Le banche e la Green Economy, il rapporto ABI – ABI Lab

L’interesse e il sostegno delle banche allo sviluppo della green economy risulta sempre più evidente e concreto. Da un lato va sottolineato  il supporto finanziario dato per lo sviluppo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, dall’altro il ruolo di ‘consumatore’ delle banche, sempre più inclini ad adottare  soluzioni di governance utili a rivedere i processi interni per una migliore gestione del proprio impatto ambientale e per una riduzione sostanziale dei consumi di energia elettrica.

 

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Il rapporto redatto da ABI e ABI Lab “Le Banche e La Green Economy” ha l’obiettivo di presentare lo stato dell’arte del legame esistente tra banche e green economy sotto diversi aspetti, offrendo anche, laddove possibile, confronti a livello internazionale e intersettoriali. Quanto illustrato si basa soprattutto sul dialogo avuto con le banche nell’ultimo anno su diversi tavoli di lavoro, come l’Osservatorio Rinnovabili, l’Osservatorio sul Green Banking e gli Osservatori sui Mercati dell’energia elettrica e del gas nonché l’esperienza maturata da ABI Lab nelle attività di negoziazione realizzata per conto delle banche a supporto della sottoscrizione dei contratti di fornitura dell’energia. Con l’obiettivo di fornire una fotografia puntuale in merito alle tematiche citate, è stata realizzata la rivelazione ABI Lab – ABI sul ruolo delle banche negli investimenti green i cui risultati sono stati appunto riportati nel documento.

Un primo aspetto rilevante nel contestualizzare il ruolo delle banche intese come utenti e il mondo delle cosiddette FER, è l’analisi degli impatti che queste hanno sull’andamento del mercato elettrico. Infatti, lo sviluppo delle rinnovabili sta trasformando radicalmente il sistema di generazione in Italia. In particolare, le fonti eolica, geotermica e fotovoltaica sono ormai in grado di coprire una parte non trascurabile della produzione netta italiana, ma la non programmabilità della produzione e disomogeneità a livello territoriale degli impianti generano squilibri sulla rete e comportano maggiori spese per la messa in sicurezza della rete stessa, determinando un aumento dei costi per il servizio di dispacciamento per gli utenti finali. Per quest’ultimi, quali le banche, inoltre, il supporto allo sviluppo delle FER si è tradotto, e si continuano a vedere i suoi effetti, anche in un aumento consistente dei cosiddetti oneri di sistema che hanno assunto ormai un peso rilevante in bolletta . Inoltre, occorre tuttavia considerare che per effetto del perdurare dello scenario di crisi economica il mercato elettrico italiano risulta caratterizzato dal 2008 da overcapacity produttiva (causato dall’ampia disponibilità di produzione termoelettrica e del contributo fornito dalle fonti rinnovabili). Come conseguenza immediata sui mercati spot dell’energia si riduce il differenziale di prezzo tra ore picco/fuori-picco, a vantaggio di utenze, come le banche, con profilo di consumi maggiormente concentrato nelle ore centrali della giornata.
Oltre a tali aspetti di mercato che sono per i consumatori finali “passanti” in un processo di acquisto, è interessante rilevare l’approccio che le banche hanno adottato negli anni in termini di negoziazione del proprio contratto di fornitura sul libero mercato. In particolare, il comportamento di acquisto delle banche ha visto una evoluzione negli anni legata ad una sempre maggiore consapevolezza delle dinamiche che guidano il mercato. Infatti, da un approccio legato alla stipula di convenzioni di acquisto a sconto rispetto al mercato vincolato, si è passati ad una sempre maggiore predisposizione delle banche ad un criterio di tipo “strutturato” in quanto capacedi equilibrare la necessità di avere budget economici stabili per i costi della fornitura con la mitigazione del “rischio di posizione” effettuando diverse operazioni di fixing del prezzo differite nel tempo.

 

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Le fonti rinnovabili non hanno prodotto solo effetti per le banche intese come acquirenti di energia elettrica per il proprio fabbisogno, ma sin dai primi sviluppi registrati nel comparto delle FER, hanno rappresentato un importante ambito di sviluppo del settore bancario inteso come finanziatore. In particolare, il forte e rapido sviluppo del comparto, avuto grazie all’innovazione tecnologica e ai vari sistemi incentivanti, ha contribuito a renderlo particolarmente interessante per le banche.

I maggiori istituti italiani hanno costituito specifiche strutture e desk dedicati al finanziamento delle rinnovabili, in grado di offrire un’ampia gamma servizi finanziari tarati sulle specifiche esigenze di famiglie, imprese ed enti pubblici. Il livello di concorrenza delle banche in questo ambito è molto elevato, anche per effetto dell’ingresso sul mercato italiano di numerosi player internazionali. Nel 2007-2012 sono stati stipulati contratti in project-financing riferiti a progetti di impianti rinnovabili per 8,1 miliardi di euro. Eolico e fotovoltaico hanno raccolto circa il 98% di questa somma. Negli ultimi anni si è rilevata una variazione nella distribuzione dei finanziamenti tra i vari settori. Il 68% dei 5,2 miliardi distribuiti nel 2007-2010 sono stati destinati all’eolico e il 31% al fotovoltaico. Nel 2011-2012, invece, l’89% dei finanziamenti totali, pari a 1,9 miliardi, è stato destinato al fotovoltaico. Una tendenza confermata nel 2012, con il fotovoltaico capace di attirare oltre il 55% dei finanziamenti. Da sottolineare, però, che l’anno scorso questi hanno subito una contrazione del 48%, fino ad arrivare al di sotto della soglia del miliardo. Rilevante anche la quota del leasing, con una cifra che ammonta a 8,8 miliardi di euro, in riferimento a oltre 3.900 impianti. A questi bisogna poi aggiungere gli 8,4 miliardi relativi a finanziamenti tradizionali. 

La  stima  totale nel periodo 2007- 2012 relativa alle principali banche operanti in tale comparto e partecipanti all’indagine è quindi di circa 25 miliardi di  impegni di finanziamento , di cui oltre 12 miliardi di euro negli ultimi due anni.
Nel rapporto tra  green economy e banche appare rilevante approfondire anche come quest’ultime operino al proprio interno per la gestione dell’impatto ambientale e per la riduzione del proprio fabbisogno energetico. Questo infatti presenta vantaggi anche al Sistema Paese in quanto la banca, ad esempio come grande acquirente non solo di energia, ma anche di quanto necessario per la propria operatività, può facilitare lo sviluppo di una vera e propria economia green. Nel rapporto banche e green economy sono descritte le modalità con le quali le banche hanno introdotto progetti green al proprio interno, sia in termini di ottimizzazione dei processi per gestione dell’energia e dell’impatto ambientale sia in termini di veri e propri investimenti realizzati presso il parco immobiliare gestito. Uno strumento che può aiutare la banca ad identificare soluzioni di miglioramento in ambito energetico-ambientale può dipendere proprio da una organizzazione efficiente ed orientata ad una collaborazione interfunzionale strutturata e continuativa. In alcuni casi le banche hanno scelto di certificare, in diverse modalità, la gestione dei propri processi al fine di migliorare la propria performance energetico-ambientale e di  impostare un percorso di miglioramento continuo da comunicare verso l’esterno. In particolare la certificazione maggiormente diffusa nel campione è stata la UNI EN ISO 14001:2004  “Sistemi di gestione Ambientale”. Comincia anche a diffondersi sempre di più la certificazione di Esperto in Gestione dell’Energia (EGE) che, naturalmente, non riguarda il sistema di gestione dell’impresa, ma piuttosto le conoscenze professionali di chi si occupa delle materie energetiche. In banca, tipicamente, questo ruolo è ricoperto dal tecnico responsabile per l’uso razionale dell’energia nominato ai senti della legge 10/91. Da notare anche la presenza della certificazione EMAS e un iniziale avvio della certificazione UNI CEI EN ISO 50001 sui Sistemi di gestione dell’energia. Interessante rilevare che il 77, 8% del campione ha dichiarato di aver fissato e formalizzato obiettivi in ambito energetico-ambientale tra i quali il più diffuso risulta il consumo complessivo di energia, seguito dalla mobilità sostenibile e dall’utilizzo in generale di risorse e prodotti, come ad esempio la carta. Da notare anche la presenza di obiettivi relativi all’acquisto di energia rinnovabile, alla riduzione delle emissioni in atmosfera e all’autoproduzione da fonti di energia rinnovabile.

 

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Il 33,3 % dei rispondenti ha inoltre affermato di aver costituito al proprio interno  un team interfunzionale con il compito di individuare e proporre interventi per il miglioramento delle performance energetico-ambientale come tra l’altro previsto dalla norma UNI CEI EN ISO 50001 sui Sistemi di gestione dell’energia che prevede, tra i compiti del top management, la definizione di uno specifico Energy Management Team.
Per poter gestire centralmente i consumi di energia e gli impatti ambientali della banca è opportuno avere a disposizione una serie di strumenti volti a gestire le informazioni che provengono da edifici e siti produttivi spesso distribuiti sull’intero territorio nazionale. In virtù di questo rileva sottolineare  l’importanza di avere un database immobiliare, centralizzato e aggiornato periodicamente, contenente una serie di informazioni utili anche per la gestione della performance energetico-ambientale. Questa importanza è avvalorata anche dal risultato della rilevazione per cui  l’88,9% dei rispondenti dichiara di possedere un tale strumento.

Ulteriore tema rilevante per una governance attenta della questione energia e ambiente in banca è costituito dalle policy. La banca può intervenire presso tutti i soggetti (dipendenti, consulenti, manutentori, progettisti, ecc.) che possono influenzare la propria performance energetico-ambientale principalmente  tramite la costituzione di specifiche policy, alla redazione delle quali potrebbe partecipare il team interfunzionale citato precedentemente. Le banche hanno predisposto specifiche policy in particolare per il mobility management (88,9%), per la gestione efficiente degli edifici gestiti (77,8%), per il green ICT (66,7%) e per il Green Procurement (66,7%). Inoltre la rilevazione ha anche registrato una maggiore propensione dei rispondenti a realizzare nuovi investimenti green presso il parco immobiliare gestito rispetto a quanto già rilevato nel 2012. Questo elemento qualitativo è stato poi confrontato con i dati riscontrati in merito agli investimenti realizzati dalle banche in termini di efficienza energetica e di autoproduzione da FER. Mediante la rilevazione ABI – ABI Lab si è cercato di raccogliere le principali azioni realizzate riscontrando l’adozione, in molti casi, di interventi standard che hanno permesso un risparmio prolungato nel tempo. Tra questi rileva sicuramente segnalare, in occasione dell’apertura di nuove filiali o nel caso di ristrutturazione impiantistica, l’impiego di sistemi VRV in classe efficienza A o l’installazione di sistemi di telegestione al fine di monitorare i consumi di energia elettrica ed attuare lo spegnimento/accensione degli impianti. Inoltre, si registra l’avvio di progetti di conversione di impianti con gas refrigeranti HCFC con nuovi impianti VRV. A questi vanno aggiunti progetti relativi allo spegnimento e riaccensione centralizzata ed automatizzata dei PC di filiale e l’acquisto di macchine ufficio con caratteristiche green, che contemplano particolare attenzione ai consumi elettrici. In alcuni casi le banche hanno anche riportato l’esistenza di progetti volti alla identificazione degli edifici a scarsa efficienza energetica per valutarne l’eventuale dismissione.

 

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Oltre alle attività citate, dalla rilevazione è stato possibile riportare il valore di risparmio energetico raggiunto dagli interventi effettuati dalle banche ed il tempo di payback. Tra le segnalazioni giunte, sono stati selezionati 194 interventi di efficienza energetica realizzati dal 2008 al 2012 che hanno sviluppato, nel periodo di

riferimento, un risparmio di energia elettrica complessivo pari a 2.376.631 kWh e di gas pari a 127.323 mc. Il tempo di payback medio è stato di 10 anni e per il 75% di questi è stata utilizzata la detrazione fiscale del 55%. In merito alla tipologia di interventi realizzati, la maggior parte hanno riguardato la climatizzazione degli ambienti, seguiti da interventi sull’involucro edilizio, consistenti principalmente nella sostituzione degli infissi e nell’applicazione di pellicole sulle superfici trasparenti. Per quanto attiene gli impianti di autoproduzione da FER, la rilevazione ha registrato che le banche hanno installato impianti fotovoltaici, prioritariamente presso i tetti dei propri edifici propendendo, secondariamente, nella misura del 32% e 11%, per l’installazione sulle aree di parcheggio e terreni. Considerando le installazioni di fotovoltaico sui tetti, la media delle potenze degli impianti rilevati dall’indagine è pari a circa 140kW, per una produzione annua stimata pari a circa 244.000 kWh e per un investimento medio pari a circa 630.000 €. Il payback medio rilevato è inoltre pari a circa 8,3 anni.

di Francesca Rosati e Giorgio Recanati

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