Cruscotto

L’automotive rappresenta  un settore chiave dell’industria italiana”. Questo comparto “può contare su 93 miliardi di euro di fatturato, pari al 5,6% del Pil italiano, e dà occupazione a ben 250mila addetti, pari al 7% dell’intero settore manifatturiero; a sua volta genera un indotto considerevole per l’economia italiana (con effetto moltiplicatore pari a 3,2)”.  Questi sono alcuni dei numeri contenuti nel primo studio sulla filiera italiana dell’automotive, intitolatoBilancio a 4Ruote’realizzato da Cassa depositi e prestiti, SACE SIMEST e ANFIA, in collaborazione con AlixPartners.

Un settore frammentato

Dalla ricerca, presentata ieri in Borsa italiana, è emerso, come spiega una nota, che il settore è caratterizzato da elevata frammentazione, essendo composto da una vera e propria galassia di 5.700 imprese, molte delle quali PMI”.  Un trend che risulta particolarmente “evidente” nei comparti della componentistica e dell’Engineering&Design (dove il 45% delle aziende che compongono la filiera impiegano meno di 9 addetti). 

Le sfide del comparto

La ricerca, oltre a tracciare lo stato dell’arte del settore, individua anche le principali sfide che gli operatori dovranno affrontare. Si tratta in particolare di quattro driver del mercato automobilistico che è necessario tener in considerazione per affrontare al meglio un mercato in continua evoluzione: Rivoluzione tecnologica, M&A, spostamento della produzione verso Est e incognita dazi.

Innovazione tecnologica

Dal punto di vista tecnologico, in particolare, quattro sono le principali direttrici che stanno orientando il comparto: connessione, guida autonoma, car sharing ed elettrificazione. Si tratta di sfide che “richiedono forti investimenti e competenze”. “Nella sola mobilità elettrica sono previsti investimenti per 255 miliardi di euro entro il 2023 a livello globale. Di questi, 184 miliardi riguarderanno i fornitori (OEM) e 25-40 miliardi la loro filiera, di cui 3,5 miliardi per la filiera italiana”, spiega la nota

M&A in accelerazione

Un altro binomio centrale per il comparto è quello tra la tecnologia e  i processi di aggregazione, fusione e acquisizione, che sono in continua crescita. “Da un lato, le aziende ad alto contenuto tecnologico, in particolare le PMI e le start-up, diventano più attrattive. Dall’altro lato, le aziende più tradizionali perseguono sempre più vie come joint venture, acquisizioni di start-up, finanziamento di progetti di trasformazione e sviluppo industriale, consolidamento con altri operatori industriali per acquisire e massimizzare il proprio mix di competenze, in alcuni casi in settori finora “lontani”. Non è un caso se nel 2018 le operazioni di merger & acquisition hanno raggiunto la cifra record di 64 miliardi di euro a livello globale, per un totale di 224 operazioni. Di queste, la metà ha riguardato l’Europa e la stragrande maggioranza (72%) ha riguardato acquisizioni di aziende fornitrici”.

Produzione auto sempre più a est

A livello globale vediamo invece che il comparto automobilistico sta spostando sempre di più produzione verso est. “Nonostante nel 2018 si sia assistito a una congiuntura meno favorevole nel mercato cinese, il gigante asiatico è rimasto saldamente in cima al podio, con una produzione industriale pari a tre volte quella del secondo classificato, il Giappone. (…) Dal 2007, le vendite della Cina sono più che quadruplicate, mentre quelle del resto del mondo sono aumentate del 10%, trainate essenzialmente dai mercati emergenti.”

La questione dazi

Tra i fattori che introducono più incertezza nel comparto c’è sicuramente la questione dei dazi sul settore paventata dagli USA. Nello specifico si potrebbero “generare impatti in termini di minore fatturato e minori investimenti con un’erosione del Pil italiano di circa 0,2 punti percentuali entro il 2020”.

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