Un bando del ministero dell’Ambiente ha previsto 4 milioni e mezzo di euro per il finanziamento di interventi finalizzati alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici nei territori delle aree marine protette italianeIl quadro normativo europeo per la protezione dell’ambiente marino non riesce a riportare i mari ad un buono stato ecologico. I fondi dell’UE sostengono raramente la conservazione di specie e habitat marini.

Lo afferma la Corte dei conti UE nella relazione pubblicata lo scorso 26 novembre. La Corte ritiene insufficienti la strategia per l’ambiente marino e le direttive Uccelli e Habitat, le quali prevedono l’istituzione di una rete di aree marine protette. “La politica comune della pesca dell’UE mira a garantire, mettendo a disposizione fondi, attività di pesca sostenibili dal punto di vista ambientale e con un impatto negativo minimo sugli ecosistemi marini”, si legge in un comunicato stampa. “L’UE non è però riuscita ad arrestare la perdita di biodiversità marina nei mari d’Europa”.

“Data la loro importanza economica, sociale e ambientale, i mari costituiscono un vero tesoro. Tuttavia, l’azione dell’UE non è finora riuscita né a far tornare i mari europei ad un buono stato ecologico, né la pesca a livelli sostenibili”, ha evidenziato João Figueiredo, il membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “L’audit della Corte segnala chiaramente una situazione allarmante riguardo alla protezione dei mari dell’Ue”.

Quadro normativo insufficiente

“Il quadro normativo dell’UE fornisce una protezione soltanto limitata della biodiversità marina”, prosegue la Corte. Le oltre 3.000 aree marine protette “rappresentano probabilmente la misura più emblematica di conservazione dell’ambiente marino”. Tuttavia, sebbene tali aree costituiscano un’ampia rete di protezione, la Corte rileva che tale rete non va in profondità. “Quanto detto è in linea con una recente valutazione dell’Agenzia europea per l’ambiente, secondo cui meno dell’1% delle aree marine protette europee potevano essere considerate riserve marine soggette a una protezione totale. Per essere efficaci, le aree marine protette dovrebbero coprire in modo sufficiente le specie marine maggiormente minacciate ed i relativi habitat, comprendere restrizioni alla pesca, ove necessario, ed essere ben gestite. Ciò è lungi dall’essere il caso oggi”.

La regolamentazione “che collegano la politica dell’UE sulla biodiversità marina alla politica in materia di pesca” di fatto non funziona, anche perché “dette disposizioni hanno più di 25 anni e non tengono conto delle recenti conoscenze scientifiche”.

La pesca, inoltre, ha un impatto considerevole sull’ambiente marino. Finora non vi è stato alcun segno di progressi nel Mediterraneo, prosegue la nota, dove raggiunge livelli doppi rispetto a quelli sostenibili. “L’Aea ha di recente segnalato che solo il 6% degli stock esaminati nel Mediterraneo rispettava i criteri del “rendimento massimo sostenibile”, prosegue la nota.

I finanziamenti europei

“I finanziamenti dell’UE dovrebbero essere utilizzati per sostenere la protezione dell’ambiente marino, ma solo una piccola quota di essi è usata per tale finalità”, conclude la nota. Il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp) sono stati assegnati 6 miliardi di euro per il periodo 2014‑2020. “Di questo ammontare, meno di 2 milioni di euro (0,2 %) erano stati utilizzati per limitare l’impatto della pesca sull’ambiente marino”, conclude la nota. I fondi europei possono fare la differenza, infine, lo dimostrano i progetti finanziati tramite il programma Life e l’iniziativa Interreg dell’UE.

 

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