Il rilancio dell’idrogeno in Europa passa dalle nuove collaborazioni

GarciaAmerica, Sud Corea, Giappone e Germania sono i Paesi che, a livello mondiale, stanno puntando sulla mobilità ad idrogeno (e alternativa, in generale). Questo per ottenere benefici sia a livello economico che ambientale, in termini di riduzione di emissioni e migliore qualità della vita dei cittadini. In altri Stati c’è, invece, ancora molto da fare: l’Italia è tra questi. Come la Commissione Europea potrà supportare questi ‘ritardatari’ nell’adozione di mezzi a ridotto impatto ambientale? A rispondere è Jose Fernandez Garcia, Policy Officer Clean Transport and Sustainable Urban Mobility, DG Mobilità e Trasporti, Commissione Europea.

Quali strumenti potranno favorire lo sviluppo della mobilità ad idrogeno?

Parlando di investimenti occorre rifarsi a due macro aree: una riguarda i fondi per la ricerca e l’innovazione che vengono elargiti attraverso le call for application e gestiti dalla Fuel Cell and Hydrogen Joint Undertaking. Questi vanno a supportare tutti gli interventi che riguardano progetti dimostrativi. L’altra tocca gli strumenti finanziari adoperati dai network transeuropei per la dislocazione delle infrastrutture sul territorio. Esistono, dunque, due tipologie di fondi e, rispettivamente, di attività legati alle tecnologie a idrogeno e a celle a combustibile: ricerca e innovazione e implementazione delle infrastrutture. La Commissione Europea ha il compito di supportare le imprese nello sviluppo dei piani nazionali incentrati sull’adozione dei carburanti alternativi.

Quanto la collaborazione tra i Paesi e la trasmissione dei saperi potranno favorire questa crescita?

La cooperazione tra gli Stati Membri è fondamentale: la Fuel CEll and Hydrogen Joint Undertaking (FCH JU) consente ai rappresentati delle aziende, attive sia in ambito energetico che nel settore manifatturiero, di scambiare nuove idee e informazioni riguardo le best practice nazionali e i joint project. Siamo solo all’inizio. La collaborazione sarà il driver per lo sviluppo delle tecnologie: una volta che queste saranno mature e pronte per essere distribuite nel mercato ci sarà spazio anche per la competitività d’impresa.

Ritiene che i Governi siano realmente interessati all’adozione di queste tecnologie all’interno del trasporto pubblico?

Lo penso, anche se riscontro una certa riluttanza nelle negoziazioni legate alla Direttiva 2014/94/EU. Gli Stati che stanno lavorando sui quadri nazionali hanno già avviato i thinking process: questi, fondamentali per la crescita della mobilità alternativa, costituiscono la risposta più importante ed efficace che finora è stata data alla Direttiva.

Dovrebbero promuovere anche la maggiore conoscenza della mobilità a ridotto impatto ambientale?

Ad oggi esiste un problema di consapevolezza e sarà necessario mostrare ai cittadini, attraverso le best practice esistenti, i vantaggi conseguibili grazie all’implementazione del trasporto alternativo. Solo così gli utenti potranno approcciarsi e interrogarsi sulle nuove tecnologie e comprendere che esistono dei benefici, sia ambientali che economici, di cui tutti possono godere. I costi di manutenzione e di alimentazione di uno di questi veicoli (si pensi all’e-car) sono, infatti, nettamente inferiori rispetto a quelli tradizionali endotermici. Le case automobilistiche devono prendere parte a questo processo d’informazione investendo parte del proprio budget in campagne pubblicitarie per la promozione dei carburanti ecosostenibili (mi riferisco soprattutto al gas naturale e all’elettricità, non all’idrogeno perché non è ancora abbastanza forte sul mercato).

In Italia la mobilità elettrica stenta a decollare, anche per le barriere all’acquisto e per il diffuso scetticismo legato all’autonomia dell’e-car. In questo contesto quali chance ha il trasporto ad idrogeno?

Ci sono numerose opportunità in questo senso. Da un lato la Direttiva 2014/94/EU sui carburanti alternativi prevede che gli Stati Membri elaborino dei quadri politici nazionali con una strategia per la promozione della mobilità sostenibile. Qui l’Italia può, ovviamente, includere l’idrogeno e decidere di dislocare le infrastrutture lungo la rete transeuropea di trasporto entro il 2025. Dall’alto sono numerose le opportunità che si prospettano a quelle imprese che decideranno di attivarsi: dal punto di vista energetico le industrie manifatturiere, sia di automobili che di motocicli che di bus, dovranno stringere nuove collaborazioni per rendere lo sviluppo possibile. Questo per rafforzare la propria posizione all’interno del mercato nazionale, per riuscire ad esportare i prodotti nei mercati esteri e, soprattutto, lì dove i Governi hanno deciso di puntare sulla mobilità ad idrogeno. La crescita del mercato del gas naturale in Italia grazie alla partnership tra Eni e Fiat ne è un esempio. Puntando sul know how che le aziende italiane già possiedono ci saranno buone opportunità di crescita ed innovazione.

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Giornalista professionista e videomaker, attenta al posizionamento seo oriented degli articoli e all'evoluzione dei social network. Si occupa di idrogeno, economia circolare, cyber security, mobilità alternativa, efficienza energetica, internet of things e gestione sostenibile delle foreste