Accensione riscaldamenti, nuovo allarme in Italia

Ce112Traffico veicolare, riscaldamento domestico, industria e artigianato. Sono queste le cause di maggior inquinamento dell’aria delle nostre città. A rendere ancora meno respirabile l’aria cittadina d’inverno è, soprattutto, il riscaldamento civile. I dispostivi presenti sul mercato per rendere più confortevoli gli ambienti domestici sono, infatti, colpevoli di immettere in aria sostanze nocive e di accrescere il fenomeno meteorologico dell’ “isola di calore”. Fenomeno che potrebbe provocare, oltre al picco di assorbimento elettrico e al rischio di black out, anche l’incremento del costo di condizionamento e l’aumento delle malattie e del tasso di mortalità per l’inquinamento dell’aria.

Evoluzione degli inquinanti in aria: i casi di Emilia Romagna e Lombardia

Dal 1990 al 2013, secondo i dati ISPRA contenuti nell’Informative Inventory Report 2015, “lo scenario nazionale è mutato: negli anni Novanta il biossido di zolfo (SO2) era la principale causa di inquinamento, ma le emissioni di Solfati SOx sono diminuite rapidamente fino al 2013, passando da  un totale nazionale di 1800 Gg a meno di 200 Gg. Questo per l’uso sempre più ridotto dell’olio combustibile o del gasolio – spiega a CE Marco Deserti, Dirigente Responsabile del Centro Tematico Regionale Qualità dell’Aria di Arpa Emilia Romagna –. Un dato particolarmente significativo riguarda l’inversione di tendenza negli ultimi anni delle polveri PM10, con un aumento nel 2013 dato l’uso crescente della legna”.

L’intensità delle emissioni è determinata dalla specifica tecnologia: “Come emerso dall’indagine svolta in Emilia Romagna nel 2012, i principali responsabili per le polveri sottili sono i camini tradizionali prosegue Deserti . Una famiglia emiliana che usa mediamente 4 tonnellate l’anno di legno emette in atmosfera circa 21 kg di PM10; con la stufa a pellet brucia mediamente 3,5 tonnellate annue ed emette circa 2,5 kg di PM10. La caldaia a metano, invece, non immette polveri in atmosfera, ma ossidi di azoto NOx (inquinanti precursori delle polveri)”. Inoltre, la concentrazione in aria di queste sostanze “può variare nello spazio: picchi molto localizzati si possono rilevare, ad esempio, in prossimità delle strade o dei camini”.

Dall’inventario delle emissioni redatto dall’agenzia ambientale regionale emerge come, a livello macroscopico, gli inquinanti provenienti dalla combustione nel settore civile in Emilia Romagna siano “tra le fonti principali di polveri PM10”; l’agricoltura, invece, rappresenta “la maggior responsabile delle emissioni di ammoniaca” e l’industria e gli impianti di produzione energetica “di ossidi di azoto NOx”. I consumi sono così ripartiti: 82% combustione di metano, l’8% legna e simili, 5% gasolio e 5% Gpl.

Nella Regione Lombardia il quadro è similare: stando ai dati prodotti nel 2012 si evince come “il settore riscaldamento sia responsabile di circa l’11% delle emissioni di ossidi di azoto e del 45% delle emissioni globali di PM10 in Lombardia”, illustra a CE Guido Lanzani, Dirigente dell’U.O. dell’Arpa Centrale Qualità dell’Aria di Arpa Lombardia.

Anche qui occorre fare una distinzione in termini di apparecchiature e combustibili: se “il PM10 primario (che oscilla su 30/40 gr su 1000 GJ) deriva quasi completamente dalla combustione del legno adoperato in stufe e caminetti”, nonostante nella Regione il calore prodotto con la legna rappresenti una percentuale limitata, “per gli ossidi di azoto il discorso è diverso: il metano produce 9900 t l’anno, mentre la legna 1900 t”. E la quantità di polveri sottili in aria, collegata da vari studi all’insorgere di malattie tumorali e cardiovascolari, aumenta, inevitabilmente, in inverno: “A Milano abbiamo registrato un 30-35% di particolato PM2,5 contro una media annua inferiore di diversi punti percentuali”.

Più efficienza, le norme Ue

Rendere più efficienti i sistemi di riscaldamento domestici è, dunque, un’urgenza avvertita in tutta l’UE: la direttiva 2005/32/CE, soprannominata “Eco-Design”, entrata in vigore nell’agosto del 2005 e recepita in Italia con il D Lgs n. 201 del 6 novembre 2007, impone ai produttori di dispositivi di attenersi, già in fase di progettazione, a elevati standard di efficienza. Dal 26 settembre 2015 vige l’obbligo di installare solo caldaie a gas (metano o GPL) dette a condensazione. A differenza dei dispositivi più tradizionali, che adoperano solo una parte del calore sensibile dei fumi di combustione e che disperdono il calore latente – l’11% dell’energia liberata dalla combustione -, queste caldaie recuperano il calore presente nei fumi di scarico facendo condensare il vapore acqueo. Un recupero che avviene a temperature inferiori ai 60 °C e che apporta un risparmio massimo del 10%.

L’obbligo, però, non tocca chi soffre di problemi legati alla canna fumaria collettiva in edifici multifamiliari – i quali potranno continuare ad installare le caldaie “a camera aperta” – e non riguarda i dispositivi già immessi sul mercato.

A decorrere dalla stessa data, poi, entrerà in vigore un altro obbligo importante per i prodotti destinati al riscaldamento: la Direttiva europea Energy Related Products (ErP 2009/125/CE) ha stabilito l’etichettatura per i dispositivi di riscaldamento – da A++ a G – e di produzione di acqua calda sanitaria – da A a G – con potenza termica nominale inferiore o pari ai 70 kW. Partita per gli elettrodomestici, questa misura punta a ridurre le emissioni di CO2 e i costi energetici delle famiglie, pur non toccando, anche qui, i prodotti già diffusi sul mercato.

Il contributo intelligente dell’utente

Le nuove tecnologie possono definirsi efficienti se vengono adoperate nel modo corretto. Innanzitutto, il posizionamento dello scarico dei fumi deve essere a norma di legge. Sono molti i casi in cui, presente lo scarico a parete, i fumi vengono emessi in prossimità di finestre e porte. Un contributo importante è rappresentato dall’introduzione dal 15 ottobre, data in cui 4300 comuni italiani della zona climatica “E” hanno acceso i riscaldamenti, della carta d’identità per caldaie, sistemi di riscaldamento e climatizzazione, impianti solari e pompe di calore.

L’allarme valvole termostatiche

E le novità di questo caldo inverno non finiscono qui: il recepimento della direttiva 2012/27/Ue sull’efficienza energetica prevede il vincolo di installazione, entro il 31 dicembre 2016, delle valvole termostatiche con i contabilizzatori di calore. Obbligo imposto solo alle famiglie che risiedono in condomini dotati di riscaldamento centralizzato e che, a conti fatti, non hanno molto tempo a disposizione. A lanciare “l’allarme valvole termostatiche” è Manuel Castoldi, Presidente di Rete Irene, promotore della Campagna dei 100 giorni. Per sensibilizzare professionisti e amministratori di condominio e fornir loro le informazioni utili per prendere rapidi provvedimenti, il network di imprese lombarde ha lanciato un allarme: mancano 100 giorni per evitare sanzioni che oscillano dai 500 ai 3000 euro.

Il 15 ottobre si sono accesi i riscaldamenti e il 15 aprile 2016 si spegneranno. Dal 16 aprile al 14 ottobre 2016, quando gli impianti saranno spenti, ci sarà tempo per installare le valvole e conformarsi agli obblighi di legge”. E le famiglie lombarde che devono ancora uniformarsi sono molte: “Una ricerca che abbiamo condotto negli ultimi mesi ha dimostrato che su circa 2 milioni di unità abitative meno della metà delle famiglie oggetto dell’intervento si sono conformate all’obbligo, ovvero il 40-45%”. Ad oggi, però, non risultano chiari i parametri che verranno adoperati per commisurare la penalità: “La sanzione è soggetta all’organo competente che dovrà vigilare e applicare la multa potendo decidere tra un minimo e un massimo”. Il rischio è quello di scivolare in “logiche tipiche del nostro Paese”: le penalità potranno essere applicate in “base alla volontà di fare cassa e a seconda del periodo storico economico vissuto”. Ma, del resto, il legislatore ha oltre un anno per dipanare questi dubbi e per chiarire quali saranno le modalità di verifica che, a partire dal 1 gennaio 2017, partiranno a tappeto su tutto lo Stivale.

Leggi lo speciale sull’accensione dei riscaldamenti nel mensile di ottobre

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