Frode carburanti per 113milioni di euro. Serve una strategia nuova che guardi anche al green

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Foto di No-longer-here da Pixabay

Frode sull’iva nel commercio dei prodotti petroliferi con fatture false per 113 milioni di euro. E’ la conclusione dell’indagine della Guardia di Finanza di Venezia, diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, e su sua delega.

Un’illegalità, quella del settore dei carburanti che ha assunto negli ultimi anni una rilevanza straordinaria a tutti i livelli della filiera commerciale: dall’approvvigionamento alla distribuzione.

Sono dieci i soggetti indagati che hanno immesso al consumo carburante per autotrazione a prezzo particolarmente concorrenziale. Un valore ottenuto dall’evasione dell’Imposta sul Valore Aggiuntoottenuta mediante la predisposizione di false operazioni di compravendita del prodotto tra società di comodo, prima del raggiungimento della destinazione finale” si legge sul sito della Guardia di Finanza.

Acquisite prove sul coinvolgimento di un noto operatore all’ingrosso di prodotti petroliferi, si legge sempre nella nota della Finanza, che si sarebbe occupato di contabilizzare le false fatture emesse per gli acquisti di prodotti petroliferi. Le aziende coinvolte sarebbero in Albania ma anche a Roma e nella provincia di Napoli.

L’importo della truffa e la strategia della filiera illecita

Dalle verifiche fiscali eseguite dai finanzieri sandonatesi rispetto le risultanze delle indagini di polizia giudiziaria dirette dalla Procura della Repubblica di Venezia, fanno emergere basi imponibili Ires e Irap sottratte a tassazione per oltre 23 milioni di euro, tassare proventi illeciti per circa 25 milioni di euro, quantificare l’I.V.A. evasa e non versata in oltre 20 milioni di euro e fatture per operazioni inesistenti emesse, ricevute ed utilizzate in oltre 113 milioni di euro.

Due le filiere illecite che sembrerebbero coinvolte: acquisto di carburante da organizzatori della frode da depositi dell’est Europa, fiscalmente l’acquisto seguiva un complesso giro tra cinque società cartiere collocate in diverse regioni italiane che si sarebbero fatte carico di un’Iva che poi non avrebbero versato con la cessione ad una società “formalmente stabilita in Albania ma che, di fatto, risulterebbe gestita dall’Italia”. Il valore finale sarebbe di circa 700 euro inferiore al costo commerciale di ogni cisterna.

Attualmente le quote societarie sono state trasferite a soggetti prestanome dell’Est Europa che si sono resi irreperibili.

La frode sventata dall’operazione Petrolmafie

Una notizia che esce a ridosso di quanto già commentato dagli attori della filiera nell’operazione “Petrolmafie Spa” da cui emerge una partecipazione di strutture e pianificazioni mafiose, nella commercializzazione illecita di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili e prestanome.

Un dato noto e denunciato dalle Autorità se pensiamo all’audizione del 5.11.2019 alla Camera dei Deputati del dott. Sandro Raimondi, procuratore Repubblica di Trento: “Nella distribuzione carburanti c’è un ingresso incontrollato di soggetti. Il traffico illecito di prodotti petroliferi ha assunto una rilevanza estremamente pesante e pericolosa anche per il controllo da parte della criminalità organizzata. Il 30% del venduto sfugge all’imposizione fiscale per un valore di circa 10-12 miliardi di euro”.

D’altronde basta guardare i numeri: in Italia sono registrati oltre 23.800 punti vendita, per un erogato medio a impianto 1.367mila lt. In Spagna sono 11.600 punti vendita con 2.517mila lt di erogato medio a impianto. In Germania su 14.400 impianti sono 3.740mila lt erogati medi.

“Le operazioni dei giorni scorsi, tra cui quella denominata “Petrolmafie” rappresentano la strada da seguire e dimostrano come il fenomeno dell’illegalità, nelle sue diverse forme, crei una concorrenza sleale a detrimento degli interessi degli operatori onesti della logistica energetica che hanno affrontato, anche in questo periodo connotato da una pesante crisi sanitaria e finanziaria, ingenti investimenti per ottemperare alle normative antifrode.

È quanto affermato dal direttore generale di Assocostieri – Avv. Dario Soria – che in più occasioni ha ribadito come “la lotta all’illegalità per essere efficace non ha bisogno solamente di norme ma è fondamentale la collaborazione tra le Istituzioni, le associazioni di settore e gli operatori”.

Necessità di nuove misure anti frode e di una nuova visione della filiera carburanti

“Il rischio – ha concluso il direttore di Assocostieri – è che le misure tributarie antifrode, se non adeguatamente calibrate e ponderate per colpire gli operatori criminali, possano produrre effetti modesti, a fronte di un gravoso impegno economico, potenzialmente lesivo per la sopravvivenza delle aziende oneste che hanno deciso di non prestare il fianco alla criminalità organizzata per continuare ad operare ed evitare la chiusura”.

In una nota congiunta i sindacati dei benzinai, Faib Fegica Figisc/Anisa Confesercenti Cisl Confcommercio segnalano inoltre come il settore abbia bisogno di regole e certezze che ne seguano lo sviluppo in quanto “l’assoluta mancanza di controlli sulla rispondenza alle leggi dei contratti dei Gestori, sta consentendo non solo l’affermarsi di una pratica -un vero e proprio caporalato petrolifero– che, oltre al resto, sottrae risorse ingenti anche ai contributi previdenziali e assistenziali, ma anche una progressiva quanto rapidissima diffusione di punti vendita “accoglienti” al traffico di carburanti clandestini che pure nella percezione offrono la “garanzia” di esporre marchi primari”.

La richiesta dei tre sindacati quindi è di un tavolo tecnico e una normativa ad hoc per “avviare immediatamente un’azione di vera e propria trasformazione della attuale rete distributiva”. Le cui premesse sono state illustrate dai tre sindacati lo scorso 14 aprile al ministro per la transizione energetica Roberto Cingolani. La proposta è che il Governo assuma l’iniziativa legislativa di “dotare lo Stato degli strumenti di programmazione tipici delle attività in Concessione per garantire l’ordinato sviluppo della rete con criteri di efficienza, razionalità e modernizzazione”. Individuando quindi nella Concessione “lo strumento più idoneo a favorire l’integrazione degli impianti esistenti con l’offerta di altri prodotti energetici per autotrazione come biometano, biocarburanti liquidi, idrogeno ed elettrico a potenze adeguate, che tuttavia necessitano di investimenti tanto rilevanti da essere altrimenti giustificati solo da una domanda che tuttavia stenta a decollare”. Uno strumento che dovrebbe anche riuscire ad arginare contrastandola l’illegalità. In quanto permetterebbe anche di “imporre requisiti e criteri preventivi agli operatori e intervenire efficacemente in caso di gravi violazioni con gli istituti della decadenza e della revoca del titolo.

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