Nel 2016 il riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione ha registrato in Veneto un trend di crescita. Si è infatti arrivati ad avere 4 milioni di tonnellate di rifiuti recuperati da attività di costruzione (cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche) e dagli scarti di legno, vetro e plastica. Numeri che si traducono in un aumento del 5% rispetto al 2015. Se invece si prendono in considerazione i rifiuti speciali nella loro totalità emerge come, su una produzione totale di 13,5 milioni di tonnellate, 4,9 Mt (ovvero il 36% del totale) proviene dal comparto costruzioni e demolizioni.

Questi sono solo alcuni dei dati del rapporto “Economia circolare nel settore dei rifiuti da costruzione e demolizione in Veneto”, commissionato dalla Camera di Commercio di Venezia Rovigo ed elaborato da Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Dalla ricerca, presentata oggi a Padova, emerge in particolare come, grazie alla crescita del recupero di questa tipologia di rifiuti speciali, siano diminuite le tonnellate di inerti smaltite in discarica. Nel 2015 sono state 410.000 tonnellate, ovvero il 14% in meno rispetto al 2013. I numeri restano positivi anche si analizzano gli ultimi 4 anni: la diminuzione, nel periodo in esame, si attestata infatti a 100 mila tonnellate.

Insieme ad Andrea Da Lio, responsabile ufficio unico ambientale delle Camere di Commercio del Veneto, abbiamo approfondito alcuni aspetti del binomio economia circolare – rifiuti da costruzione e demolizione.

Quali fattori hanno influito sulle buone performance registrate dal report ?

Le buone performance sono legate alla presenza di un quadro impiantistico soddisfacente e ben distribuito nel territorio. Un altro fattore chiave è stata la realizzazione di una serie di interventi normativi mirati da parte di Regione Veneto, tra cui una delibera per promuovere la demolizione selettiva. Una misura che ha permesso di avere un flusso di rifiuti più selezionato. Se realizzo la demolizione selettiva riesco, infatti, a suddividere in maniera ottimale le frazioni merceologiche dei rifiuti evitando di produrre un rifiuto misto – che comporta poi a valle una gestione più laboriosa e quindi più onerosa –  e allo stesso tempo massimizzo le potenzialità di riciclaggio.

Il settore ha ben introiettato i paradigmi dell’economia circolare?

Sicuramente la tematica è nota agli addetti ai lavori. La sfida culturale che bisogna affrontare è quella di permettere alle aziende del territorio, spesso di piccole dimensioni, di concretizzare questi paradigmi operativi green e incentrati sul riutilizzo virtuoso di risorse.

Bisogna azionare i principi dell’economia circolare e tradurli in azioni specifiche che successivamente potranno essere quantificate. Un altro punto centrale, che deve essere gestito con attenzione, è l’immissione sul mercato dei prodotti frutto di filiere del riciclo. Una questione su cui rimangono non poche criticità. Il processo di riciclo, infatti, porta alla produzione di un materiale, un nuovo prodotto che, secondo la normativa, deve avere un mercato e deve essere riconducibile a determinate categorie per trovare una sua collocazione precisa. Tuttavia questa perfetta circolarità, nel caso dei rifiuti da costruzione e demolizione, non c’è ancora. Per questo c’è bisogno di mettere in moto delle leve per far sì che questi meccanismi si attivino correttamente.

In generale i rifiuti da demolizione e costruzione sono una buona cartina di tornasole, perché rappresentano il 45% dei rifiuti speciali a livello nazionale. Dal punto di vista merceologico sono per la maggior parte rifiuti inerti, non pericolosi, che si caratterizzano, una volta perfezionate le operazioni di riciclaggio, per avere un buon ventaglio di opzioni di utilizzo.

Quali sono i temi chiave da tenere presente nel momento in cui si affronta il binomio economia circolare – rifiuti da costruzione e demolizione?

Le questioni, a mio avviso, sono essenzialmente due.  La prima è il fatto che lo strumento per azionare e massimizzare la circolarità di questi rifiuti c’è già ed è il Green Public Procurement. Si tratta di uno strumento di politica ambientale che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica e che, attraverso l’elaborazione dei Criteri ambientali minimi (CAM), definisce quali specifiche determinati prodotti o servizi debbano garantire in fase di progettazione e di realizzazione. Purtroppo il rispetto dei CAM non trova corretta e piena applicazione nei progetti, ad esempio nella realizzazione delle strade.

La seconda tematica è invece la necessità di avere norme chiare di riferimento per gli operatori che realizzano queste materie prime secondarie. Si tratta di strumenti che al momento purtroppo non ci sono. Servirebbe un decreto specifico – parlo ovviamente  della cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste),  – per dare certezza agli operatori e identificare i parametri necessari a classificare in modo univoco un materiale, che in origine era un rifiuto, come un prodotto. Nello specifico bisognerebbe rendere chiari gli accertamenti qualitativi, i test e le analisi  da compiere e le caratteristiche specifiche da valutare. 

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Giornalista professionista e videomaker con esperienze in diverse agenzie di stampa e testate web. Laurea specialistica in Filosofia, master in giornalismo multimediale.