Come si applica il diritto tributario alle imprese invisibili, ai continenti digitali, lì dove attecchisce il trading in bitcoin? “Il diritto ha bisogno di una terra e di un territorio. Dal diritto del mare siamo passati a quello dello spazio per giungere a quello gassoso, digitale. Abbiamo il cyber spazio: il ‘dove’ diventa un dovunque e il ‘chi’ si trasforma in un chiunque”. Così Piergiorgio Valente, Prof. Politiche fiscali dell’UE e diritto tributario internazionale alla Link Campus University, durante l’evento ieri a Roma “Blockchain: presente e futuro”, ha spiegato le difficoltà che si insediano nella tassazione dei meccanismi digitali di acquisto e compravendita. L’OCSE, ha proseguito Valente, sta elaborando 5 modelli di riferimento di aziende nate in rete o che sulla rete fondano il proprio impero per individuare delle linee di tendenza e facilitare la regolamentazione. Tra questi Google, Microsoft, Amazon e Apple che “non a caso sono le società con maggiore capitalizzazione al mondo”, ha precisato Valente.

Nel 2020 verranno rivisti i parametri di tassazione da applicare al mondo reale e a quello digitale. Tre i fattori critici su cui bisognerà lavorare nel mentre: la multilateralità, la multipolarità e la multinazionalità. Sul primo punto un passo in avanti è stato fatto nel giugno 2017 con la firma da parte di diversi stati del trattato multilaterale BEPS che ha portato alla modifica di circa 400 convenzioni su 3000 a livello mondiale. Assenti gli USA: “la politica di Trump che agevola con aliquote di favore le imprese americane porterà probabilmente a una reazione della Cina”, ha rimarcato Valente.

Sul secondo tema della multipolarità “occorre pensare che le aziende si smembrano e che dove c’è clientela sorgono nuovi centri di distribuzione”. La domanda che si pone è dove l’azienda pagherà le imposte. La risposta: “Dove ha la residenza, il centro degli interessi vitali per le persone fisiche e una presenza economica significativa”.

Ultimo elemento la multinazionalità: “Nel web pensiamo ad aziende uniche, ma poi sono nazionali unicamente nel diritto – ha proseguito Valente – Devono essere soggetti a norme in un contesto normativo profondamente mutato”.

Sempre tenendo presente il fattore competitività: “Gli stati hanno scoperto di poter essere vittime della competizione perché, da un lato, c’è coordinamento sovranazionale e, dall’altro, convergenza spontanea”.

Con i linkcoin cambia il modo di prenotare gli esami

All’interno del Consortium for Research on Intelligence and Security Services (CRISS) della Link Campus University di Roma il team composto da Manuele Tamburrano, Alessandro Mattiacci e Marcello Morena ha sviluppato una cripto valuta che gli studenti possono usare per accedere ai servizi universitari. Incontrato in occasione dell’evento “Blockchain: presente e futuro”, Tamburrano ci ha spiegato che, se prima il loro lavoro si concentrava più su intelligenza artificiale e sensoristica, dal 2010 ha avuto come fulcro la blockchain. “Con l’esplosione che ha vissuto in questi ultimi anni abbiamo pensato di crearne una legata ai servizi universitari che abbiamo chiamato linkcoin“.

Una valuta un po’ “all’antica” che “permetterà transazioni vecchio stampo”: la prenotazione e la validazione degli esami “a tutto beneficio della sicurezza”. Una modalità di accredito del voto che risolverebbe alcuni problemi organizzativi: “Quando ero studente spesso i miei esami andavano persi e dovevo recarmi in segreteria, portare il libretto universitario e sperare che la trafila andasse a buon fine. Con la blockchain il problema va sparendo“. Spogliando il linkcoin del suo valore come moneta, perché “la tecnologia della blockchain, che sta alla base del bitcoin, permette applicazioni su campi diversi, ad esempio sulla computazione distribuita. Simile a quanto avviene per il cloud. Questo è il futuro“.

Nonostante l’attenzione crescente che ha investito il fenomeno, “non c’è un vero coordinamento tra le Università e non conosciamo altri centri di ricerca che hanno sviluppato una loro valuta”, ha evidenziato Tamburrano. Il ricercatore è invece fiducioso delle future partnership con le tante aziende che sostengono l’Università: “Dipenderà dai servizi che vorremo offrire con i link coin, che esisteranno per l’eternità o almeno finchè ci saranno i server della Link a validare le contrattazioni”.

Al momento la cripto valuta si può usare solo sul web, ha chiarito il ricercatore, ma “presto arriveranno le applicazioni per Android e iOS”.
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