Acciaio 1

L’Europa, assieme agli altri Paesi che sono stati inclusi nella decisione di qualche giorno fa da parte degli Stati Uniti di imporre dazi del 25% sui prodotti in acciaio destinati al mercato americano, ha visto tale misura sospesa fino al 1 maggio.
Ma, sottolinea Axel Eggert, Direttore Generale dell’Associazione Europea dell’acciaio (EUROFER), quella del Presidente Trump “è solo una sospensione provvisoria”. Eggert ha ringraziato il Commissario Malstrom e la Commissione europeaper i loro sforzi volti a escludere l’UE da tale politica”. Il rischio, però, prosegue, “è che il Presidente Trump estenderà la sospensione solo se saranno fatte sostanziali concessioni prima dell’1 maggio”.

I rischi per il mercato europeo

EUROFER, spiega una nota, si è impegnata per ottenere misure di tutela che garantiscano una stabilità al mercato europeo dell’acciaio. Lo sforzo dell’Associazione potrebbe risultare utile e d’esempio per le numerose altre nazioni che hanno visto il provvedimento bloccato, ma che alla fine potrebbero esserne colpite.

L’industria europea dell’acciaio ha attraversato un decennio di crisi indotta dall’esterno, dalla quale sta appena appena riemergendo”, rimarca Eggert. “Non possiamo affrontare questo recupero con il rischio di un’esclusione dal mercato americano. È per questo che continuiamo ad auspicare una salvaguardia ampia e da attuare velocemente, che mantenga il mercato europeo aperto, ma che rifletta lo scopo dell’azione degli Stati Uniti”.

La Sezione 232, così si chiama il provvedimento americano, coinvolge vari tipi di prodotti in acciaio, compresi quelli inossidabili. L’Europa è esportatrice, verso gli USA, di 5 milioni di tonnellate di tale merce ogni anno.

Il pericolo per il mercato europeo – aggiunge il Direttore EUROFER – non è venuto meno. La UE è un importatore di acciaio maggiore degli Stati Uniti (40 mln ton contro 35 mln ton nello scorso anno). Nei primi due mesi del 2018, il solo vociferare di questa imposizione da parte di Trump è coinciso con un aumento improvviso del 12% dell’import”.
Adesso, conclude Eggert, “abbiamo bisogno di chiarezza sulle modalità con cui Europa e USA possano arrivare a un accordo di più lungo periodo”.

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