Come sfruttare la capacità di tutte – o quasi – le piante di trasformare la luce solare in energia chimica? La risposta viene dai ricercatori del MIT che, grazie all’uso della nanotecnologia, vogliono aumentare la laboriosità delle piante e trasformarle in produttori autoalimentati di energia, capaci di rilevare sostanze inquinanti ed esplosive.
Questo per riuscire a produrre, in un futuro sempre più prossimo, materiali che si riparino da soli adoperando unicamente la luce solare, l’acqua e il diossido di carbonio.
Come riuscire nell’inteno? Con l’aiuto dei cloroplasti, gli organuli sede della fotosintesi clorofilliana.
La sfida è prelevarli dalle foglie delle piante e inserirli in celle solari facendo proseguire il processo fotosintetico per alcune ore senza compromettere l’attività delle proteine fotosintetiche, altrimenti danneggiate dalla luce e dall’ossigeno.
Per proteggere gli organuli i ricercatori hanno avvolto le nanoparticelle polimeriche di ossido di cerio, antiossidanti capaci di combattere i radicali dell’ossigeno, in un acido poliacrilico consentendo loro di penetrare la membrana grassa che circonda i cloroplasti, tramite la tecnica Lipid Exchange Envelope Penetration (LEEP). In questo modo il numero di molecole danneggiato è sceso sensibilmente.
Per migliorare l’attività fotosintetica, poi, gli scienziati hanno sviluppato nanotubi di carbonio che, inseriti nei cloroplasti, hanno agito come antenne catturando anche luce ultravioletta e infrarossi, lunghezze d’onda normalmente non captate dalle piante.
I test condotti adoperando sia i nanotubi che le nanoparticelle di ossido di cerio su un esemplare di Arabidopsis thaliana hanno visto un incremento nel flusso di elettroni nella parte inferiore della foglia, dove sono presenti i pori che consentono il flusso di CO2 e ossigeno. Le prove hanno fatto registrare un incremento del 49% dell’attività fotosintetica e permesso di rilevare l’ossido nitrico, il perossido di idrogeno, il TNT esplosivo e il gas nervino.
Adattando i sensori, il prossimo step sarà monitorare l’inquinamento ambientale, i pesticidi, le infezioni fungine o l’esposizione a tossine batteriche.
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