Biocombustili, produzione più efficiente se le alghe vanno a scuola dalle piante

AlgheChi non ha pensato, studiando la fotosintesi clorofilliana, quanto sia perfetta, straordinaria ed efficiente la natura? Ebbene oggi se ne hanno le prove. Una ricerca pubblicata su Nature Plants e condotta dagli scienziati del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, di Fisica del Politecnico di Milano e dal Cnst dell’Istituto Italiano di Tecnologia fa luce sul funzionamento delle prime fasi della fotosintesi della durata di millesimi di miliardesimi di secondo. I ricercatori hanno capito come la luce viene catturata dalle foglie e tramutata in energia chimica senza sprecare energia per… “spirito di sopravvivenza”, una scoperta che farebbe molto piacere a Darwin e che potrà avere importanti nella produzione più efficiente di biocarburanti.

Nella ricerca si spiega come le strutture molecolari dette “antenne” adibite al trasporto di energia ai fotosistemi PSI e PSII, dove viene trasformata in zuccheri e poi biomassa, abbiano caratteristiche strutturali differenti che determinano diversi gradi di efficienza dei fotosistemi: 97% per il primo  e 82% per il secondo. La ragione è che l’antenna del fotosistema 1 immagazzina e trasmette energia al PSI solo in caso di utilizzo, senza dispersioni. Gli organismi pluricellulari (le piante), inoltre, si mostrano più efficienti di quelli unicellulari (le alghe): la qualità della luce cambia a seconda dello strato cellulare in cui si trovano i fotosistemi, perché gli strati cellulari superiori con il contenuto in clorofilla sottraggono agli strati inferiori i fotoni che vengono meglio assorbiti dalle antenne foto sintetiche. Nelle foglie, quindi, la perdita di efficienza viene compensata con l’assorbimento di una dose maggiore di fotoni.

E, dunque, mandando le alghe a scuola dalle piante la produzione di biocarburanti potrebbe essere più efficiente? Lo chiediamo a Roberto Bassi dell’Università di Verona, tra gli autori della ricerca.

Quali vantaggi applicativi avrà questa scoperta in ambito energetico?
Riteniamo che questa scoperta possa portare a un consistente miglioramento della resa in biomassa dei fotobioreattori dove le alghe sono coltivate a scopo di produzione industriale.

La crescita delle alghe, una risorsa per la produzione di cibo e biocombustibili per il futuro sui cui da anni lavoriamo, è limitata dal fatto che i due fotosistemi hanno sistemi di cattura della luce molto simili che competono per gli stessi fotoni. Dato che l’antenna del PSII è molto più grande di quella del PSI, il risultato è che l’energia utilizzata dal PSI è molto minore di quella indirizzata al PSII.  Il sistema a tandem dei due fotosistemi, che devono lavorare alla stessa velocità per ottenere la massima efficienza, è quindi compromesso e l’efficienza è diminuita.

Insegnare alle alghe a comportarsi come le piante sembra difficoltoso…
Il problema è in linea di principio risolvibile dando alle alghe l’informazione necessaria, sotto forme di sequenze di DNA, perché possano produrre delle antenne che assorbano fotoni a energia (colore) diversa da quelli assorbiti dal PSII, simili a quelle delle piante. Così ogni fotosistema potrà assorbire abbastanza energia da agire in tandem con l’altro.  L’informazione è disponibile nel genoma delle piante ed è stata identificata già nel 2003 dal nostro gruppo di ricerca. Ci potranno essere delle difficoltà di realizzazione, ma la strada è tracciata e le tecnologie necessarie a percorrerla sono disponibili.

Quali fondi hanno supportato il vostro lavoro?

Si tratta di fondi quasi esclusivamente di provenienza europea e di privati. Anche i privati, comunque, sono stranieri. I finanziamenti italiani per questo tipo di ricerche sono, invece, estremamente limitati. Usando un eufemismo.

Le fonti energetiche alternative sembrano segnare il futuro dell’energia: pensa che questa scoperta si ricaverà uno spazio in questo scenario?

Le alghe crescono benissimo quando sono diluite, molto meno da concentrate. Al momento i fotobioreattori non sono abbastanza efficienti proprio perché contengono una quantità di alghe ridotta che non ripaga a sufficienza l’elevato costo di gestione e costruzione”. Le alghe “istruite” ad assorbire la luce in modo più efficiente potranno crescere anche a forti concentrazioni cellulari, nei fotobioreattori industriali in cui la filtrazione della luce è simile a quella che si trova nelle foglie delle piante. I modelli di previsione ci dicono che, con l’aumento della popolazione mondiale e la costanza o addirittura la diminuzione della superficie arabile, avremo un deficit del 25% nella produzione di cibo rispetto alle necessità. Una prospettiva davvero preoccupante per le conseguenze nell’aumentare i conflitti fra Paesi che competono per cibo ed energia. Coltivando alghe si potranno ottenere alimenti, mangimi e biocombustibili usando superfici ora non coltivabili. Inoltre, si tratterebbe di energia e cibo ottenuti assorbendo la CO2 atmosferica.

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