Comunità energetiche, i primi risultati dei progetti pilota italiani

Costo tecnologico e difficoltà normative gli ostacoli maggiori evidenziati dal Electricity Market Report dell'Energy&Strategy Group

Smartcity E1533622290690Le prime sperimentazioni su distretti di prosumer e di scambio di energia tra vicini sono state avviate nel 2018 da Terna a seguito dell’introduzione della delibera 300/2017 da parte dell’ARERA. L’obiettivo dei piloti è arrivare a perfezionare un sistema che permetta alla generazione distribuita di partecipare al mercato dei servizi di dispacciamento (MSD). Sono state quindi  introdotte le Unità Virtuali Abilitate (UVA) e la nuova figura nodale dell’aggregatore, in qualità di abilitatore della partecipazione delle unità non rilevanti al Mercato dei Servizi di Dispacciamento (MSD). Quest’ultimi possono permettere ai clienti finali di modulare i propri carichi elettrici e in questo modo di partecipare al mercato di dispacciamento, movimentando volumi sufficienti per accedere al MSD.

Le simulazioni che includono la partecipazione del gestore al MSD presuppongono che sia effettuata l’apertura del mercato alle unità di produzione non rilevanti, come sperimentato nei progetti pilota di Terna. Qualora fosse consentito ai gestori delle community o agli aggregatori di effettuare offerte sul Mercato dei Servizi di Dispacciamento si contribuirebbe con profitto alla gestione in sicurezza del Sistema Elettrico, messa altrimenti a rischio proprio dalla presenza di numerosi impianti di generazione distribuita non programmabili, il cui incremento risulta tuttavia necessario per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi contenuti nella SEN.

L’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano ha realizzato un’indagine, giunta alla seconda edizione, denominata Electricity Market Report al fine di analizzare lo stato dell’arte dei piloti.

Il risultato emerso è rispetto il mercato delle comunità energetiche sembra faticare. Secondo il report a frenare lo sviluppo del dispacciamento, oltre la questione normativa che in parte era già nota, anche il costo della tecnologia, che, anche nel futuro prossimo, non rende convenienti gli investimenti.

“In nessuno dei casi studiati – sintetizza in una nota Vittorio Chiesa, Direttore dell’Energy&Strategy Grouplo sviluppo della tecnologia ha rappresentato un freno. Di contro invece tutti i casi sono bloccati dalla normativa vigente, che non permette la creazione di energy community, aggregazioni di unità di consumo e produzione diverse da quella one-to-one (un’unità di consumo e una di produzione per autoapprovvigionamento). In più, la metà ha anche una forte barriera economica, trainata principalmente dagli alti costi degli impianti fotovoltaici di piccola taglia e dei sistemi di accumulo”.

Fanno eccezione solo i progetti pilota che però al momento non rientrano nel Codice di Rete. La metà dei casi di studio, in più, ha anche una forte barriera economica, trainata principalmente dagli alti costi degli impianti fotovoltaici di piccola taglia e dei sistemi di accumulo. La rapida decrescita del costo delle batterie, tuttavia, dovrebbe rendere conveniente l’investimento in futuro”.

Un’innovazione normativa trainata dalle proposte europee, contenute nel Clean Energy Package, per favorire la formazione delle cosiddette Local Energy Communities, ossia aggregazioni di unità di consumo e di produzione volte al pieno soddisfacimento dei fabbisogni energetici: ciascun Paese dovrà adeguarsi e sviluppare propri programmi per elaborare le misure necessarie ad affrontare le tematiche relative ad autoconsumo, prosumer ed energy community, nonché adattare gli attuali schemi incentivanti.

Innovazione che ha portato in Piemonte allo sviluppo di primo tentativo italiano di realizzare una Comunità energetiche. Su e7 di questa settimana l’intervista ai protagonisti dell’iniziativa Acea Spa e Consorzio Pinerolo Energia.

Le configurazioni “virtuali” del mercato elettrico

Le possibili configurazioni “virtuali” nel nostro mercato elettrico sono quattro: le UVAC, caratterizzate dalla presenza di sole unità di consumo (UC); le UVAP sono caratterizzate dalla presenza di sole unità di produzione (UP) non rilevanti (cioè con potenza complessiva dei gruppi di generazione associati inferiore a 10 MVA), inclusi i sistemi di accumulo; UVAM sono caratterizzate dalla presenza sia di unità di produzione non rilevanti, inclusi i sistemi di accumulo, “stand alone” o abbinati a UP non rilevanti e/o a unità di consumo, sia di unità di consumo, incluse quelle che prestano il servizio di interrompibilità. È consentita anche l’aggregazione di POD che sottendono UP rilevanti, purché tali UP condividano il punto di connessione alla rete con almeno un’unità di consumo diversa dai servizi ausiliari d’impianto.

UVAC

Il progetto pilota per questo tipo di aggregatore è stato approvato con delibera 372/2017. Fino a settembre 2018 sono stati abilitati 516 MW di UVAC e di questi, solo nel periodo giugno-settembre, sono stati contrattualizzati a termine 288 MW.

Da giugno 2017 ad aprile 2018 sono stati movimentati circa 700 MWh, di cui i ¾ correttamente forniti, in termini di riduzione di consumo o di immissione da parte degli impianti misti.

I risultati delle UVAC segnala un inizio graduale, con percentuale di assegnazione che nel periodo 19 giugno 2017 – 30 settembre 2017 si aggirava intorno all’1%, mentre nello stesso periodo dell’anno successivo (18 giugno 2018 – 30 settembre 2018) che ha raggiunto infine il 35,8%. Nella media comunque la capacità assegnata per UVAC è piuttosto ridotta ed è inferiore al 10% della capacità disponibile.

Le UVAP

Le UVAP, caratterizzate dalle sole unità di produzione (UP) non rilevanti (cioè con potenza complessiva dei gruppi di generazione associati inferiore a 10 MVA) approvate con delibera 583/2017, hanno iniziato a lavorare a novembre 2017 e ad oggi ci sono circa 100 MW già abilitati. Qui c’è stata una quantità più limitata di unità abilitate perché come spiega il report dell’Energy&Strategy, si è optato per non mettere in campo la contrattualizzazione a termine e offrire una sorta di «push» iniziale.

Sono stati movimentati circa 700 MWh nel periodo novembre 2017 – aprile 2018, con un’affidabilità di oltre il 75%. Fotovoltaico ed eolico non sono risultati tra i partecipanti alle UVAP perché in genere non conveniente.

Le UVAM

Il progetto pilota per questa tipologia di aggregatore è stato approvato con Delibera 422/2018 e si presuppone che possa effettivamente essere operativo tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019. Con l’abilitazione delle UVAM, UVAC e UVAP moriranno come progetti e andranno a confluire nelle UVAM stesse, come sotto-casi. Per le UVAN quindi non ci sono progetti in corso.

Progetti di sviluppo nel mondo

Nel mondo si stanno studiando questo tipo di configurazioni innovative. Si contano circa 197 casi nel mondo con caratteristiche di configurazioni elettriche fisiche, in particolare micro-reti, e “virtuali” simili in parte ai modelli italiani. Di questi sono già attivi 146 progetti, mentre il restante si suddivide tra la fase iniziale di progettazione (23%) e quella di costruzione (3%). Più della metà sono in America (50,8%), seguono Asia (23,4%), Africa (10,7%), Europa (7,6%), Australia (6,6%) e Antartide (1%).

Il 61% è alimentato sia da energie rinnovabili sia da fonti tradizionali, mentre il 34% alimenta la rete solamente con energie rinnovabili. Il fotovoltaico la tecnologia più utilizzata (63%), seguita da eolico (31%), idroelettrico (5%) e biomassa (1%). Il 56%, inoltre, a supporto degli impianti ha installato anche sistemi di accumulo.

La valutazione economica proposta dall’Energy&Strategy

La sostenibilità economica è uno dei talloni d’Achille rilevati dall’esperienza sui piloti. L’Energy&Strategy ha realizzato un modello teorico di valutazione della convenienza economica che guarda sia all’utente energetico (opportunamente aggregato in community) sia all’eventuale “gestore” (virtuale o reale, esistente o costituito ad hoc) della community che si viene a creare.

Soltanto in due casi dei piloti analizzati risulta conveniente la creazione di una community virtuale e sono: il centro commerciale e il distretto industriale.

In questi casi gli utenti riescono ad avere una buona profittabilità sia se si affidano al gestore esistente sia se ne individuano uno ad hoc che effettui le offerte sul Mercato dei Servizi di Dispacciamento e versi loro una percentuale dei ricavi” indica la nota dell’Energy Strategy.

Mentre per condomini e distretti residenziali gli utenti vedono un business profittevole solamente nel momento in cui creano una energy community e non partecipano al MSD. Mentre se decidessero di affidarsi a un gestore che partecipi al mercato, non ci sarebbe abbastanza guadagno per ripagare gli utenti della community. Dal modello emerge anche come data la configurazione fisica, per gli alti costi di rifacimento della rete elettrica, non ci sia modo di avere ritorni economici interessanti.

Quali le componenti tecnologiche più costose o complesse

I piloti hanno necessità di un sistema di accumulo di integrazione in questo caso sono stati valutati i costi di diverse tecnologie.

Un sistema di accumulo di piccola taglia in un condominio (10 kWh, con batterie al litio o al piombo-acido) confrontato con uno storage di taglia notevolmente maggiore (1.500 kWh, per il quale la scelta può ricadere su batterie al litio, al piombo-acido, al sale e al vanadio) installato in un distretto industriale.

Nel caso di studio “condominio” con storage elettrochimico al litio di taglia 10 kWh la batteria è il componente che sul prodotto finito ha un’incidenza maggiore in termini di costi (63-66%). E’ comunque prevista una caduta di prezzo del 25-30% al 2025 per le batterie al litio, mentre nel residenziale, si prevede un’ulteriore decrescita dell’8%-10%.

La componente inverter e BOS (Balance of System) che hanno un peso del 14-19% e il 13-15% sul  costo complessivo dovrebbero scendere del 5-9% e 5-7% nei prossimi anni.

La batteria rimane il componente che sul prodotto finito ha un’incidenza maggiore in termini di costi  (75-85%) anche nel caso di studio “distretto industriale” con storage elettrochimico al litio di taglia 1.500 kWh, ma considerata l’evoluzione del comparto si prevede una caduta di prezzo del 39-44% al 2025.

L’Energy Management System

L’Energy Management System di fatto è il “cervello” della batteria, e rappresenta il valore aggiunto sull’intero sistema di immagazzinamento energetico. Nell’”aggregatore virtuale” il software di controllo agisce da remoto, ancora poco diffuso con i sistemi attuali, un  mercato in sviluppo in Europa e che vede grandi player offrire sistemi “chiave in mano”.

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