Sensibilizzazione e coinvolgimento diretto le chiavi per un commitment duraturo

MainarditagIngegnere ambientale con Master sull’efficienza energetica, Matteo Mainardi ha collaborato temporaneamente con D’Appolonia su progetti di efficienza nell’industria tessile e con Siemens nella divisione OEM-KAM con focus specifico sui bruciatori industriali. Da settembre 2014 si occupa di energy management e ottenimento di Titoli di Efficienza Energetica in CertiNergia, ESCo del gruppo internazionale Certinergy.

Nella sua esperienza di consulente quali sono i vantaggi ottenuti dai vostri clienti derivanti dall’attuazione di interventi di efficientamento energetico?

Periodicamente le aziende si trovano ad affrontare rinnovamenti o ampliamenti delle linee produttive e, indipendentemente dalla strategia scelta, l’attività di monitoraggio dei consumi è il prerequisito per investire in efficienza in modo consapevole e ottimizzato. Un investimento su una tecnologia più efficiente rispetto alla media di mercato comporta sì costi marginali aggiuntivi, spesso però giustificati da superiori risparmi energetici in bolletta e incentivi statali di varia natura che migliorano dunque la redditività dell’investimento. Altri vantaggi che questa scelta può dare sono in termini di flessibilità produttiva e qualità del prodotto finale. Inoltre, politiche di efficientamento energetico sono in grado di valorizzare il brand aziendale facilitando l’ottenimento di certificazioni di qualità come la ISO 50001 ed evidenziando l’impegno societario nell’incremento della sostenibilità dei processi produttivi, aspetti a cui il consumatore sta diventando sempre più attento. Le minori esternalità aziendali consentono peraltro più semplici e rapidi processi autorizzativi di modifiche allo stabilimento produttivo, laddove proprio la lentezza burocratica di queste procedure rappresenta una criticità importante.

Quale impatto economico hanno avuto sul bilancio queste attività?

Nel settore industriale, molti interventi di efficienza energetica possono fornire prestazioni economiche interessanti, con tempi di pay-back inferiori ai 3-4 anni. Per raggiungere questi risultati, è fondamentale, in fase di dimensionamento e di previsione dei ritorni economici, porre molta attenzione sulla stima delle ore di funzionamento, potenze in gioco e sulle dinamiche del processo produttivo.

Ad esempio, in una vetreria, la produzione di vapore di processo, a partire dal calore recuperato dai fumi a bassa entalpia in uscita dal forno fusorio vetro piano, ha generato annualmente TEE e risparmi di gas naturale che hanno portato ad un tempo di pay-back dell’investimento inferiore a 2 anni. I primi saranno ottenuti per 5 anni, i secondi per tutto l’arco della vita tecnica dell’impianto.

Spesso è possibile ottenere performance economiche molto buone anche con interventi più puntuali: in una PMI nel settore dello stampaggio della plastica, il retrofit di tre presse ad iniezione idrauliche mediante installazione di variatore di frequenza sulla pompa idraulica, ha ridotto i consumi di movimentazione della macchina, per il riscaldamento e la fusione della materia prima, il raffreddamento necessario ai circuiti oleodinamici e allo stampo. L’investimento ha generato risparmi annuali di energia elettrica e TEE per 5 anni considerevoli, tali per cui l’investimento si è ripagato in meno di un anno.

Crede che le aziende con le quali CertiNergia ha collaborato svilupperanno nuove opportunità di investimento in termini di efficienza energetica?

In linea generale si, la tendenza è infatti quella di tenere sempre più in considerazione gli aspetti energetici e ambientali in occasione di investimenti per rinnovamenti o ampliamenti degli stabilimenti produttivi.

Dalla prospettiva dell’imprenditore, fare efficienza energetica ed eventualmente prevedere piani energetici aziendali sta infatti diventando sinonimo di opportunità di miglioramento del bilancio aziendale, invece che di costo (come succedeva in passato).

Questo è particolarmente frequente nelle aziende di grandi dimensioni, ma vale sempre più anche nelle medie. Le imprese di piccole dimensioni sono tendenzialmente più focalizzate sullo sviluppo del proprio business e dunque hanno bisogno di maggior supporto da parte di consulenti esterni. Il fattore esempio è stato cruciale in questi anni.

Naturalmente, le politiche incentivanti hanno anche permesso di rendere economicamente sostenibili interventi di efficienza energetica riducendone il PBT a quei target di rientro di 3-5 anni che rappresenta spesso la conditio sine qua non per industriali che investono in efficienza.

Infine il recente Decreto Efficienza (Dlgs 102/2014) introduce obblighi di audit periodici orientati alla promozione di strategie di miglioramento continuo.

Con quali fondi sono stati realizzati questi progetti?

Ad oggi, la maggior parte degli interventi di efficienza è stato finanziato con fondi propri o ottenuti da istituti bancari.

Nel panorama attuale le soluzioni di finanziamento pubblico esistenti sono infatti numerose e specifiche, ma presentano una serie di criticità che ne limitano l’accesso, come la complessità degli iter burocratici per Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e Bandi Regionali; la dimensione minima degli interventi che, nel caso del Fondo Europeo Efficienza Energetica (FEEE) e European Local ENergy Assistance (ELENA) è superiore al milione di euro ed esclude dunque molti soggetti nella Pubblica Amministrazione; nel caso di Horizon 2020, la necessità di fare partnership con soggetti esteri o il requisito di innovazione tecnologica che esclude tecnologie già consolidate ma con ampi margini di saving energetico rispetto alla media dell’installato.

Comunque, la grande eterogeneità degli interventi di efficienza richiede un grande ventaglio di competenze tecniche per effettuare analisi di rischio solide in sede di due diligence e dunque non facilita la concessione del finanziamento da parte di istituti bancari. Tuttavia, la recente diffusione di competenze tecniche sia da parte del finanziatore che del richiedente e di nuovi modelli come quello dell’EPC di Certinergia e la nascita di nuove opportunità come il Fondo nazionale per l’efficienza energetica, sono condizioni che daranno sicuramente maggiore fiducia agli operatori per gli investimenti nel prossimo futuro.

Spesso l’EGE ha difficoltà ad agire sui decisori aziendali: come sensibilizzare a politiche razionali nell’uso dell’energia?

Nelle imprese produttive l’energia è un mezzo per raggiungere gli obiettivi di produzione e fatturato. L’energy manager ha dunque un ruolo complesso – ancor maggiore se lavora come consulente esterno – non solo perché ha pochi interlocutori interni all’azienda con le competenze per apprezzare il valore delle opportunità di efficienza, ma anche perché si trova ad agire su abitudini e processi consolidati negli anni e che non è legittimato a modificare. Ancora prima di quelle tecniche, le difficoltà dell’energy manager sono quindi di tipo relazionale: per entrare nei processi decisionali aziendali sono necessarie da un lato un’opera di sensibilizzazione e coinvolgimento diretto del personale in modo da ottenere un commitment duraturo, dall’altro capacità di problem-solving creativo per trovare un compromesso tra le strategie di efficienza e le necessità aziendali. In questa direzione, le recenti modifiche al quadro regolatorio che introducono obblighi di audit e diagnosi energetiche periodiche vanno in aiuto all’energy manager.

Studiare da EGE: quanto conta la formazione?

Oltre alle competenze specifiche nel settore energetico, un EGE deve dimostrare di possederne altre di tipo gestionale ed economico, come la conoscenza dei metodi di valutazione economica degli investimenti, del controllo di gestione e budget, di risk e project management, organizzazione aziendale e delle modalità di acquisto di beni e servizi. In linea generale l’esperienza diretta sul campo ha una rilevanza molto maggiore rispetto alla formazione in aula, come anche suggerito dall’acronimo stesso di EGE – Esperto in Gestione dell’Energia. Al di là dello specifico percorso di certificazione come EGE, penso che la formazione specifica con Master o altri corsi sia utilissima in fase di inserimento nel lavoro – io stesso ho frequentato il Master RIDEF del Politecnico di Milano, che mi ha fornito un’ottima panoramica sul settore dell’energia e mi ha inserito nel settore – e come aggiornamento periodico.

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Giornalista professionista e videomaker, attenta al posizionamento seo oriented degli articoli e all'evoluzione dei social network. Si occupa di idrogeno, economia circolare, cyber security, mobilità alternativa, efficienza energetica, internet of things e gestione sostenibile delle foreste