Sottoprodotti, il ruolo nell’economia circolare e le criticità normative

Di questi temi si è discusso l’8 febbraio a Milano, nel corso di un convegno organizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in collaborazione con SECAM.

L’economia circolare promuove, oltre al riuso e al riciclo, la riduzione dei rifiuti e, quindi, anche la valorizzazione dei sottoprodotti, che dovrebbe avvenire in condizioni di sicurezza ambientale. Il convegno “Sottoprodotti: problemi e opportunità”, svoltosi a Milano l’8 febbraio su iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, si è proposto di fare un punto sul tema.

La classificazione dei sottoprodotti

Il concetto di sottoprodotto è stato introdotto con la Direttiva 2008/98/CE e successivamente aggiornato con la Direttiva 2018/851/UE. Come ha ricordato la dottoressa Paola Ficco, avvocato, giurista ambientale e responsabile scientifico di ReteAmbiente, esiste un’importante distinzione tra i sottoprodotti – che derivano da un processo produttivo non destinato a produrli – e le materie prime seconde, così come i cosiddetti “end of waste”, che derivano invece da un processo di recupero dei rifiuti. A chiarirlo è l’Articolo 184-bis del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

È un sottoprodotto e non un rifiuto qualsiasi oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: è originato da un processo produttivo il cui scopo primario non è la sua produzione; sarà sicuramente utilizzato da parte del produttore o di terzi; potrà essere utilizzato senza ulteriori trattamenti; non porterà a impatti negativi sull’ambiente o la salute umana. Sulla base di queste condizioni possono essere stabiliti criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con decreto del Ministro dell’Ambiente.

La gerarchia della gestione dei rifiuti

In base all’Articolo 179 dello stesso Decreto legislativo (3 aprile 2006, n. 152), la gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

  • prevenzione;
  • preparazione per il riutilizzo;
  • riciclaggio;
  • recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
  • smaltimento.

La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

La gerarchia delle fonti

“Il sottoprodotto è l’istituto più importante dell’economia circolare, poiché sta in cima alla gerarchia della gestione dei rifiuti (prevenzione). Usarlo bene significa contribuire a ridurre lo spreco di materie prime”, ha spiegato Stefano Maglia, giurista ambientale e responsabile scientifico di TuttoAmbiente. “C’è poi un’altra gerarchia, quella delle fonti. Per valorizzare i sottoprodotti, infatti, occorre fare ordine tra le varie fonti di diritto e gli ‘aiuti interpretativi’. Fra le criticità del DM 264 e delle circolari esplicative ci sono, per esempio, il rapporto con i sottoprodotti di origine animale, l’onere della prova (non basterà più dichiarare, bisognerà dimostrare), la differenza fra scarti e residui. La disciplina del sottoprodotto non consente scorciatoie, ma richiede valutazioni caso per caso”.

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Stefano Maglia, giurista ambientale e responsabile scientifico di TuttoAmbiente. Foto di Elisabetta Scuri/Canale Energia

L’accordo fra ENEA e MASE per la simbiosi industriale

“La questione dei sottoprodotti è fra i temi centrali che ci accompagnano in questi mesi di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare, ha infatti rimarcato Silvia Grandi, direttrice generale Economia circolare, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Che ha concordato anche sulla mancanza di indicazioni certe per gli operatori, cosa che disincentiva il ricorso alla qualifica di sottoprodotto per i residui di produzione. Inoltre, ha sottolineato la dottoressa Grandi, “interventi normativi regionali sui sottoprodotti possono determinare difformità di situazioni tra regioni sullo stesso territorio nazionale”.

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Silvia Grandi del MASE in collegamento da remoto. Foto di Elisabetta Scuri/Canale Energia

In ogni caso, la Strategia nazionale per l’economia circolare prevede un accordo di collaborazione ENEA-MASE che ha l’obiettivo di sostenere i progetti di simbiosi industriale, ovvero un sistema integrato per condividere risorse (fra cui i sottoprodotti) secondo un approccio di tipo cooperativo in cui l’output di un’azienda può essere utilizzato come input da un’azienda terza nell’ambito del suo processo di produzione.

Casi studio e considerazioni finali

A proposito di simbiosi industriale, Giuseppe Bortone – direttore generale di Arpae Emilia-Romagna – ha presentato l’esempio del settore della ceramica. Fabio Cambielli, direttore generale di Arpa Lombardia, ha invece presentato le linee guida della Regione per la gestione delle scorie nere di acciaieria a forno elettrico.

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“L’utilizzo di linee guida generali e schede tecniche sul singolo sottoprodotto potrebbe funzionare”, ha concluso Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “Come abbiamo visto, l’incertezza interpretativa e applicativa della norma sui sottoprodotti è la sfida principale da risolvere, approfondendo la conoscenza tecnica e giuridica della norma, della giurisprudenza e della gerarchia delle fonti. È importante semplificare le norme, ma evitare i vuoi normativi. La riforma del codice ambientale potrebbe rappresentare l’occasione per effettuare un intervento mirato”.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.