Energy manager negli enti pubblici

Cosa fa, quali competenze servono e perché assumerlo conviene

Bollette che lievitano, edifici pubblici energivori e fondi del PNRR da spendere entro scadenze precise: per molti comuni italiani la gestione dell’energia è diventata un rebus quotidiano.

In questo scenario si fa strada una figura professionale che può fare la differenza, l’energy manager, il tecnico responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia previsto dalla Legge 10/91.

Non si tratta di un semplice adempimento burocratico, ma di una risorsa strategica capace di trasformare i costi energetici in opportunità di risparmio e di guidare la transizione energetica degli enti locali.

Chi è l’energy manager e perché la Pubblica Amministrazione ne ha bisogno oggi

La Legge 10 del 1991 ha introdotto l’obbligo di nominare un energy manager per tutti i soggetti pubblici e privati che superano determinate soglie di consumo energetico.

Per la Pubblica Amministrazione il limite è fissato a 1.000 tep/anno (tonnellate equivalenti di petrolio), una soglia che corrisponde a circa 1,2 milioni di metri cubi di gas naturale oppure a 5,3 GWh di energia elettrica.

In termini pratici questo parametro riguarda principalmente i comuni con più di 50.000 abitanti, le province e le città metropolitane, anche se la nomina può essere effettuata volontariamente anche dagli enti che non raggiungono queste soglie.

Il contesto attuale rende questa figura più rilevante che mai.

costi dell’energia hanno subito aumenti significativi negli ultimi anni, mentre gli obiettivi climatici europei impongono agli enti pubblici di ridurre consumi ed emissioni con tempistiche sempre più stringenti.

A questo si aggiunge la necessità di gestire in modo efficace le risorse del PNRR destinate all’efficientamento energetico di scuole, uffici comunali, impianti sportivi e altri edifici di proprietà pubblica.

Una novità importante arriva dal 2025 con il Decreto Legge 25/2025, che ha introdotto la possibilità per i comuni obbligati di stipulare convenzioni con altri enti per assolvere insieme all’obbligo di nomina.

Questa logica di bacino consente anche ai comuni più piccoli di dotarsi di competenze qualificate condividendo i costi con le amministrazioni vicine.

La scadenza per comunicare la nomina alla FIRE (Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia) è fissata al 30 aprile di ogni anno, con sanzioni amministrative previste per chi non rispetta l’obbligo. Secondo il Rapporto ufficiale sugli energy manager pubblicato da FIRE, nel 2024 sono state registrate 2.571 nomine in Italia, con un trend in costante crescita.

Cosa fa concretamente un energy manager in un ente pubblico

Il lavoro quotidiano di un energy manager nella PA si traduce in una serie di attività operative che partono dall’analisi dei consumi e arrivano fino alla pianificazione di interventi strutturali.

Il primo compito previsto dalla legge è la preparazione dei bilanci energetici, documenti che fotografano l’energia disponibile e quella effettivamente consumata in ogni fase, considerando anche i parametri economici.

Questo strumento di monitoraggio permette di individuare dove si concentrano gli sprechi e quali edifici o impianti richiedono interventi prioritari.

L’energy manager si occupa anche del controllo dei contratti di fornitura, analizzando le bollette e valutando se esistono servizi più convenienti sul mercato.

La capacità di inserirsi tra l’ente e i fornitori per proporre ricontrattazioni o alternative più vantaggiose può generare risparmi immediati senza necessità di investimenti.

Quando l’ente stipula contratti di Servizio Energia, il tecnico responsabile diventa la figura incaricata di monitorare lo stato dei lavori e verificare la corretta esecuzione delle prestazioni previste.

Un altro ambito fondamentale riguarda la verifica delle relazioni tecniche di progetto per gli edifici pubblici, controllando che venga rispettato l’obbligo di soddisfare il fabbisogno energetico ricorrendo, quando possibile, a fonti rinnovabili.

Oltre ai compiti obbligatori, l’energy manager può svolgere attività volontarie come la sensibilizzazione di colleghi e utenti, la valutazione di interventi di efficientamento e il coordinamento delle richieste di incentivi e finanziamenti.

Questa capacità di dialogare con tecnici, fornitori e decisori politici rende la figura un vero e proprio ponte tra le esigenze operative e le scelte strategiche dell’amministrazione.

Le competenze necessarie per operare nella PA

Diventare energy manager richiede un mix di competenze tecniche, normative e gestionali che vanno ben oltre la semplice conoscenza degli impianti.

Il professionista deve padroneggiare le tecnologie per l’efficienza energetica, saper leggere i dati di consumo e tradurli in report comprensibili per chi prende le decisioni.

La conoscenza della normativa di settore è imprescindibile, a partire dal D.Lgs 102/2014 sulle diagnosi energetiche fino alle norme ISO che regolano i sistemi di gestione dell’energia.

Sul fronte gestionale servono competenze nella valutazione degli investimenti energetici, con la capacità di calcolare ritorni economici (ROI) e tempi di ammortamento per gli interventi proposti.

La gestione degli approvvigionamenti, la comprensione delle tariffe energetiche e la capacità di negoziare con i fornitori completano il profilo operativo.

Chi opera nella Pubblica Amministrazione deve inoltre saper orientarsi tra bandi, incentivi e finanziamenti pubblici, individuando le opportunità più adatte alle esigenze dell’ente.

Per acquisire o consolidare queste competenze esistono percorsi formativi specifici, come il corso energy manager che approfondisce gli aspetti normativi e operativi della professione con riferimento alla UNI CEI 11339.

L’attestato di formazione non è obbligatorio per legge, ma rappresenta una base solida per chi vuole svolgere le mansioni con piena consapevolezza del quadro regolatorio.

Vale la pena ricordare che l’energy manager può essere un dipendente interno dell’ente oppure un consulente esterno, a seconda delle risorse disponibili e della complessità della struttura da gestire.

I vantaggi concreti per comuni, province e regioni

I benefici di un energy manager competente si misurano prima di tutto in termini di risparmio economico sulle bollette e sui contratti di fornitura.

L’ottimizzazione dei consumi, la rinegoziazione delle tariffe e l’eliminazione degli sprechi possono liberare risorse significative da destinare ad altri servizi per i cittadini.

Nel medio periodo gli interventi di efficientamento energetico programmati con criterio riducono i costi di gestione degli edifici pubblici e ne aumentano il valore patrimoniale.

Un secondo vantaggio riguarda l’accesso ai finanziamenti: avere una figura dedicata facilita la partecipazione ai bandi del PNRR, ai programmi per le comunità energetiche e agli altri incentivi nazionali ed europei.

Senza competenze specifiche molti enti rinunciano a presentare domande o commettono errori che compromettono l’esito delle richieste.

L’energy manager garantisce anche continuità alle politiche energetiche dell’amministrazione, evitando che i cambi di giunta interrompano progetti già avviati o disperdano il know-how acquisito.

C’è poi un aspetto che riguarda il ruolo esemplare della Pubblica Amministrazione nei confronti della cittadinanza.

Un comune che riduce i propri consumi, installa pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici e comunica i risultati ottenuti diventa un modello credibile per famiglie e imprese del territorio.

Infine, la presenza di un tecnico responsabile aiuta a superare problemi cronici di molti enti locali: la mancanza di dati affidabili sui consumi, la scarsa programmazione degli interventi e la difficoltà di valutare le proposte dei fornitori con cognizione di causa.


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