Dal dismesso al riuso. Quando la rigenerazione è smart

PiazzaleeuropaIl patrimonio immobiliare italiano è vecchio. Quasi due terzi degli edifici sono stati costruiti tra gli anni Sessanta e Novanta e le azioni di efficientamento, che, della sostenibilità ambientale, devono fare il proprio mantra, risultano indispensabili per non abbassare lo sguardo di fronte alle best practice internazionali. Partire dalla rigenerazione di questi beni, concentrandosi sul riuso del territorio senza mettere in campo programmi e azioni che aggrediscano l’ambiente, sono alcune delle strategie adottate sul territorio nazionale.

Nella provincia autonoma di Trento l’obiettivo è stato adottare una pratica del riuso per ridare ai cittadini il pieno controllo del patrimonio locale.  Renderli partecipi e attivi, alimentare nuovamente la fiducia nella rappresentanza politica e integrarli nella riprogettazione dell’edificato, sono stati, poi, gli elementi distintivi del lavoro. Perché, come affermato da Carlo Daldoss, assessore alla coesione territoriale, urbanistica, enti locali ed edilizia abitativa della provincia autonoma di Trento, durante l’edizione 2014 di REbuild, “è inutile mettere in campo grandi operazioni dirigistiche quando non c’è partecipazione pubblica” e quando non si punta a ottenere benefici sul lungo periodo. “Con la proposta di legge urbanistica siamo partiti da quello che avevamo a disposizione limitando l’inserimento di case ed edifici a quelli di interesse pubblico” prosegue Daldoss che spiega come a Trento la qualità sia stato un parametro critico per la realizzazione del progetto. “Demolire si può. Il fattore cruciale diventa ricollocare l’edificio in aree urbanistiche più idonee, anche sopraelevandolo di un piano, per realizzare un disegno confacente alle esigenze sociali”. Perché nella nuova proposta di legge al “mercato delle aree” si sostituisce un “mercato dei volumi”.

Restando nel nord Italia, a Torino “l’Agenzia territoriale per la casa si è occupata di gestire 5000 alloggi con una forte spinta al mantenimento e una significativa attenzione alla possibile perdita di valore” spiega Piero Cornaglia, direttore generazione Atc di Torino. Cambia la geografia, cambia la disponibilità dei fondi pubblici, ma gli ostacoli permangono e bisogna superarli. “Investendo 30 milioni di euro abbiamo finora terminato diversi interventi che hanno incluso l’adozione delle fonti rinnovabil. In Corso Taranto sono state eliminate le caldaie autonome ed è stato realizzato un impianto centralizzato nell’ambito del Programma operativo regionale, mentre a Leumann – Collegno – sono stati sostituiti i serramenti esterni degli edifici (con risparmi conseguiti che superano già il 50%). A Val della Torre stiamo coibentando e isolando con cappotto termico gli edifici costruiti alla fine degli anni ’80; nella zona Ghedini-Gallina ci siamo occupati di installare caldaie a biomasse per ridurre i costi di riscaldamento”.

Tra le strategie sul tavolo c’è anche un cambiamento radicale del rapporto tra pubblico e privato. Il territorio bolognese, segnato dalle contraddizioni derivanti dallo slittamento tra una politica e l’altra, si trova a parlare di innovazione avendo alle spalle un difficile quadro normativo e finanziario. Per uscire da questa impasse, il comune ha ideato un meccanismo che si autoalimenta creando un dialogo serrato tra la pubblica amministrazione e le energy service company per investire nella riqualificazione del patrimonio residenziale. Progetto che non si dimentica del ruolo del cittadino nella “commedia della riqualificazione”, Rigenera ha un compito oneroso: quello della replicabilità. “Mancano i finanziamenti, le risorse comunali sono limitate e i tempi per agire sono stretti – spiega Alfondo Gagliano, direttore area tecnica realizzazioni di Acer Bologna -. La città ha un patrimonio di 12.272 alloggi e 750 fabbricati e solo diagnosi energetiche preliminari e know how definito consentono di riqualificare il patrimonio pubblico. Finora abbiamo sostenuto un investimento complessivo di 10 milioni di euro per i primi 30 fabbricati; dei 100 milioni di euro complessivi potenziali il 30% dovrà essere risorsa pubblica”.

 

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