EconomiaciroclareSu un totale di 92,8 miliardi di tonnellate di materie prime immesse annualmente nell’economia mondiale, si ferma al 9% la quota che viene riutilizzata in modo efficiente attraverso forme di recupero e di riciclo. E’ quanto emerge dall’edizione 2019 del Circularity Gap Report, stilato da Circle Economy, che sottolinea come ben il 67% delle emissioni di gas serra sia dovuto proprio all’estrazione, alla lavorazione e alla produzione di materie prime. Attività che si dipanano nei diversi settori dell’edilizia, dell’alimentazione, della mobilità, dell’assistenza sanitaria, dei beni di consumo e che si caratterizzano per un continuo aumento della domanda per effetto dello sviluppo economico. Nello specifico l’incremento è stato di 12 volte dal 1900 al 2015 e si prevede che raddoppierà ulteriormente nei prossimi 35 anni. In quest’ottica ben si comprende come cercare di promuovere paradigmi circolari sia la strada maestra da seguire per limitare l’impatto ambientale legato al crescente richiesta di risorse.

Il riciclo dei pneumatici

Si tratta di un impegno trasversale a tutti i comparti, ma che risulta particolarmente importante”, come spiega l’Airp (Associazione italiana ricostruttori pneumatici), nel mondo dei trasporti, “responsabile per circa un quarto delle emissioni globali di CO2.  In quest’ottica il ruolo dei pneumatici è fondamentale, in quanto questi oggetti “si prestano in maniera ottimale” alle  logiche della produzione circolare. “Il pneumatico di qualità – spiega in nota l’AIRP – nasce per essere ricostruito e quindi per essere utilizzato più volte, al termine delle quali può essere avviato al riciclo tramite il recupero dei suoi componenti in qualità di materie prime seconde, oppure al recupero energetico, chiudendo così un ciclo di vita da pneumatico e iniziando un secondo ciclo con numerose e importanti possibilità di utilizzo”.

La raccolta di PFU a Latina per Let’s Clean Up Europe

Rimanendo in tema di pneumatici, lo scorso week end l’associazione ambientalista Fare Verde e il Comune di Atina, con il Consorzio EcoTyre, hanno promosso un iniziativa di raccolta di PFU. Il progetto, inserito nella cornice della campagna europea “Let’s clean Europe”, ha portato alla raccolta di Pneumatici Fuori Uso abbandonati su tutto il territorio di Atina, sulle sponde del fiume Melfa e nei boschi circostanti. Il Consorzio EcoTyre, con un proprio camion, trasporterà gli pneumatici presso gli impianti di trattamento che si occupano del loro corretto recupero.

PFU, i mille volti del riciclo

Tante sono le opportunità di riutilizzo dei PFU, oggetti 100% riciclabili. Si va dai pavimenti delle palestre, al materiale utilizzato per costruire i giochi nei parchi per bambini oppure ai  sottofondi stradale. Inoltre la gomma triturata derivante da PFU può generare una miscela utilizzabile per la produzione di nuovi pneumatici.

RAEE, Ecolight: nel 2018 raccolta R4 in crescita

Se dai pneumatici passiamo ai RAEE, vediamo come i numeri della raccolta di questa tipologia di rifiuti sia in crescita. Secondo i dati del consorzio Ecolight nel 2018 sono stati raccolti quasi 17.000 tonnellate di smartphone, tablet, frullatori e asciugacapelli non più funzionanti, con una crescita del 5,4% rispetto ai dodici mesi precedenti. “Nel corso del 2018, l’attività complessiva di Ecolight ha permesso di avviare ad un corretto recupero e trattamento quasi 24 mila tonnellate di rifiuti elettronici – sottolinea in nota Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight – Di queste, oltre il 70% è rappresentato da piccoli elettrodomestici, telecomandi, cellulari e oggetti elettrici ed elettronici di uso quotidiano che non funzionano più. I RAEE, ovvero i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, sono un rifiuto inquinante se non correttamente gestito: l’attenzione per l’ambiente passa anche da piccole accortezze quotidiane, come il corretto conferimento di questa tipologia di rifiuti”.

Questi particolari rifiuti, tecnicamente classificati nel raggruppamento R4, “sono riciclabili fino a quasi il 95% del loro peso. È inoltre possibile ricavarne significative quantità di plastica, ferro e vetro; tutti materiali che, se opportunamente trattati, possono diventare materie prime seconde ed essere re-immesse sul mercato dando così concretezza all’economia circolare”, aggiunge Dezio.

Rifiuti speciali, ecco come gestirli correttamente

Altra categoria di rifiuti che richiede una gestione molto attenta è quella dei rifiuti speciali. In particolare lo stoccaggio dei rifiuti speciali è un problema di grande rilevanza per le aziende che, in base al D.Lgs 152/2006 (Testo Unico Ambientale), devono procedere secondo una serie di step ben definiti. “Come prima cosa i ‘rifiuti speciali’ delle aziende vanno distinti in pericolosi e non pericolosi e devono poi essere classificati con l’assegnazione di un codice chiamato Cer (Catalogo europeo dei rifiuti): per attribuirlo correttamente è necessario conoscere in modo approfondito sia il processo produttivo che ha generato il rifiuto sia le specifiche caratteristiche di quest’ultimo”, spiega in una nota Gloria Mazzoni, general manager di Airbank, azienda specializzata nel settore dell’antinquinamento e della sicurezza ambientale.

Il deposito temporaneo

Dopo aver effettuato la classificazione, il passo successivo è “la predisposizione un deposito temporaneo nel luogo di origine e produzione del rifiuto”. Per questo step non è richiesta l’autorizzazione a patto che i rifiuti “siano distinti per categorie omogenee (codice CER); siano correttamente imballati e etichettati, in relazione alle sostanze pericolose che contengono; siano smaltiti rispettando dei limiti temporali o quantitativi”.  In caso di inquinanti organici persistenti (Pop), infine, “è necessario rispettare le relative norme tecniche previste per lo stoccaggio e l’imballaggio”.

Registrare il carico e lo scarico sul registro entro 10 giorni

Un ultimo punto da ricordare, sottolinea Airbank  in nota, è il fatto che “ogni azienda deve registrare, per ogni rifiuto, il carico e lo scarico sul registro entro 10 giorni rispettivamente dalla produzione o dal trasporto finalizzato al recupero/smaltimento. Infine, ogni anno (30 aprile) l’azienda deve compilare il MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) necessario per comunicare al catasto dei rifiuti, i rifiuti prodotti e smaltiti nel corso dell’anno precedente”. 

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