La calotta glaciale della Groenlandia rischia di perdere più del 3 per cento della sua massa

La fusione dei ghiacci in Groenlandia potrebbe causare un innalzamento del livello dei mari pari ad almeno 30 centimetri.

  • Anche se smettessimo di emettere CO2, la Groenlandia sarebbe comunque destinata a perdere oltre 100mila miliardi di tonnellate di ghiaccio.
  • È l’avvertimento di un gruppo di ricercatori che hanno pubblicato i loro studi su Nature Climate Change.
Groenlandia
Un iceberg in Groenlandia © Pixabay

La calotta glaciale della Groenlandia, territorio danese autonomo situato tra l’oceano Atlantico del Nord e l’oceano Artico, rischia di perdere il 3,3 per cento della sua massa. Neppure se smettessimo immediatamente di emettere anidride carbonica, tra i gas responsabili del riscaldamento globale, riusciremmo a impedirlo. È l’allarme lanciato da un gruppo internazionale di scienziati guidato da Jason Box, ricercatore dell’istituto Geological Survey of Denmark and Greenland. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Climate Change.

Se davvero si fonderanno 110mila miliardi di tonnellate di ghiaccio – il 3,3 per cento della calotta glaciale groenlandese –, il livello dei mari aumenterà di circa 30 centimetri a livello globale. Gli autori della ricerca non hanno fornito tempistiche precise, ma ritengono che buona parte della fusione possa verificarsi entro il 2100.

L’Artico si scalda più velocemente del resto del mondo

A livello individuale, la Groenlandia rappresenta il più grande contributore all’innalzamento del livello dei mari. A partire dal 1979, l’Artico si è scaldato quasi quattro volte più velocemente rispetto al resto del globo. La grande isola danese non è un territorio semplice da studiare, poiché i processi che innescano la perdita di ghiaccio si verificano spesso a centinaia di metri sotto la superficie del mare, in fiordi molto stretti, raggiunti dall’acqua che si sta scaldando a causa del riscaldamento globale. Mentre l’aria calda provoca la fusione del ghiaccio in superficie, inoltre, si formano dei “ruscelli” che svaniscono all’interno dei crepacci e viaggiano, attraverso percorsi invisibili, fino al mare.

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Servono politiche aggressive di adattamento e mitigazione

Bisogna ridurre velocemente le emissioni di gas climalteranti. “Ogni studio è più catastrofico del precedente”, avverte lo scienziato William Colgan in un’intervista al Washington Post. I numeri di quest’ultima ricerca sono più drammatici rispetto ad altri, forse perché i ricercatori hanno considerato gli ultimi vent’anni, caratterizzati da un forte riscaldamento, come riferimento climatico. Tenendo in considerazione un periodo di quarant’anni, si otterrebbero risultati più incoraggianti – come specifica Sophie Nowicki, esperta dell’Università di Buffalo, negli Stati Uniti.

A prescindere da questo, è comunque necessario prendere provvedimenti urgenti per mitigare i cambiamenti climatici. “Gli oceani potranno innalzarsi un po’ meno di quanto previsto, un po’ di più, o molto di più. Di certo, non molto di meno”, conclude Richard Alley, della Pennsylvania State University. È l’avvertimento che dobbiamo tenere a mente.

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