La via italiana alla discarica sostenibile

Fornitori Tutela Simile“Idealmente la discarica sostenibile è quella che non esiste, ma nella realtà ci sarà sempre una minima quantità di materiali che andranno messi in questi siti”. Pietro Jarre, Presidente di GEAM (Associazione Georisorse e Ambiente), spiega così l’esigenza di gestire al meglio questi impianti ambientali, oggi al centro di feroci critiche sociali e politiche.

Tra i vostri corsi di formazione uno è dedicato al concetto di “discarica sostenibile”. Come si realizza?
Oggi c’è l’esigenza di essere socialmente, economicamente ed ecologicamente sostenibili. Nel primo caso una discarica è sostenibile quando è localizzata in un sito di minimo impatto sociale, in modo da dare lavoro stabile sul posto e prevedendo fin dall’inizio un riuso finale proficuo per il territorio. La sostenibilità economica si concretizza quando i costi sono ridotti, prevedendo un recupero di biogas per generare ricavi a favore del post chiusura, quando deve esserci un riuso, ad esempio con l’implementazione di impianti fotovoltaici. Infine, la sostenibilità ecologica è data da una gestione e post gestione con minima produzione di percolato. Oggi, addirittura, si prova a usare la discarica come una miniera recuperando materiale.

Le discariche italiane attuano questo modello?
Nel nostro Paese sono stati fatti passi sostanziali nella raccolta differenziata. Non abbiamo raggiunto gli obiettivi comunitari ma siamo molto più avanti di vent’anni fa e vicini alle medie europee, considerando però che l’allargamento dell’Unione ha aperto a Stati che virtuosi non sono. In Italia ci sono tanti esempi, non solo al Nord, di recupero del biogas e del percolato. Il rischio, invece, è di usare gli inceneritori per smaltire molti materiali che invece andrebbero riciclati, passando così dall’estremo del “tutto in discarica” al “tutto in incenerimento”. Una situazione da riequilibrare.
Nel complesso, comunque, non darei un giudizio negativo delle discariche italiane, tenendo conto, ad esempio, che per trattamento acque e biogas siamo campioni nell’impiantistica e abbiamo molto da insegnare agli altri Paesi. Questa eccellenza, poi, si scontra sempre con problemi burocratici e amministrativi. Una delle difficoltà è che avendo tante Province cerchiamo di gestire altrettanti bacini separati, cosa comprensibile dal punto di vista politico ma non da quello tecnico.

Dai rifiuti urbani a quelli speciali la situazione cambia?
Si potrebbe fare di più visto che ne mandiamo troppi all’estero, ad esempio nelle miniere di salgemma della Germania, dove inviamo rifiuti poco pericolosi per l’ambiente che potremmo smaltire meglio qui, ma è difficile ottenere i permessi. A Torino, ad esempio, c’è una discarica da poco ampliata che smaltisce gran parte dei rifiuti pericolosi italiani ed è un modello.

In termini occupazionali quanto vale il settore dei rifiuti?
La prevenzione e gestione dei rifiuti porta molto lavoro a giovani ingegneri, geologi, geometri e periti. Forse, in futuro, non più legato alle discariche ma nella filiera.

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Nato ad Avellino, giornalista professionista, laurea in comunicazione di massa e master in giornalismo conseguito all’Università di Torino. È direttore della rivista CH4 edita da Gruppo Italia Energia. In precedenza ha lavorato nel settore delle relazioni istituzionali e ufficio stampa, oltre ad aver collaborato con diversi media nazionali e locali sia nel campo dell’energia sia della politica. È vincitore di numerosi premi giornalistici nazionali e internazionali.