Smart city, una parola per tutto

overview img01Le città intelligenti stanno entrando nelle campagne elettorali. Dato indicativo che segna l’ingresso delle smart city in una condivisione più amplia della cultura collettiva.

Arrivare ai cittadini finali è difatti il prossimo passo che segna un cambiamento. Ma, come per il gioco del telefono, in cui un messaggio passato di bocca in bocca va via via deformandosi, anche la smart city rischia di abbandonare il senso dato dall’esperto e inizia a sporcarsi nel sentire comune.

Di fatto questa trasformazione per quanto deformi il concetto portato avanti da ingegnieri e tecnici, controbuisce ad arricchire con necessità reali un porgetto di città intelligente. Da questi confronti emergono diversi segnali, anche imprevisti. Ad esempio ciò a cui può aspirare una città smart non coinvolge sempre direttamente le stesse priorità considerate dai cittadini.

In pratica dai pochi confronti comunali a cui ho assistito o di cui mi sono arrivate notizie, quando si configura una città con il termine “smart”, accade che si parli di rendere gli spazi a misura d’uomo, concentrando le “attività intelligenti” in iniziative ricreative e sociali dedicate a minori o giù di lì. Certamente una necessità che, però, rientra di fatto nelle iniziative di stampo sociale ascrivibili a correnti di pensiero ben più antiche delle smart city in senso stretto. Insomma la “città intelligente” rischia di divenire una figura allegorica.

Inoltre tale metonimia, poco importa che sia tecnologica, è importante sopratutto che sia green; a costo di tutto, anche di non capire la differenza tra il green funzionale e una soluzione “lava coscienza” un po’ sul fil rouge del “fu” mercato delle indulgenze papali. Già, perché il green è un lavoro, un’attività, un servizio e, come tale, va sistematizzato in modo da renderlo efficiente nel suo complesso. Non basta un boiler a solare termico -magari istallato buttando il precedente sul ciglio di una strada-, servono infrastrutture che non disperdono risorse. Acqua, energia, tutto è prezioso.

Condividere una coscienza sulla gestione dei consumi oltre che apporre tecnologie efficienti. Una riduzione delle emissioni, possibilmente accompagnata da una riconsiderazione dei trasporti e una gestione efficiente delle infrastrutture di servizio, parte dalla cultura. Possiamo ottimizzare e ingegnerizzare qualsiasi processo, ma se nei cassonetti continuiamo a mischiare carta riciclabile e non, non andremo molto lontano. I servizi devono e possono essere smart.

Cogliere in pieno i vantaggi di un simile approccio è possibile solo se persone, formatori e istituzioni sociali in primis, si confrontano con il nuovo che avanza e cercano insieme di rendere comprensibile ai più, il senso di una città futuribile.

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.