Russia: impossibile vivere con lei… o senza lei

gas piplelineRitengo sia meglio parlare tra noi che parlare ognuno dell’altro”. È stato molto significativo il messaggio lanciato ieri a Bruxelles nella sede del Parlamento europeo da Alexander I. Medvedev, presidente di Gazprom Export, in occasione della tappa conclusiva del ciclo di eventi “South Stream: The Evolution of a Pipeline” e in concomitanza con l’apertura di una sede di rappresentanza nel Paese belga del colosso energetico russo.

Il segnale è distensivo, sulla scia del periodo di tensione provocato dall’indagine antitrust contro Gazprom, avviata un anno fa dalla Commissione Ue, per possibile violazione della concorrenza nei mercati energetici di Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria; oltre che sul futuro della condotta South Stream, che dovrebbe garantire 63 miliardi mc annui dal 2015, bypassando i grattacapi geopolitici che l’Ucraina ha comportato fino a oggi (preoccupazioni che si aggiungono alla bega interna sulla rottura del monopolio Gazprom di esportazione deciso dal governo russo, seppur in tempi e modi ancora non decisivi).

Non un bel periodo, se si può dire di un operatore di tale portata, per Gazprom, che nel discorso all’Europa ha rimarcato la profonda correlazione tra Russia ed Europa, facendo capire come, nonostante le operazioni commerciali con la Cina e i mercati asiatici, l’Ue incida per i due terzi del bilancio di Gazprom (+76% nei primi 11 mesi del 2013 rispetto al corrispondente periodo del 2012).

Per una volta, dunque, il ‘coltello dalla parte del manico’ è sembrato essere nelle mani di un’Europa tradizionalmente impelagata tra costi di importazione che incidono profondamente sulla bolletta energetica, difficili ricontrattazioni degli accordi commerciali di lungo termine e difficoltà a costruire nuove infrastrutture che diversifichino l’import (puntando in primis sul Gnl).

Dal canto suo Medvedev ha sottolineato come South Stream (e più in generale il prosieguo dei rapporti commerciali tra Ue e la Russia della Gazprom) “contribuirà alla sicurezza energetica di cui l’Europa necessita, fornirà benefici economici e ambientali ai Paesi partecipanti, aiuterà l’integrazione dei mercati”; ma, soprattutto questa sarà un’infrastruttura che si pagherà “per il 70% con investimenti privati”.

Se è vero che senza la Russia, e senza Gazprom, non si potrà certo pensare di andare avanti in Europa, è anche vero che gli Stati membri dovranno prima o poi fare i conti con una produzione interna di gas stimata in ribasso, ma potenzialmente valida per tamponare l’incidenza delle importazioni (basti pensare all’Italia). In questo caso, però, il vero grande nemico non è l’amica Russia, ma la sindrome “Nimby” che imperversa nel nostro come in molti altri Paesi comunitari.

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Nato ad Avellino, giornalista professionista, laurea in comunicazione di massa e master in giornalismo conseguito all’Università di Torino. È direttore della rivista CH4 edita da Gruppo Italia Energia. In precedenza ha lavorato nel settore delle relazioni istituzionali e ufficio stampa, oltre ad aver collaborato con diversi media nazionali e locali sia nel campo dell’energia sia della politica. È vincitore di numerosi premi giornalistici nazionali e internazionali.