Bioeconomia: “Visione strategica che va sostenuta con politiche concrete”

Maggiore sicurezza e qualità alimentare, nuove opportunità di mercato e occupazionali, tutela del Pianeta: le promesse della bioeconomia in Europa. Intervista a Fabio Fava

BioeconomiaCon il programma per la ricerca Horizon 2020 l’Europa ha destinato oltre 1,3 miliardi di euro per il triennio 2018-2020 solo per la call “Food security, sustainable agricolture and forestry, marine, marittime and Finland water research and the bioeconomy”. Simbolo dell’attenzione che ripone nella bioeconomia e, in particolare, nei risvolti positivi in termini di sicurezza alimentare, uso sostenibile delle risorse marine, tutela degli oceani, mitigazione dei cambiamenti climatici.

La gestione più attenta della terra e delle acque, il sostegno alle industrie alimentari e marine innovative, il supporto alla crescita dell’agricoltura e dei sistemi alimentari della silvicoltura, del comparto marino e dei prodotti biologici sono tutti tasselli del percorso di decarbonizzazione avviato a livello a internazionale. Ne parliamo con il Prof. dell’Università di Bologna Fabio Fava, Rappresentante italiano nel comitato di Horizon2020 European Bioeconomy Challenges e nell’ambito dello State Representatives Group della Public Private Partnership Biobased Industry (BBI JU).

Perché l’Europa punta sulla bioeconomia?

La bioeconomia è un pilastro importante dell’economia europea. In Europa ha un fatturato annuo di circa 2.200 mld di euro con più di 18 mln di posti di lavoro. La bioeconomia italiana è terza in Europa, dopo quella tedesca e quella francese, con un fatturato annuo di circa 255 mld di euro e quasi 1,7 mln di posti di lavoro.

Della bioeconomia fanno parte i vari comparti della produzione primaria – agricoltura, allevamento, foreste, pesca e acquacoltura – e i settori industriali che trasformano le biorisorse provenienti da detti comparti.

L’aumento della popolazione e la scarsità di materie prime tradizionali e non rinnovabili rende necessaria una maggiore valorizzazione delle risorse biologiche e alternative presenti in natura, per una migliore sicurezza e qualità alimentare, per la riduzione degli inquinamenti ambientali e dei cambiamenti climatici, per nuove opportunità di mercato e occupazionali, soprattutto nelle aree rurali, costiere e marginali.

Non solo, la bioeconomia rigenera l’ambiente, limita la perdita di biodiversità e le grandi trasformazioni nell’uso del suolo, creando nuova crescita economica e occupazionale, a partire dalle specificità e dalle tradizioni locali.

Infine, l’uso efficiente delle risorse rinnovabili e la produzione primaria più sostenibile, insieme a sistemi di trasformazione più efficienti per la produzione di alimenti, fibre e altri prodotti a base biologica, e a un minor utilizzo di fattori produttivi, minor produzione di rifiuti e di emissioni di gas serra – come la valorizzazione dei rifiuti organici provenienti dall’agricoltura, dalle foreste, dalle città e dall’industria (in primis alimentare) – garantiscono alla bioeconomia un ruolo chiave nell’ambito dell’economia circolare.   

La strategia adottata dall’Italia è sufficiente alla promozione del settore?

Si tratta di un settore in cui riveste un ruolo importante la ricerca e innovazione (R&I), diretta a rafforzare gli ambiti produttivo-industriali menzionati sopra e ad integrarli, creando nuove o più lunghe catene di valore, calate sul territorio, unitamente ad azioni di formazione e informazione specifiche. Serve anche una visione condivisa fra le istituzioni e i principali attori pubblico-privati del settore relativamente alle opportunità economiche, sociali e ambientali dello stesso, alle sfide connesse all’attuazione di una bioeconomia integrata nel territorio e alle azioni di implementazione necessarie.

Di qui la decisione dell’Italia di dotarsi di una “Strategia Italiana per la Bioeconomia” (BIT), sottoscritta da 5 Ministeri – Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali; Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Ministero per lo Sviluppo Economico; Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare; Ministero della Coesione Territoriale e del Mezzogiorno -, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, l’Agenzia per la coesione territoriale e i Cluster tecnologici nazionali per la Chimica verde (SPRING) e l’Agri-food (CLAN).

L’avvio di una bioeconomia su larga scala può creare nuova occupazione, nuovi prodotti e processi e quindi nuova competitività, soprattutto nelle aree rurali, lungo le coste e nelle aree industriali dismesse o provate dall’attuale crisi economica. L’Italia ha enormi potenzialità, ma serve una strategia condivisa che sostenga la “visione” con misure e politiche concrete di sostegno.

Le nostre aziende sono pronte a cogliere le sfide poste da una produzione agricola eco-compatibile?

Questo settore creerà maggiore sostenibilità ambientale unitamente a nuove opportunità di crescita sostenibile e di competitività a settori produttivi leader nel nostro Paese – quali quello agro-alimentare, quello chimico, dell’energia e marino – molti dei quali composti da piccole e medie imprese.

È una sfida che richiede uno sforzo inventivo senza precedenti. Significa ripensare i processi non solo in termini fisici ma anche ecologici, ridurre gli sprechi, trasformare i rifiuti in risorse, individuare modelli colturali che accrescano le produzioni, migliorino la funzionalità dei suoli e contrastino i cambiamenti climatici. Occorre sviluppare processi industriali più efficienti, versatili e sostenibili in grado di produrre diversi prodotti, a partire da quelli a maggior valore aggiunto.

Anche il settore agroalimentare, che già ora rappresenta in Europa più del 50% del fatturato dei comparti compresi nel concetto di bioeconomia, vede aprirsi enormi possibilità di crescita. L’innovazione riguarda le proprietà nutrizionali degli alimenti e la loro relazione con la salute e il benessere – settore già ora di grande interesse e dinamismo – ma anche le tecniche di conservazione, il packaging e la logistica, con l’ottica di una riduzione degli sprechi e degli scarti.

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