Dalla città alla comunità smart, passando per la gamification

CityLa città è sempre più protagonista del pensiero sociale e specchio della realtà che ci circonda. Basta riflettere su come la percezione dello spazio e dei suoi abitanti cambia il nostro approccio ad esso. Per questo per capire come potrà svilupparsi una smart city, dobbiamo approfondire sempre di più la comprensione della stessa, secondo l’esperienza che sarà dei suoi cittadini del futuro. 

Anni fa l’industria culturale raccontava la propria città di residenza secondo un “io” ben definito anche sociale; oggi si fa riferimento all’ambiente cittadino senza contestualizzarlo in una identità puntuale. Un centro abitato viene visto sotto diversi aspetti: urbanistico, edilizio, logistico, nelle distanze e negli spazi, nell’impatto ambientale; ma di fatto si parla sempre di una struttura organizzata la quale, altri non è, che un coacervo. In linguaggio atavico potremmo definirla tana e pensare a luoghi di attività confinanti l’uno all’altro.

Quindi perché stupirsi che i suoi abitanti ne vogliano parlare e soprattutto ci vogliono parlare direttamente, scrivendo ieri graffiti sui muri ed oggi messaggi virtuali, portando al successo applicazioni come Foursquare e molte altre più recenti?

Il desiderio di lasciare un cenno del proprio passaggio, come una informazione condivisa utile alla collettività, è un adeguamento di quanto facevamo con le pitture rupestri nel paleolitico e, forse, è il primo segno che il cittadino è smart più delle istituzioni e degli enti che dovrebbero gestire e condurre la città verso questa evoluzione.

Pensiamo alle utility, cioè la rete di servizi “sotto” la città, che stanno tentando un approccio, attraverso il gioco, per sensibilizzare gli utenti ad azioni di efficienza energetica (la gamification appunto) ma che, di fatto, ancora non propongono un reale punto di contatto tra la loro attività specifica e il cittadino che vada oltre il classico CRM. Non solo, la gamification non sta dando i risultati di coinvolgimento sperato, il che, secondo gli esperti del team di IDC Energy Insight società di ricerca e consulenza specializzata in ambito Energy e utilities, è dato dalla scarsa attrattività emotiva del prodotto utility. Per riscuotere un maggiore interesse si può pensare di associarlo a prodotti complanari, come un’assicurazione o un altro genere di servizio. 

Resta che ad oggi le applicazioni che sono state pensate sono più del genere educational, ad esempio si insegna come consumare meno, o di carattere esplicativo, mostrando i consumi in rapporto anche a vicini di casa o ad aree geografiche. Insomma poco gaming e molto thinking.

Pensare ad un CRM più interattivo come un gioco dell’oca per le vie della città o la costruzione di un servizio virtuale potrebbe essere una peculiarità più tipica delle istituzioni cittadine. Ad esempio Stoccolma si è appropriata della applicazione Minecraft (https://minecraft.net/), invitando i cittadini a ricostruire interi quartieri della città ed esponendo i progetti più meritevoli. In alcuni casi anche attivando in modo fattivo parti delle iniziative. 

“La playing city e la gamification rappresentano una strategia che sottende a come trasformare i cittadini di una smart city in smart citizen”, commenta ai microfoni di Canale Energia Stefano Epifani, Prof. in Tecnologie Applicate e Comunicazione Corporate presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza:“Inizialmente ci si aspettava che tale rapporto fosse immediatamente riconducibile ad una dinamica data dal gioco, ma di fatto si è visto come le esperienza più riuscite usino strumenti semplici di engagement. Una volta fuori dalla piattaforma di Foursquare o Tripadvisor è determinante la partecipazione per arrivare alla costruzione del rapporto cittadino/città, quindi il livello di interazione basilare non è più sufficiente. Questo fa sì che il gaming sia parte di una strategia, ma non può essere la sola strategia.

è proprio per questo che è stata, possiamo dire, ignorata dalla popolazione che definirei la “prima ondata” dello sviluppo della smart city. Questa fase è stata caratterizzata dall’inserimento di hardware nelle città, tra l’altro neanche sempre nel modo più moderno o interattivo possibile, che non basta per ottenere un successo del modello. Dobbiamo, invece, andare dentro il coinvolgimento della smart community, sviluppando relazioni e, di riflesso, comunicazioni smart. Insomma non basta la tecnologia se non sappiamo come usarla e, soprattutto, non la impieghiamo per comprendere a quali esigenze deve rispondere”.

Certamente una città smart deve iniziare ad ascoltare ed ascoltarsi, come suggeriscono anche dall’edizione romana del Sustainability International Forum (19-20 giugno), dal tema: “Roma Smart community – Architettura, comunicazione, energia, mobilità, tecnologia”; organizzato da Pentapolis Onlus, associazione no profit che diffonde la responsabilità sociale e lo sviluppo sostenibile.

La città di oggi ha già i suoi cittadini smart, basta saper cogliere le molte iniziative di resilienza e partendo da queste, iniziare a costruire un’azione istituzionale convincente. Valorizzare questo tema come elemento che muove lo sviluppo di città sostenibili è un progetto, partito negli anni 2000 su indirizzo della Comunità Europea, che vede una evoluzione necessaria del concetto di smart city verso la smart community.

“Senz’altro si può parlare di gamification se pensiamo a modalità di ascolto dell’utenza cittadina”, sottolineano gli esperti di IDC Energy Insight. Senza dimenticare che l’ascolto ha le sue regole come ammonisce Epifani: “Partecipazione, pianificazione urbana, utility, open governement. Una città ha diversi player che partecipano al suo sviluppo troppo spesso non in relazione tra loro, quasi si trattasse di settori che si occupano di città diverse. 

Le azioni sono tutte costumizzate in verticale, così che un cittadino che, nella migliore delle ipotesi non è bi o tripolare, viene confuso e non apprende facilmente la fruizione di questi diversi modelli di città sovrapposti.

In pratica la living experience non è univoca, quindi il processo di pianificazione dell’esperienza risponde sempre ad un modello di fruizione diverso, il che non ne facilita l’apprendimento”. Insomma non basta dire che al centro dello sviluppo c’è il cittadino, è necessario rendere l’esperienza costruttiva e non disorientante. 

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.