Report WWF inquinamento acustisco marino_ Capodoglio
Foto Wwf

L’inquinamento acustico provocato dall’uomo nel mare è diventato un’emergenza sulla quale bisogna intervenire al più presto, soprattutto perché a farne le spese sono i cetacei, animali “acustici” per eccellenza, che si trovano già in una situazione critica secondo la Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura).

E’ quanto emerge dal nuovo report del Wwf “Rumore antropico nel mare, sopportabile per l’uomo, deleterio per i cetacei”, attraverso il quale l’Associazione chiede alle istituzioni di fare qualcosa in merito, affinché vengano ridotte le emissioni sonore, per lo più di origine antropica. Questi continui rumori possono produrre effetti negativi per i cetacei, quali lo spostamento forzato e la perdita di sensibilità uditiva in caso di traumi che possono derivare da una lunga esposizione al rumore. 

Il suono come strumento di comunicazione e non solo

Il suono costituisce per i cetacei il principale metodo di comunicazione, tanto è vero che sia gli odontoceti (cetacei con i denti, come capodogli e delfini) che  i misticeti (muniti di fanoni, come le balene) si sono adattati per sfruttare massimamente il suono in quanto principale strumento di comunicazione. Non solo, il suono permette ai cetacei di riprodursi, orientarsi, predare ed avere una visione subacquea alternativa. L’eco-localizzazione, o più comunemente bio-sonar è specializzata soprattutto negli odontoceti, che producono suoni a frequenze medio-alte comprese fra i 200 Hz e 150 kHz, che si propagano su distanze inferiori. I misticeti come la balenottera invece, producono suoni a frequenze estremamente basse, fra i 10 e 100 Hz, che possono propagarsi su grandi distanze, oltre i 100 km.

I diversi tipi di rumori antropici

Nel report, il Wwf descrive principalmente due categorie di rumori: uno provocato dalle esplorazioni petrolifere o oceanografiche e dai sonar, chiamato rumore “a impatto” o impulsivo, che è un suono ad alte frequenze e di breve durata, che può anche non ripetersi nel tempo. Il secondo tipo di rumore è definito “continuo”, rappresentato dal traffico delle imbarcazioni, caratterizzato da basse frequenze e persistenza nel tempo. 

Ovviamente, entrambi provocano effetti collaterali sulla vita dei cetacei, che disturbati si sposteranno dalle zone più trafficate che però saranno anche quelle in cui si alimentano e riproducono, ma potrebbero addirittura perdere le capacità uditive o l’orientamento nello spazio e conseguentemente spiaggiarsi.

Il traffico marittimo è raddoppiato

Il traffico marittimo nel Mediterraneo è quasi raddoppiato dal 2002 con un tasso di crescita del 3-4% annuo, e pare sarà destinato ad aumentare ulteriormente. Prospettive negative se si pensa che si parla di un impatto su un mare che costituisce lo 0,32% degli oceani del mondo e il 19% del traffico mondiale. Questo traffico intenso influisce negativamente sulla comunicazione tra le balene, ma crea anche collisioni: ogni anno, secondo i dati del Wwf, circa 40 grandi mammiferi tra balenottere e capodogli vengono uccisi a causa delle collisioni con le navi. 

I danni arrecati dai sonar

Alcune categorie di sonar utilizzati in ambito civile e militare provocano lo spiaggiamento singolo o di gruppo, il fenomeno ha interessato sia gli zifi che i capodogli. 

Nel report del Wwf si legge che le autopsie hanno dimostrato che i potenti impulsi dei sonar mandano in risonanza le sacche d’aria del loro apparato uditivo, lacerando i tessuti intorno alle orecchie e al cervello. Sono stati evidenziati anche gravi danni provocati da lesioni da bolla di gas, indicativi di una malattia da decompressione. Infatti gli Zifi, campioni di immersione, investiti dalla violenza dell’onda acustica provocata dal sonar, tendono a risalire in superficie molto velocemente, il che provoca la formazione di emboli spesso mortali. 

La tecnica dell’airgun 

La tecnica dell’airgun, impiegata per sondare la presenza di giacimenti di idrocarburi, provoca un rumore della stessa intensità di un jet al decollo, come dimostrano diversi studi. 

Non meno impattanti le trivellazioni per l’estrazione del petrolio e del gas. Nel gennaio 2005,  37 balene si sono spiaggiate sulle coste della Carolina del nord, proprio a causa dell’intensa attività di estrazione di idrocarburi, altrettanto si è verificato in California e Brasile. 

Anche l’eolico offshore va regolamentato, in quanto durante il funzionamento delle pale eoliche, suoni e vibrazioni potrebbero avere effetti negativi.

Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia, ha detto: “È ormai evidente come la conservazione dei cetacei nei mari del mondo dipenda da una serie di importanti fattori, tra cui la nostra capacità e volontà di ridurre l’inquinamento acustico, a cominciare dallo sviluppo di una normativa, oggi assente. È inoltre quanto mai urgente e necessario che istituzioni, enti di ricerca, aziende e società civile si impegnino per implementare programmi di monitoraggio esaustivi su scala nazionale per aggiornare lo stato di conservazione delle specie di cetacei, colmare le lacune conoscitive sulle specie data deficient e identificare le aree critiche per i cetacei nei mari italiani”. 

Le richieste del Wwf alle istituzioni per arginare il problema

In seguito all’assenza di una normativa in merito, il Wwf avanza delle richieste precise, che sono:

  • Supportare l’implementazione del futuro nuovo piano di gestione del Santuario Pelagos e assicurare l’efficacia dei siti Natura 2000 di importanza per i cetacei e delle Aree marine protette per quanto riguarda la tutela dei cetacei sviluppando adeguate misure di conservazione e promuovendo formazione e ricerca;
  • Sviluppare e implementare tutte le misure di gestione e protezione adeguate quali  ad esempio la riduzione della velocità e la creazione di una Pssa (Particularly sensitive sea sreas, Imo) per ridurre sensibilmente gli impatti del traffico marittimo, come le collisioni con i grandi cetacei e l’inquinamento acustico;
  • Sviluppare un piano di gestione dello spazio marittimo italiano in accordo con la Direttiva 2014/89/UE sulla Pianificazione dello Spazio Marittimo che comprenda il 30% dello spazio marino protetto in modo efficace e garantisca la riduzione degli impatti cumulativi sulle aree critiche per i cetacei;
  • Effettuare valutazioni di impatto ambientale rigorose per quanto riguarda l’impatto acustico di ogni nuova opera;
  • Implementare programmi di monitoraggio esaustivi su scala nazionale per aggiornare lo stato di conservazione delle specie di cetacei, colmare le lacune conoscitive sulle specie data deficient e identificare le aree critiche per i cetacei nei mari italiani;
  • Approfondire le conoscenze sul comportamento acustico delle diverse specie di cetacei, gli impatti acustici di traffico nautico, indagini sismiche, esercitazioni militari, costruzioni di impianti eolici offshore etc e sulle misure di mitigazione adeguate;
  • Sensibilizzare la società civile sull’importanza di queste specie per l’ecosistema marino anche coinvolgendola in programmi di citizen science volti a colmare le lacune conoscitive;
  • Le aziende responsabili di progetti con potenziale impatto acustico devono inoltre impegnarsi a identificare e implementare le adeguate misure di mitigazione della fonte del rumore e/o operative in collaborazione con gli enti di ricerca e tecnologia specializzati.
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