Big data: cresce l’interesse delle aziende, ma poche sanno sfruttarli

BigdataLe aziende riconoscono l’alto potenziale legato dei big data, ma solo in pochi casi si sa come procedere per sfruttare pienamente i vantaggi che derivano dalla gestione di queste informazioni. E’ la fotografia scattata da un’indagine svolta, su scala internazionale, dall’ente di certificazione DNV GL – Business Assurance e dall’istituto di ricerca GFK Eurisko su un campione di circa 1200 professionisti che operano in aziende di settori diversi in Europa, nelle Americhe e in Asia.

In particolare dalla ricerca è emerso come si attesti al 52% la percentuale di intervistati secondo cui i big data possono contribuire a migliorare il business aziendale, percentuale che scende al 23% nel caso delle industrie che dichiarano di avere una strategia chiara per rendere concreti i vantaggi derivanti da queste informazioni. Se, invece, si interrogano i manager sulle intenzioni future relative a questo comparto il 65% dichiara che si sta preparando a un contesto in cui i big data rivestiranno un ruolo chiave, mentre il 76% manterrà o aumenterà gli investimenti previsti. 

Insomma quello dei big data è un tema importante per le aziende anche se ancora non ben delineato sul piano operativo. Solo un’azienda su quattro è, infatti, in grado incanalare le informazioni in maniera efficiente per potenziare la propria produttività. 

 DNVGLgradico“I big data stanno cambiando le regole del gioco in tutta una serie di settori, prospettando nuove opportunità e nuove sfide. Ritengo che le aziende che valorizzano e attuano strategie e piani per sfruttare a pieno le informazioni dei loro data pool abbiano moltiplicato le occasioni per diventare più efficienti e soddisfare meglio il mercato e gli stakeholder”, commenta in una nota Luca Crisciotti, CEO di DNV GL – Business Assurance.

In particolare l’attenzione si concentra sulla creazione di risorse e competenze per sfruttare al meglio questi dati: Il 28% del campione ha migliorato la gestione delle informazioni e il 25% ha implementato nuove tecnologie e metodiche. Meno numerose le aziende che hanno intrapreso azioni che hanno influito sulla loro routine quotidiana: il 16% ha lavorato per cambiare la cultura o la struttura organizzativa, mentre il 15% ha mutato modello imprenditoriale.

Ma la sfida dei big data è legata anche allo sviluppo di competenze interne specifiche, riscontrate nel 47% del campione, e di partnership mirate (20% del campione). “La capacità di utilizzare i dati per ottenere conoscenze e intuizioni utili a orientare l’azione è imprescindibile per le aziende che vogliono continuare a crescere e a fare profitti. Il data analyst e il data scientist saranno figure cruciali nella maggior parte delle imprese nel prossimo futuro”, aggiunge ancora Luca Crisciotti.

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