Mentre l’UE adotta la Dichiarazione europea sulla mobilità ciclistica, “l’Italia va nella direzione opposta”

Il commento di Alessandro Tursi, presidente della Federazione italiana ambiente e bicicletta (FIAB)

Il 3 aprile, l’UE ha adottato la Dichiarazione europea sulla mobilità ciclistica (European Declaration on Cycling), riconoscendo ufficialmente l’accessibilità e la sostenibilità di un mezzo di trasporto come la bicicletta.

mobilità ciclistica
Foto di Tobias Cornille su Unsplash

Il testo è stato firmato a Bruxelles da Adina Vălean, commissaria europea per i trasporti; Karima Delli, presidente della Commissione per i trasporti e il turismo del Parlamento europeo; e Georges Gilkinet, vice primo ministro del Belgio.

Gli obiettivi delle istituzioni europee

Lo scopo è quello di promuovere l’utilizzo dei velocipedi, aumentando la sicurezza delle piste ciclabili, la capillarità delle stazioni di ricarica per le bici elettriche e le opportunità di integrazione con il trasporto pubblico. “I benefici della mobilità ciclistica sono molteplici: riduce l’inquinamento, allevia la congestione urbana e promuove stili di vita più sani. Favorisce anche l’innovazione e l’occupazione”, ha dichiarato Adina Vălean.

Il nuovo “Codice della strage” italiano

“Mentre l’Europa compie importanti passi avanti, l’Italia torna indietro di quarant’anni”, commenta Alessandro Tursi, presidente della Federazione italiana ambiente e bicicletta (FIAB). La Camera dei deputati ha approvato in data 27 marzo il nuovo Codice della strada, presentato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Sebbene il disegno di legge preveda l’adozione di misure per “la tutela dell’utenza vulnerabile della strada, con particolare riguardo ai ciclisti”, e la definizione di criteri per “la progettazione di infrastrutture stradali finalizzate alla sicurezza dei veicoli a due ruote”, Tursi lo definisce “Codice della strage”.

Leggi anche: Perché investire nella mobilità ciclistica significa promuovere la sicurezza stradale

Le proposte della FIAB

Il ddl “riflette, purtroppo, la parte meno lungimirante del Paese, quella che vuole togliere gli autovelox e ridurre i controlli lungo le strade. Questo, secondo noi, non potrà far altro che aumentare il numero di morti sulle strade”, avverte il presidente della FIAB. “Togliere gli autovelox, le corsie ciclabili e le ‘case avanzate’ per i ciclisti ai semafori, e togliere ai sindaci la possibilità di istituire le zone a traffico limitato, le aree pedonali e le Città 30, rappresentano veri e propri tentativi di strage”.

I controlli, anziché diminuire, dovrebbero aumentare: questo è il parere della Federazione. “Basti pensare che i francesi prendono cinque volte più multe degli italiani, gli austriaci dodici volte di più. C’è anche un aspetto culturale da affrontare: siccome la maggior parte degli italiani è ‘car addicted’, gli automobilisti pensano che il problema sia rappresentato dagli altri veicoli, quando in realtà il problema è proprio l’uso irrazionale dell’auto e la sua pericolosità. Ecco perché imporre il casco ai conducenti dei monopattini non è sufficiente”.

“Anziché continuare la persecuzione verso la micromobilità elettrica, utile a promuovere l’adozione di comportamenti più sostenibili da parte di chi non ama pedalare, bisognerebbe provare a far progredire un Paese che, sul fronte della mobilità sostenibile, è ancora arretratissimo”, conclude Tursi. Non resta che attendere il responso del Senato, chiamato a esprimersi sulla proposta del Ministro Salvini.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.