Rendere un edificio “smart“, senza dargli la possibilità di dialogare con la rete scambiando informazioni, significa mettere un confine all’intelligenza di sistema. Allo stesso modo, non pensare di integrare le reti e le informazioni significa impedire sul nascere la possibilità di creare una smart city.
Come spiegato nel corso del convegno “Gli impianti negli edifici e nella città che cambia” a MCE 2014, tutti questi comparti stanno ottenendo grandi progressi e innovazioni.
“Sul percorso verso gli edifici zed – spiega Paolo Masetti di Zehnder Group Italia – in dieci anni siamo passati da un consumo medio di circa 160 kWh per m³ l’anno ai circa 30 kWh/m³a di oggi; e ci siamo arrivati lavorando sulla forma degli edifici, il loro orientamento e sull’implementazione di tecnologie avanzate”. Da quest’ultimo punto di vista, l’ultima frontiera sono i sistemi residenziali di accumulo del calore e del freddo.
In realtà la scelta è una, spiega Giuliano Dall’O (Politecnico di Milano), il consumatore “in una fase di crisi deve decidere se aspettare che il periodo passi continuando a mantenere i suoi consumi attuali o investire ora per implementare quelle tecnologie che assicurano efficienza e risparmi“.
Detto del building, anche per le reti molto è stato fatto e Romano Ambrogi di Rse rivendica una leadership italiana per ricerca e sviluppo delle smart grid: “In Italia la rete di trasmissione e quella di distribuzione sono già avanzate, molto più che in Paesi come gli Stati Uniti o il Giappone“.
Certamente, l’avvento delle smart grid non significa buttare via e sostituire questo patrimonio. “Quello che serve – prosegue Amborgi – è un’analisi costi – benefici del miglioramento di una data rete”, in modo da stilare esigenze e priorità. “Le tecnologie e i sistemi per farlo ci sono già“.
Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.