro Paese insistono numerosi parchi e aree protette a connotazione carsica.

Ci sono anche grotte non ancora sfruttate a livello turistico. Spesso contengono importanti corpi idrici sotterranei e sono riconosciute habitat 8310 dalla Rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità.

La grotta del Bue Marino, il più importante scrigno di biodiversità del mondo

La grotta del Bue Marino è famosa a livello internazionale in quanto ultimo sito di riproduzione conosciuto per la foca monaca in Italia.

Ha uno sviluppo esplorato di oltre 20 km, fa parte di un vasto e articolato sistema carsico che si estende per oltre 70 km e che ricopre un’area complessiva di quasi 29.000 ettari tra i comuni di Baunei, Dorgali e Urzulei in Sardegna.

Il sito di importanza comunitaria, è soggetto a stringenti vincoli nazionali ed europei.

La grotta, frequentata già in epoca neo-eneolitica, circa 4000 a.C. da oltre 50 anni è visitata da decine di migliaia di turisti e da speleologi provenienti da tutto il mondo.

L’amministrazione municipale di Dorgali nel 2021 ha commissionato uno Studio di incidenza ambientale sul ramo nord della grotta del Bue Marino. Il documento serviva a riaprire questa sezione della cavità, garantendo la sicurezza per la fruizione complessiva del sito.

Il patrimonio del sito

Prima di questo studio, nella Grotta erano riportate ben 50 specie animali, di cui 28 considerate sotterranee, acquatiche o terrestri. Le grotte con 25 o più specie sono infatti considerate hotspot di biodiversità a livello mondiale.

Nel 2019 erano note solamente 24 di queste grotte in tutto il mondo, di cui 16 nella zona temperata.

Durante gli ultimi monitoraggi sono state complessivamente raccolte e identificate almeno altre 21 specie, prevalentemente marine.

“Non esiste al mondo un hotspot di biodiversità equiparabile alle grotte del Bue Marino. Non pensavamo che fosse possibile un simile risultato nell’area mediterranea, invece, dati alla mano, è al primo posto tra le grotte più ricche di fauna e biodiversità”, conclude Fabio Stoch, biospeleologo di fama internazionale.

 

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