Le indagini isotopiche possono aiutare a capire se una discarica sta disperdendo del percolato nelle acque. Un metodo relativamente semplice che permette di agire con metodi non invasivi sulla struttura della discarica stessa, così da non comprometterne l’efficacia in caso di esito negativo. E’ quanto si è discusso nel corso della tavola rotonda “Tracciabilità isotopica nelle discariche – Strumenti innovativi per il monitoraggio e la gestione sostenibile” che si è svolta ieri 6 novembre presso lo stand di Dupont Energetica a Ecomondo.

Un’occasione di riflessione e divulgazione per un metodo che non è obbligatorio ad oggi ma che permette di tracciare eventuali criticità nella tenuta della discarica anche nel periodo di cessazione dell’operatività che ricordiamo dura 30 anni.
In tal caso, suggerisce Daniele La Cecilia, ricercatore in Ingegneria Ambientale Università di Modena e Reggio Emilia, sarebbe opportuno realizzare un’indagine periodica delle acque così da poter registrare eventuali variazioni. Alcune sostanze nel tempo decadono, pertanto è utile capire se il dato che rileviamo è dovuto a un decadimento fine a sè stesso o se sono incorsi altri fattori.
La firma isotopica permette di riconoscere l’origine delle sostanze nelle acque
Si tratta di un’analisi che è in grado di derimere alcune situazioni complesse. E’ il caso di quanto accaduto in Veneto come ha chiarito Francesco Chiosi direttore U.O. Ciclo dei Rifiuti ed Economia Circolare della Direzione Ambiente e Transizione Ecologica, Area Tutela e Sicurezza del Territorio della Regione Veneto.
Grazie all’analisi degli isotopi è stato possibile anche stabilire lo stato ottimale della discarica Dupont Energetica in comune di Minervino Murge in provincia di Barletta-Andria-Trani in Puglia, caso illustrato da Andrea Forni, Università di San Marino. In questa situazione il monitoraggio è stato proposto dalla società, in vista della procedura di Via in ottemperanza alla Condizione Ambientale F riportata nell’Allegato 1 della D.D. n. 1276/2024.
Quello che emerge nel complesso delle esperienze descritte è come l’interferenza, anche minima, del percolato è spesso meglio evidenziabile tramite analisi isotopiche rispetto ai consueti parametri chimici. Questo accade perché i contenuti isotopici sono meno soggetti ad alterazioni batteriche o chimico/fisiche e permettono di identificare con una firma chiara lo stato dell’acqua.

Soprattutto, come evidenzia Marco Marcaccio della Direzione Tecnica, Centro Tematico
Regionale Sistemi Idrici, Arpae Emilia-Romagna, l’utilizzo di indagini isotopiche applicate alle discariche dovrebbero valutare gli isotopi di differenti tipologie, a seconda delle peculiarità del territorio in cui si effettua l’indagine, oppure alla tipologia di discarica che si va a valutare. Quindi sì all’analisi del trizio, ma in alcuni casi serve guardare ad altro. Ad esempio come quello riporta in una esperienza Marcaccio stesso, anche il boro.
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Alcuni casi pratici realizzati tra Veneto e Puglia
Il primo caso ha riguardato il monitoraggio in post gestione di due lotti sovrapposti, in cui era stata rilevata una anomala produzione di percolato nel lotto vecchio. A seguito delle indagini effettuate e ripetute nel tempo è emerso come la composizione isotopica del carbonio mostri ancora valori simili tra loro per tutti e tre i campioni della vecchia discarica. Dati che confermano i risultati del campionamento del 2021 e l’ipotesi che non vi sia comunicazione tra la porzione superiore e quella inferiore della discarica. Questo perché l’analisi del δ 13 C evidenzia due tipologie di percolato diverse per i due corpi rifiuti.
Il secondo caso illustrato ha visto protagonista una discarica per rifiuti non pericolosi in gestione operativa. In questo caso si è avviato un procedimento penale per superamenti riscontrati nei piezometri di controllo nell’ambito dei monitoraggi previsti dal Pmc, con valori elevati di Pfas nelle analisi.
A seguito del campionamento non sono state evidenziate significative differenze nei livelli di trizio tra le acque sotterranee prelevate a monte e a valle rispetto al sito di discarica. Il trizio ha così contribuito a dimostrare l’origine meteorica delle acque prelevate dai piezometri, confermando che non risulta un’impronta isotopica del percolato nelle acque sotterranee limitrofe.
Nel caso della discarica nel comune di Minervino Murge si è trattato di un ampliamento in sopraelevazione che ha autorizzato ulteriori 761.258mc netti, portando così la volumetria netta complessiva a 1.134.902mc. Anche qui sono state effettuate delle analisi che hanno rilevato cometutti i campioni prelevati dai piezometri, sia di monte sia di valle, abbiano conservato la firma isotopica delle precipitazioni. Mentre la composizione del percolato è risultata significativamente diversa rispetto a tutti gli altri punti campionati.
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