Resilienza del servizio idrico, servono strategia e investimenti

La proposta di riforma del settore di Utilitalia alla luce dei dati del report di Fondazione Utilitatis: “Scenari climatici e adattamento – Il ruolo delle Utilities nella siccità”

Serve una maggiore resilienza del servizio idrico per sconfiggere le problematiche della siccità, ma anche verrebbe da dire delle piene, se pensiamo a quanto accaduto quest’anno in Emilia Romagna.

Le imprese che operano nel servizio idrico sono chiamate ad adottare un nuovo approccio alla pianificazione industriale e alla gestione di reti e impianti, vista anche la riduzione della quantità di risorsa idrica rinnovabile che potrebbe manifestarsi in futuro” evidenzia la direttrice di Fondazione Utilitatis, Francesca Mazzarella. “Il Rapporto sottolinea l’importanza di una pianificazione strategica per uscire dalla logica dell’emergenza che rischia di farci trovare impreparati alla sfida climatica che ci attende”.

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Foto di Dieter Ludwig Scharnagl da Pixabay

Un piano per contrastare efficacemente la siccità secondo Rapporto di Fondazione Utilitatis:“Scenari climatici e adattamento – Il ruolo delle Utilities nella siccità” è possibile. Sono necessarie azioni che vanno ad aumentare la capacità di invaso, differenziare l’approvvigionamento idrico, incrementare il riuso dell’acqua e potenziare gli investimenti nella depurazione.

La proposta di riforma del settore idrico di Utilitalia

Stando ai dati del report le aziende italiane del settore idrico “sono pronte a mettere in campo investimenti per circa 11 miliardi di euro nei prossimi 3 anni. Di questi 7,8 saranno destinati ad interventi per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento idrico delle aree urbane ed una maggiore resilienza delle infrastrutture, e 3,1 miliardi per contrastare il fenomeno delle dispersioni idriche”.

“Ma per garantire nei prossimi anni un approvvigionamento sicuro di acqua potabile, servono azioni sinergiche che coinvolgano anche il mondo agricolo e industriale nonché interventi non più procrastinabili sul fronte della governance” sottolinea il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini. “Per questo motivo la Federazione si è fatta promotrice di una proposta di riforma del settore in quattro punti (…) attraverso le nostre proposte di riforma siamo convinti di poter raggiungere l’obiettivo 100, arrivando a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione e a un livello di investimenti di 100 euro l’anno per abitante, rispetto ai 56 euro attuali”.

proposta di riforma del settore idrico 2023 di utilitalia
La proposta di riforma del settore idrico 2023 di Utilitalia

Le misure proposte dal report di Fondazione Utilitatis per una resilienza del servizio idrico

  • Il volume potenziale invasabile  nel nostro paese è di 13,7 miliardi di metri cubi d’acqua attuabile grazie alla presenza di 532 grandi invasi. Su questi ad oggi la capacità autorizzata è pari a circa 11,8 miliardi di metri cubi. In questo caso bisogna intervenire sotto il profilo tecnico e normativo in modo da ottimizzare l’uso e la capacità di contenimento di queste strutture.
  • Lavorare sull’interconnessione delle reti idriche permetterebbe di rendere condivisibili le risorse idriche anche in zone remote e in tempi differiti. Per far ciò bisogna lavorare su differenziare l’approvvigionamento. In questo contesto l’associazione propone l’uso dei dissalatori. Sopratutto in contesti come le isole minori o le zone che soffrono della risalita del cuneo salino.
  • Altro tema al centro dell’analisi il riutilizzo delle acque reflue per fini agricoli. Questo consentirebbe di sfruttare 5,8 miliardi di metri cubi di acqua, considerando la totalità degli impianti italiani che sono 3.678, e 4,2 miliardi di metri cubi di acqua, calcolando solo i più grandi impianti dotati di trattamenti avanzati. Il che equivale a circa la metà e di circa un terzo del fabbisogno agricolo nazionale in termini di volumi irrigui.
  • Rispetto questo tema, si potrebbe anche potenziare il risultato delle acque reflue con un investimento improntante in termini di depurazione. Ad oggi l’Italia ha ancora 939 procedure di infrazione aperte con l’Europa su questo tema di cui il 72% è concentrato nelle regioni meridionali.

Le misure che il documento, realizzato in collaborazione con il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile ed Enea, prende in considerazione considerano le trasformazioni sul clima portate dal riscaldamento globale. Effetti per cui l’Italia è tra le nazioni europee la più fragile.

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