Polverara, smart city… per scelta

Il Comune di Polvpolveraraerara è stato selezionato per l’attuazione delle attività previste dal progetto europeo Alterenergy, iniziativa che prevede l’elaborazione del Piano d’azione comunale per l’energia sostenibile (Paes) e sprona all’adozione delle fonti rinnovabili per garantire una riduzione degli sprechi energetici. Il programma coinvolge le piccole comunità che si affacciano sul Mare Adriatico – in questo caso parliamo di circa 3000 abitanti – di Italia, Slovenia, Grecia, Albania, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro. Scopriamo il perché di questa scelta con Davide Fraccaro, amministratore di Divisione Energia, che ci parla delle azioni previste dal Paes.

“Dopo aver valutato una decina di comuni in provincia di Venezia, Rovigo e Padova, la scelta è ricaduta su Polverara per il suo aspetto sperimentale: nel centro del paese è installata una caldaia a biomassa legnosa collegata con una rete di teleriscaldamento di 7 km che raggiunge 1400 abitazioni, tra cui scuole ed edifici di proprietà comunale. Realizzato nel 2010, il sistema, a oggi, consente già di ridurre del 20% le emissioni di anidride carbonica, inoltre le emissioni del comune sono quasi nulle in quanto acquistano elettricità da una società produttrice di energia idroelettrica. Lo scopo dell’amministrazione, però, è quello di coinvolgere un maggior numero di cittadini e ampliare la rete, passando da 77 a 200 utenze, per superare l’obiettivo del 30% della riduzione dei gas inquinanti imposto dalla Comunità europea entro il 2020”.

Il cambio di amministrazione di fine maggio comporterà anche un cambio di rotta? “Il neo sindaco, di corrente politica diversa rispetto al predecessore, ha già palesato la volontà di efficientare l’uso della caldaia per percorrere la strada del risparmio energetico. A tal proposito la nuova amministrazione si è dimostrata pronta a rispondere ai dubbi dei cittadini in merito all’uso del legno e a spiegare i vantaggi legati a tale sfruttamento attraverso l’avvio di corsi di formazione e sensibilizzazione.

Dubbi che hanno duplice matrice: “innanzitutto, oltre alla caldaia a biomassa legnosa nel paese è presente una caldaia a metano, distante circa 400 m, che interviene in caso di emergenza. In questi casi, però, la produzione da metano non è istantanea e crea degli scompensi nelle case. In secondo luogo, oltre all’impianto a biomassa è presente un impianto a biogas che recupera gli scarti d’allevamento e che sfrutta unicamente il MWe prodotto, determinando la perdita del calore. Per evitare tale spreco, bisognerebbe unire i due impianti in un’unica rete di teleriscaldamento, opzione che richiederebbe fondi maggiori da quelli a disposizione”.

Anche la pubblica illuminazione rientra nelle attività previste per la riduzione degli sprechi? “Certo, la nuova amministrazione vuole sostituire entro l’anno le 400-500 vecchie fonti di luce a maggior consumo energetico per arricchire le finanze del Comune e adoperare i soldi risparmiati per dar luogo ad altre iniziative”.

Ma capiamo meglio quali sono le azioni previste collegate agli obiettivi evidenziati dai due studi di fattibilità con Loris Agostinetto, settore Bioenergie e cambiamento climatico, Veneto Agricoltura.

“Attingendo dai finanziamenti europei, oltre al Paes sono stati elaborati anche due studi di fattibilità. Il primo prevede la migliore gestione della caldaia a biomassa di 700 kW (che d’estate non viene utilizzata) la quale alimenta alloggi privati, scuole, aree residenziali, una scuola e il municipio e consente un risparmio del 17% sul gas metano. Vogliamo puntare sulla trigenerazione, ovvero sulla produzione di calore, elettricità e freddo dallo stesso impianto a biomassa attraverso cicli di assorbimento. Il secondo studio ha riguardato la diagnosi energetica di due edifici comunali, una scuola e il municipio, per valutare come accrescere il risparmio energetico rinnovando l’illuminazione interna e sfruttando le fonti rinnovabili. La sede municipale, costruita ai tempi della prima grande guerra, è un disastro dal punto di vista termico: non dispone di alcun tipo di isolamento né sul tetto né sulle finestre e la riqualificazione fa supporre a grandi risparmi. La scuola, invece, risale alla seconda guerra mondiale e anche lì esistono ampi margini di intervento con spazi di manovra per numerose imprese”.

La città di Polverara, quindi, è stata scelta perché già virtuosa. Ma, pensando agli altri comuni italiani, il suo è un modello replicabile o inarrivabile? “Con il Paes e gli studi di fattibilità è possibile analizzare i consumi derivanti da fonti fossili e rinnovabili e valutare i margini di miglioramento sia per l’edilizia pubblica che privata. Pensare all’adozioni delle rinnovabili è un’opportunità, l’inconveniente è costituito dal grande investimento iniziale, ma per superarlo le soluzioni sono molteplici. La replicabilità delle azioni qui intraprese è stata una delle prerogative per le quali la scelta è ricaduta su Polverara”.

Replicabilità che, si spera, “infetti” anche le altre città, al di qui e al di là dell’Adriatico, che vogliono essere smart, che vogliono sempre migliorarsi.

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