L’Unione Europea si trova oggi di fronte a una crisi strutturale che minaccia le fondamenta della sua sovranità industriale: la carenza di alluminio primario e la contestuale dispersione delle riserve di rottame verso i mercati esteri. La Federation of Aluminium Consumers in Europe (Face) ha lanciato un allarme senza precedenti, evidenziando come la dipendenza dalle importazioni e l’emorragia di materia prima secondaria stiano mettendo a rischio la competitività di migliaia di imprese, in particolare le piccole e medie realtà che costituiscono il cuore della filiera produttiva continentale.

Un deficit strutturale dai costi insostenibili
Il quadro delineato dalla federazione mostra una sproporzione netta tra i consumi e la capacità produttiva interna. A fronte di un utilizzo annuale che sfiora i 13 milioni di tonnellate di metallo, la produzione di alluminio primario nell’Unione si attesta a meno di un milione di tonnellate, costringendo il sistema a coprire oltre l’85% del fabbisogno attraverso l’importazione. Questa fragilità è aggravata da oneri doganali che gravano pesantemente sui trasformatori, con dazi sulle leghe da fonderia che possono arrivare al 6% e un costo complessivo per l’intero comparto industriale stimato in circa un miliardo di euro l’anno.

Mario Conserva, segretario generale di Face, sottolinea che l’Europa produce volumi sempre minori di metallo primario a causa di ragioni strutturali, prima fra tutte l’incidenza dei costi energetici. Il segretario osserva inoltre che, in un contesto dove la domanda è prevista in crescita di un milione di tonnellate entro il 2028, il sistema europeo non può più permettersi di ignorare la centralità strategica del riciclo.
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Il paradosso del rottame e l’emorragia di risorse
Il riciclo rappresenta attualmente l’unica reale alternativa per mitigare il deficit, garantendo un risparmio energetico del 95% rispetto alla produzione da minerale. Tuttavia, il sistema soffre di una contraddizione interna definita da Conserva come una vera e propria emorragia. Nonostante l’Europa recuperi già oltre 5 milioni di tonnellate di metallo secondario, circa 1,2 milioni di tonnellate di rottami vengono esportati annualmente fuori dai confini comunitari. Questa cifra corrisponde a quasi un quarto della capacità di recupero interna e sottrae materia vitale alle fonderie locali.
Secondo il Conserva, questa dinamica non limita soltanto la disponibilità di materiale per l’industria a valle, ma esercita una pressione insostenibile sulle Pmi specializzate nella produzione di alluminio secondario. Il rappresentante di Face fa presente che queste imprese rischiano di entrare in crisi per la mancanza di materia prima e ribadisce che il comparto deve essere salvaguardato affinché possa continuare a investire e garantire la continuità delle forniture.
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Alluminio: verso una strategia di autonomia e tutela
Per invertire questa tendenza, Face sollecita un intervento politico coordinato che trasformi il rottame da semplice scarto a risorsa strategica protetta. Le proposte sul tavolo includono l’introduzione di dazi significativi all’esportazione dei rottami per favorirne il mantenimento nei cicli produttivi europei, unitamente a un sistema di incentivi per potenziare gli impianti di riciclo esistenti. Parallelamente, viene richiesta una drastica semplificazione normativa per agevolare gli investimenti nell’economia circolare e un riesame delle barriere doganali sull’importazione di alluminio primario, ritenute ormai ingiustificate in un mercato così povero di risorse proprie.
Nelle sue conclusioni, Conserva ribadisce che la valorizzazione dei rottami costituisce una leva industriale fondamentale per l’avvenire del continente. Difendere questa risorsa significa proteggere la manifattura europea e l’autonomia strategica della regione, specialmente in settori chiave come la transizione energetica e digitale, dove il metallo leggero riveste un ruolo insostituibile.
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