Le imprese italiane pronte per la COP21. La proposta di Confindustria

ConnIl 24,5% delle imprese italiane ha effettuato eco-investimenti tra il 2008 e il 2015” e “le emissioni evitate in Italia sono per il 70% attribuibili all’industria”. Ma le imprese non possono agire da sole: pur decise a proseguire lungo questa strada – dopo aver assaggiato il legame diretto tra sostenibilità e profittabilità – evocano la collaborazione del comparto dei trasporti, dell’edilizia e dell’agricoltura in cui “poco è stato fatto”.

A parlare è Andrea Bianchi, Direttore politiche industriali di Confindustria, che – in occasione del convegno “Le opportunità per le imprese italiane legate agli impegni sul clima al 2030” organizzato oggi, 18 novembre, a Roma da Confindustria e Kyoto Club – ha anticipato i punti del documento che la Confederazione presenterà al Governo entro la fine di Novembre.

Elemento cardine del rapporto, dunque, il maggior contributo dei settori dell’economia italiana da stimolare con il Green Act: “Abbiamo bisogno che ci dica quali sono gli obiettivi condivisi e qual è lo scenario dentro cui muoversi. Vogliamo sia assunto dal Governo e che non rimanga un documento del MISE”, prosegue Bianchi.

Un salto di qualità che, congiuntamente con la COP21, potrebbe offrire una grande opportunità a Italia ed Europa per ricercare la parità competitiva nel globo ed evitare la delocalizzazione produttiva con effetti di dumping ambientale. Anche se qui non si tratta solo di Europa: in passato il vecchio continente si è posto ambiziose politiche ambientali, che solo oggi sembrano richiamare l’attenzione degli altri Stati: “Ad oggi è molto significativo che la COP21, rispetto le precedenti conferenze internazionali sul clima, registri una più ampia partecipazione e attenzione soprattutto da parte di USA e Cina”.

Il rischio in cui si potrebbe inciampare, come ricorda Bianchi, è quello di non creare un’unica politica energetica, ma tante misure slegate. “Abbiamo provato ad analizzare i diversi INDICs trasmessi ed è emerso che rappresentano strutture e obiettivi differenti”. In particolare “solo ¼ dei Paesi definisce target in termini assoluti di riduzione delle emissioni con riferimento ad un anno base; solo Cina e Sud Africa hanno indicato il 2030 come anno per il raggiungimento del picco emissivo; quasi la metà degli Stati ha scelto di indicare un obiettivo rispetto a uno scenario tendenziale; quasi il 60% non fa mai riferimento ad un mercato globale del carbonio; l’istituzione di una carbon tax per il prezzo della CO2 non viene nemmeno presa in considerazione”.

Eppure bisogna allinearsi sul target della stabilizzazione dell’aumento della temperatura globale a non più di 2°C (nel dicembre 2014 ha toccato i 3,6°C). “L’obiettivo è ambizioso, non è detto che riusciremo a raggiungerlo”.

Soprattutto perchè, trattandosi di sostenibilità e innovazione tecnologica, si hanno positivi ritorni in ambito economico ed occupazionale: “Quest’anno abbiamo registrato un aumento di 4 punti percentuali dei green jobs toccando settori trasversali (dall’high tech alla meccatronica). In Italia ci sono tante idee e innovazioni che rispettano l’ambiente. Dobbiamo portare a Parigi questa forza dell’Italia che incrocia innovazione, cultura e bellezza”, ha sottolineato Ermete Realacci, Presidente della VIII Commissione alla Camera.

Di seguito il commento sulla mattinata di Gaetano Maccaferri, Vicepresidente di Confindustria per la Semplificazione e l’Ambiente.

Print Friendly, PDF & Email

Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita

Tutti i diritti riservati. E' vietata la diffusione
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.
Giornalista professionista e videomaker, attenta al posizionamento seo oriented degli articoli e all'evoluzione dei social network. Si occupa di idrogeno, economia circolare, cyber security, mobilità alternativa, efficienza energetica, internet of things e gestione sostenibile delle foreste