“Stop fossil, go renewable”, Greenpeace occupa una piattaforma nel Canale di Sicilia

GreenpeaceDa questa mattina gli attivisti di Greenpeace stanno protestando, in maniera pacifica, presso la piattaforma di estrazione idrocarburi Prezioso di ENI Mediterranea Idrocarburi, situata nel Canale di Sicilia a largo della costa di Licata, Agrigento. L’azione di Greepeace – spiega una nota – è rivolta contro il decreto “Sblocca Italia” (Dl 133/2014), che promuove una deregulation selvaggia delle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi a mare e rischia di tradursi in un vero e proprio “Sblocca trivelle”. Il governo Renzi vuole dare il via libera allo sfruttamento delle scarse riserve di petrolio presenti sotto i nostri fondali.

Eppure l’Italia dovrebbe essere impegnata – avendo la Presidenza di turno del Consiglio UE – a guidare l’Unione verso obiettivi più ambiziosi di difesa del clima, puntando con decisione su fonti rinnovabili ed efficienza energetica e consegnando al passato le fonti fossili. “Siamo entrati in azione – ha spiegato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima dell’associazione – per contrastare una politica ‘fossile’ sballata, in controtendenza con ogni ragionevole scenario energetico e opposta a ogni strategia di valorizzazione delle vere risorse dell’Italia: il mare, il paesaggio, la biodiversità. Renzi è sulla strada sbagliata, e fin quando la percorrerà troverà sempre la forte opposizione di Greenpeace”. Una decina attivisti con l’appoggio della nave Rainbow Warrior, graizie a dei gommoni sono riusciti a salire a bordo della piattaforma e ad aprire uno striscione di 120 mq che, raffigurava la faccia del Presidente del Consigli dei ministri, Matteo Renzi, che promette “più trivelle per tutti” frase subito dopo accompagnata dalla richiesta di Greenpeace: “stop fossil, go renewable”. Intanto, altri attivisti a bordo di una zattera gonfiabile ancorata alla piattaforma, esponevano messaggi che chiedevano l’abbandono delle fonti fossili. No distante dalla piattaforma dove è in corso la protesta – continua la nota – ENI vorrebbe realizzare una nuova piattaforma, due pozzi esplorativi, sei pozzi di produzione e i relativi oleodotti. Alcuni di questi pozzi sarebbero a sole 11-12 miglia nautiche dalla costa.

Questo progetto, denominato “Offshore Ibleo”, ha già ricevuto una Valutazione d’Impatto Ambientale positiva. Contro questo provvedimento, Greenpeace e una larga coalizione di associazioni e 5 amministrazioni locali interessate dal progetto, ha promosso un ricorso presso il Tar del Lazio. Mentre, “Secondo le valutazioni del ministero dello Sviluppo economico ci sarebbero nei nostri fondali marini circa 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe.

Stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per appena 8 settimane. Già oggi le aree marine richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si estendono per circa 30 mila chilometri quadri, cinquemila in più rispetto allo scorso anno. Sul bacino del Mediterraneo si concentra più del 25 per cento di tutto il traffico petrolifero marittimo mondiale, già responsabile di un inquinamento da idrocarburi che non ha paragoni al mondo”.

La deregulation che il governo nazionale sta promuovendo riguardo l’estrazione di idrocarburi in mare – conclude la nota – è in contrasto con due direttive europee e rischia di esporre l’Italia a costose procedure d’infrazione. Non è disponibile alcuna stima di come queste attività impatterebbero negativamente su altri settori, tra cui il turismo e la pesca sostenibile. Soprattutto questa prospettiva economica è insensata da un punto di vista energetico, creerebbe ben poca occupazione, scarsissimo gettito fiscale e sarebbe in aperto conflitto con gli impegni presi dallo stesso presidente del Consiglio per decarbonizzare presto la nostra economia. “Renzi – ha concluso Boraschi – ha detto che non si può rinunciare a estrarre il nostro petrolio, poco e di scarsa qualità, per l’opposizione di tre o quattro comitatini locali. È male informato: non si tratta di piccoli comitati, ma di una rete di migliaia e migliaia di persone, che si va organizzando per proteggere il mare, le coste, il turismo, la pesca sostenibile, la bellezza del Paese.

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