scuolaPer anticipare e contenere l’evolvere dell’epidemia da Covid-19, bisognerà adottare un approccio scientifico e promuovere progetti pilota in grado di individuare strategie o tecnologie sono più efficaci di altre. Per riuscirci, Società italiana di sanità pubblica e digitale, Società italiana di medicina ambientale (Sima), Cattedra Unesco per l’Educazione alla salute e sviluppo sostenibile e Istituto scientifico biomedico euro mediterraneo (Isbem) propongono ai Presidenti di Regione di attivare una serie di esperienze pilota nelle scuole.

Arginare il Covid-19 con progetti pilota nelle scuole

La loro strategia è composta da alcune misure. La prima è rivolta alle attività scolastiche in presenza nelle scuole primarie e medie e prevede di ridurre a 45 minuti l’ora di lezione, la stessa durata prevista per le lezioni a distanza. “Perché è impensabile che bambini o ragazzi di 6-12 anni possano affrontare in questo modo 5-6 ore di scuola”, commenta in una nota stampa Maria Triassi, professore ordinario di Igiene e sanità pubblica all’università di Napoli Federico II.

Oltre a questa proposta a costo zero, c’è poi la possibilità di attrezzare le aule con le migliori tecnologie disponibili e certificate per l’abbattimento o l’azzeramento della carica virale negli ambienti chiusi così da ridurre l’inquinamento indoor. “Queste tecnologie potrebbero essere utili anche a garantire la futura riapertura in sicurezza di ristoranti, bar, uffici e palestre perché il vero nodo del problema è la qualità dell’aria con la possibilità di concentrazione del virus in presenza di portatori asintomatici”, rimarcano Alessandro Miani, presidente della Sima, e Alessandro Distante, presidente Isbem.

Test rapidi e misure calate sul territorio

Inoltre, per mettere in campo strategie pro-attive, gli istituti di ricerca propongono di eseguire e ripetere i test rapidi più affidabili oggi esistenti nei comparti lavorativi più esposti al contatto interpersonale. Nel comparto scuola, l’attività sarebbe indicata per tutto il personale docente e non docente oltre che per gli studenti. “Idealmente, ogni 15 giorni tutti i docenti e gli studenti dovrebbero essere ritestati”, prosegue Miani. Ad occuparsene, secondo i proponenti, dovranno essere i distretti sanitari delle Asl con l’aiuto della sanità militare e il volontariato sociale del settore. A questo lavoro dovrà seguire un’attività di digitalizzazione e tracciamento.

Dal settore privato, proseguono i proponenti, potrà arrivare un importante supporto “per affrontare il problema del sovraffollamento dei trasporti pubblici, mobilitando dalle autorimesse in cui sono fermi i circa 23.000 autobus da noleggio (secondo il censimento dell’Anav), che il blocco della mobilità turistica ha quasi del tutto lasciati inutilizzati, da integrare eventualmente col parco autobus militare”.

Infine, solo con l’avvio di esperienze pilota sul campo sarà possibile aiutare “i decisori a prendere a livello locale – differenziandole per aree – le decisioni più equilibrate e fondate unicamente sui dati epidemiologici, la disponibilità tecnologica e l’evidenza scientifica”, conclude Annamaria Colao, titolare della Cattedra Unesco per l’Educazione alla salute e sviluppo sostenibile .

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