Le acque di pioggia al centro della strategia di Milano

MilanoGestire in maniera differenziata l’acqua di pioggia sottraendo, entro il 2020, il 15% della quota di acque piovane al sistema misto di fognature. Questo il proposito di Milano, promosso da Gruppo CAP in collaborazione con Legambiente, una delle ultime sfide lanciate da Expo 2015. Ispirata dal modello della città tedesca di Essen, nominata European Green Capital 2017 dalla Commissione Europa, la futura Città Metropolitana cercherà di convogliare le acque piovane direttamente in falda o ai corsi d’acqua naturali, senza sovraccaricare il sistema dei collettori e depuratori. Contribuiranno alla realizzazione del progetto anche i tetti verdi, sempre più diffusi nelle città. L’intervista ad Alessandro Russo, Presidente Gruppo CAP.

Qual è la sfida che il Gruppo vuole vincere in collaborazione con Legambiente?

Più che di sfida bisognerebbe parlare di futuro della gestione integrata delle acque. Su questo è fondamentale fare sinergie tra il gestore dell’Area Metropolitana, le associazioni come Legambiente e tutti i soggetti che oggi operano sul territorio e a diverso titolo gestiscono e si occupano di acqua. L’esempio di Essen ci dimostra come il futuro prossimo è la gestione integrata di tutto il sistema idrico di bacino. Per farlo serve la collaborazione di tutti gli enti: i gestori come CAP, Aipo, i Consorzi di Bonifica, Regione Città Metropolitana, etc.

Previsioni sulle tempistiche del progetto?

Stiamo ragionando su un cambiamento di visione del sistema delle acque, oggi ognuno ne gestisce un pezzetto. Certo ci sono già collaborazioni, ma occorre uno sguardo di insieme e una vera e propria cooperazione di bacino. Ad esempio, esiste un reticolo idrico diffuso che è utilizzato ad oggi ai fini agricoli e che invece potrebbe essere destinato alla volanizzazione diffusa delle acque piovane. Noi ci stiamo lavorando.

Quanto conta il monitoraggio, soprattutto da remoto, in questo sistema (penso al cambiamento del regime pluviometrico e ai fenomeni di allagamento)?

L’estensione del telecontrollo e il monitoraggio in tempo reale sono tra gli obiettivi che ci siamo dati come gruppo CAP. Pensiamo alla possibilità di analizzare in continuo l’acqua che sgorga dai rubinetti (oggi ci sono dei progetti pilota ad esempio a Sesto San Giovanni) o di tenere sotto controllo ogni metro cubo di acqua dalla falda, attraverso le tubature, fino al rubinetto. Non è fantascienza, lo facciamo già e lo faremo sempre meglio grazie a soluzioni innovative e alla fibra ottica che scorre nelle nostre fognature.

I tetti verdi potrebbero diventare dei cardini dell’assetto “smart” del servizio idrico urbano?

Sono un pezzo di un sistema smart, ma da soli non sono di certo sufficienti. In passato si era pensato a pozzi perdenti in tutte le case e a fognature separate per le acque bianche e nere. Ad oggi sono ancora pochissimi gli edifici che hanno adottato soluzioni di questo tipo. Bisognerebbe incentivarle e allo stesso tempo cercarne anche altre. Abbiamo già detto dell’uso del reticolo idrico minore per una volanizzazione diffusa, allo stesso tempo si possono immaginare aree umide urbane capaci di smaltire le acque in eccesso che il tradizionale sistema delle caditoie non riesce a intercettare.

Quanto pesa, nella costruzione di una città intelligente, la corretta ed efficiente gestione delle acque?

Conta moltissimo, basti pensare ai fenomeni che vediamo nelle nostre città quando piove: allagamenti e frane; o d’estate quando scattano le ordinanze per evitare lo spreco d’acqua. La gestione intelligente dell’acqua è fondamentale. Ad esempio noi di Gruppo CAP stiamo facendo investimenti ingenti destinati alla protezione della risorsa: la studiamo attraverso tecnologie innovative che consentono di misurare alcuni parametri in tempo reale e osserviamo la sua evoluzione nel tempo per prevenire eventuali rischi. Poi c’è tutto il tema della fognatura e depurazione. Non dimentichiamoci che l’acqua che esce dai nostri rubinetti, una volta scaricata, va convogliata in fognatura e poi in depurazione per essere trattata e restituita all’ambiente. Qui si apre il tema di come gestiamo le acque di pioggia che non dovrebbero finire in fognatura, perché non sono sporche, ma al momento non hanno altro canale. Su questo stiamo ragionando per trovare soluzioni innovative: utilizzare la fitta rete dei canali agricoli potrebbe essere una possibilità.

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