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Circa il 70% di tutte le importazioni di petrolio greggio nell’UE sono utilizzate dal settore dei trasporti per alimentare aerei, automobili, camion e navi. La Russia ne è il principale fornitore: solo nel 2019 l’UE ha speso oltre 55 miliardi di euro per 970 milioni di barili di petrolio. Emerge dall’analisi condotta da Greenpeace, How aviation is fueling conflict and climate disaster, che propone di mettere fine ai voli a corto raggio nell’Unione europea utilizzando l’alternativa su rotaia. Il risparmio di carburante sarebbe sufficiente a ridurre le importazioni annuali di petrolio dalla Russia di circa 2 miliardi di euro all’anno.

Greenpeace: “La dipendenza da fossili alimenta conflitti”

In generale, il settore europeo dei trasporti, e con esso l’aviazione, è fortemente dipendente dalle importazioni di combustibili fossili dai Paesi soggetti a conflitti, inclusa la Russia (26,9% delle importazioni di petrolio), Iraq (9%), Nigeria (7,9%) e Arabia Saudita (7,7%). Circa la metà delle esportazioni di petrolio della Russia è diretta ai Paesi europei dell’Ocse, con Paesi Bassi e Germania a rappresentare le destinazioni di importanti quantitativi, seguiti da Polonia e Finlandia.

“Con circa il 27%, la Russia rappresenta la quota maggiore delle importazioni di petrolio nell’UE, di cui quasi il 70% è utilizzato per il settore dei trasporti, con solo il 3% della produzione interna. Ciò significa che circa un volo su quattro in Europa è alimentato da petrolio che ora probabilmente finanzierà la guerra di Putin in Ucraina”, si legge nel report dell’associazione ambientalista.

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L’analisi dei flussi nel settore aeronautico

Prendendo in esame i voli nell’UE, l’industria aeronautica consuma circa 62,8 milioni tonnellate di carburante per aerei in un anno medio (pre-pandemia). Secondo una recente ricerca di Greenpeace EU, i voli a corto raggio con un’alternativa ferroviaria già esistente producono ogni anno circa 23,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Un terzo delle rotte aeree brevi più trafficate in Europa ha addirittura un collegamento su rotaia di durata inferiore alle sei ore. Greenpeace ha inoltre stimato che quest’inverno si sono verificati 100.000 voli fantasma affermando che “il conflitto in Ucraina e la situazione pandemica in corso stanno creando un alto livello di incertezza per il settore aeronautico”.

Fermando immediatamente i primi 250 voli a corto raggio in Europa, il greggio potrebbe essere ridotto di 2 miliardi di euro all’anno. Senza un’azione politica per contrastare le sue prospettive di crescita, l’industria aeronautica diventerà uno dei maggiori settori emittenti di gas serra a livello globale. Greenpeace afferma che entro il 2050 avrà consumato fino a un quarto del bilancio del carbonio per il raggiungimento dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi di 1,5°C. La decarbonizzazione dell’aviazione è quindi un passaggio fondamentale.

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