“L’acqua è un elemento indispensabile, di vita, e lo sport può essere strumento di promozione di iniziative come quelle che vengono lanciate sistematicamente per mantenere vivo il mare” contro tutte le forme di inquinamento, in particolare da plastica. Lo ha sottolineato il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, intervenuto il 10 giugno a Roma all’evento di lancio della XV edizione di Mediterraneo da remare #NoLitter e #PlasticFree, la campagna promossa dalla fondazione UniVerde in collaborazione con fondazione Marevivo, con l’adesione della Guardia Costiera e con il patrocinio di UNEP/MAP, il Piano d’Azione per il Mediterraneo (MAP) promosso dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.

Abodi (Ministro per lo Sport): “Sport e alfabetizzazione civica”
“Anche i grandi avvenimenti sportivi, come l’America’s Cup, possono contribuire” ha riconosciuto il ministro Abodi, “a essere un veicolo di ulteriore promozione di una relazione virtuosa, sana, positiva, propositiva e attiva con il mare”. Senza prescindere dal fattore educativo, a partire dalla scuola, e infatti “non è un caso” ha aggiunto, “che ai Giochi della Gioventù abbiamo associato lo sport a elementi che contribuiscono al benessere e all’alfabetizzazione civica di ragazzi e ragazze”.
Per celebrare il 15° Anniversario della campagna Mediterraneo da remare, all’evento sono stati presentati l’Annullo filatelico di Poste Italiane e il video “Mare Nostrum”, ideato dalla Fondazione UniVerde, che esplora la straordinaria bellezza, ma anche la fragilità, degli ecosistemi costieri e marini della nostra Penisola.
Mediterraneo da remare: la campagna contro la plastica
L’evento intende aderire ai festeggiamenti per il 50° Anniversario UNEP/MAP, un anniversario importante che coincide anche con i 30 anni dalla Convenzione di Barcellona post-Rio. Marine litter e inquinamento da plastica sono oggi tra le maggiori sfide ambientali del nostro tempo. Implicano impatti devastanti sui delicati equilibri degli ecosistemi marini e con rischi scientificamente provati per la salute umana. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) nel report The Mediterranean: mare plasticum, ha infatti stimato che nel Mediterraneo si siano accumulate oltre 1 milione di tonnellate di plastica di cui, galleggiante, ben 3.670 tonnellate, con 730 tonnellate rilasciate ogni giorno.
Oltre l’enorme quantità è anche la sua persistenza ad essere allarmante. La maggior parte degli oggetti in plastica, infatti, si degrada in frammenti sempre più piccoli. Secondi i dati, nel Mediterraneo fluttua la sorprendente quantità di 64 milioni di microplastiche per chilometro quadrato. Oltre 100.000 sono le tonnellate di reti e attrezzi da pesca abbandonati ogni anno.
Le soluzioni per la salute del mare partono dalla terraferma
Per sensibilizzare contro ogni forma di inquinamento dei mari e dei bacini idrografici, e per sollecitare sforzi concertati da parte di Istituzioni, realtà ambientaliste e imprenditoriali, riparte la storica campagna Mediterraneo da remare con i focus #NoLitter e #PlasticFree. “Affrontare questa crisi ambientale richiede un approccio che integri chiari ed adeguati quadri giuridici, innovazione tecnologica, ricerca scientifica e un cambiamento radicale nelle nostre abitudini di consumo” ha sottolineato il presidente della fondazione UniVerde, Alfonso Pecoraro Scanio. Recenti studi hanno rilevato microplastiche persino nella placenta umana e altri abbiano evidenziato che la loro ingestione, attraverso il cibo contaminato, può causare lo sviluppo di tumori. “Occorre invertire questa tendenza prima che i danni siano irreversibili e la tecnologia, soprattutto italiana, è dalla nostra parte, come i sistemi di monitoraggio e controllo dallo spazio”.
Le best practice ci sono, occorre fare sistema: le soluzioni per la salute dei mari, della biodiversità e di noi stessi esseri umani partono dalla terraferma. “Imprese che producono contenitori riutilizzabili di qualità o borracce termiche, al posto di infinite quantità di bottigliette di plastica monouso” ha spiegato, “l’applicazione dell’ingegneria sottomarina nell’installazione delle strutture eoliche offshore galleggianti, sostenibili e rispettose degli ecosistemi marini, che non comportano trivellazioni del fondale ma solo un sistema di ormeggi”. E ancora, “dalle barriere galleggianti per la raccolta dei rifiuti lungo i fiumi, ai dissalatori mobili marini che disperdono gradualmente la salamoia durante la navigazione e consentono di evitare una moltiplicazione di impianti fissi e fortemente impattanti, soprattutto negli arcipelaghi”.
L’attività in prima linea della Guardia Costiera e la moda sostenibile
Mediterraneo da remare è un’iniziativa che si lega intrinsecamente al nostro ruolo di Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, ha ricordato il vice comandante generale Amm. Isp. (CP) Sergio Liardo. “È un tema che ci vede in prima linea ogni giorno, con le nostre attività operative e di prevenzione. Ma questa campagna” ha detto, “va oltre il semplice contrasto all’inquinamento, è un invito a riscoprire la bellezza del nostro patrimonio naturale in armonia con esso”. Ed è qui che entra in gioco l’anima più suggestiva della campagna, cioè “il richiamo a incentivare l’uso di natanti ecologici. È un messaggio potente, che ci ricorda che la vera scoperta avviene quando ci si muove in sintonia con l’ambiente, senza turbarlo”.
Caustico il commento di Carmen Di Penta, direttore generale della Fondazione Marevivo: “Stiamo distruggendo un patrimonio inestimabile senza neanche conoscerlo. Oltre l’80% dei fondali marini e il 98% di quelli abissali sono inesplorati, ma sempre aggrediti”.
In un videomessaggio, la designer di moda sostenibile Ilaria Venturini Fendi ha ricordato che “è importante educare la collettività affinché tutti siano più rispettosi e consapevoli ma è ancora più urgente e importante introdurre leggi molto rigorose e precise e controlli sulla loro applicazione. Il fast fashion e tutto il settore dell’abbigliamento sportivo utilizzano, ad esempio, fibre sintetiche. Non è difficile capire che meno costano i capi e meno ci si occupa di renderli sicuri”. Dal 2006, il progetto di moda ecosostenibile, da lei lanciato, “unisce i valori del lusso e della bellezza alla responsabilità sociale d’impresa utilizzando materiali di riciclo, scarti e rifiuti dando loro una seconda vita e contrastando, al contempo, lo spreco delle risorse”.
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