Carbone, chi ci ripensa e chi no. E in Italia?

E7 307x181 20140917Proprio mentre si parla di possibile crisi gas, “nel nostro Paese situazione tragicomica” dice Rinaldo Sorgenti (Assocarboni) a e7

Storica tripletta negativa per il carbone in Cina: crollano consumi, import e produzione con il plauso convinto degli ambientalisti. Il Regno Unito intanto valuta se tagliare i sussidi alle vecchie centrali. India e Australia ripensano forse l’impegno. Ma di contro negli Usa il mercato non mostra sofferenze e si prevede una crescita dei consumi sia pur debole. E in Italia?

“La situazione nel nostro Paese è a dir poco tragicomica”, dice il vice presidente di Assocarboni, Rinaldo Sorgenti, a e7. “Il nostro mix di generazione è assolutamente asimmetrico rispetto a quello degli altri Paesi avanzati e, per questa ragione, continuiamo a pagare un prezzo cronicamente più alto rispetto a quello dei nostri principali concorrenti. Il risultato? L’industria manifatturiera, già colpita dalla crisi economica, chiude i battenti e riapre all’estero portando via ricchezza dal nostro territorio”.

“A causa della nostra dipendenza dal gas, la crisi russa peserà sull’Italia molto più che sul resto d’Europa. Non possiamo pensare di sostenere la generazione elettrica solo con il solare”, commenta ancora. “Quando si arriva ad avere un contributo delle rinnovabili così alto nel mix – più alto addirittura che in Germania – allora è fondamentale che queste fonti, per loro natura intermittenti, vengano bilanciate e affiancate dalle fonti tradizionali con impianti avanzati e affidabili che consentano di poter disporre dell’elettricità sempre e quando serve, a condizioni ragionevoli e davvero sostenibili. Non possiamo rischiare improvvisi e costosissimi black-out della rete nazionale”.

“Per quanto riguarda la situazione internazionale, credo di poter dire che le notizie che vengono riportate da vari organi di stampa esteri circa un atteso minore utilizzo del carbone per la produzione elettrica nel mondo – spiega ancora Sorgenti al settimanale di QE – siano dovute alle diverse iniziative – spesso di matrice “ambientalista” – che continuano a speculare sugli argomenti che riguardano: i “cambiamenti climatici supposti antropogenici” e le “emissioni di CO2” in atmosfera”.

“La realtà delle esigenze energetiche degli abitanti del pianeta e, soprattutto, l’indubitabile necessità per una larga componente dell’umanità, rappresentata da 1,3 miliardi di esseri umani dei Paesi poveri e sottosviluppati che ancora non dispongono della “banale” elettricità – sottolinea – comporterà che l’utilizzo e il consumo del carbone continui sensibilmente a crescere anche nel medio-lungo termine, per dare giusta ed opportuna risposta a tali ineludibili esigenze. Questo non vuol dire non riconoscere che una fetta consistente di impianti in esercizio nel mondo, e anche nei Paesi avanzati, sia rappresentata da impianti obsoleti e costruiti 40-50 anni fa con le tecnologie allora prevalenti”.

“Nei prossimi anni i Governi non potranno che tenere conto della necessità di difendere il benessere e proseguire lo sviluppo per le rispettive popolazioni, varando programmi che aiutino una più veloce dismissione dei vecchi ed obsoleti impianti per sostituirli con le Bat (Best Available Technology) oggi disponibili, che continuano ad utilizzare le fonti fossili e, in particolare, il carbone, a tutt’oggi ancora la fonte energetica più disponibile e meglio distribuita sul pianeta”, conclude il vice presidente Assocarboni.

Leggi l’ultimo numero di e7 Carbone, la Cina ci ripensa. E gli altri?

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