Cuochi,responsabili di sostenibilità alimentare

Barattoloa cura del Presidente Federazione Italiana Cuochi Rocco Pozzulo

Gli scienziati lo hanno appurato, e continuano a ricordarcelo in maniera martellante, che la sopravvivenza dell’umanità e di tutte le altre forme di vita dipendono dal buon “funzionamento” degli ecosistemi e dall’habitat della nostra terra. La crescente domanda umana di risorse esercita pressioni terribili su questi “meccanismi” mettendo a rischio la biodiversità, la sicurezza, la salute e il benessere futuri dell’uomo.

Il cibo, bene inalienabile per ogni essere vivente, ha un ruolo fondamentale in questo processo: l’agricoltura globale e intensiva, messa in atto in questi ultimi decenni dalle grandi “lobby” delle industrie agroalimentari, si è trasformata nella principale minaccia ambientale per il nostro Pianeta, occupando circa il 40% della superficie terrestre, distruggendo ecosistemi, consumando risorse idriche, inquinando fiumi e oceani ed emettendo una quantità di gas serra molto più elevata rispetto a qualsiasi altra attività umana.

Nell’ ottica di questi seri problemi, il sistema alimentare, nel contesto globale, si caratterizza per tre rilevanti paradossi che, se interpretati congiuntamente, offrono la misura della distanza e dei dissensi che separa la realtà dello attuale stato di cose da una situazione, se non ideale, almeno ammissibile.

Fic1Il primo paradosso riguarda le disuguaglianze e le disparità: una parte considerevole della popolazione mondiale non ha ancora cibo a sufficienza, mentre un altrettanto numero di abitanti ha problemi di sovrappeso e obesità con conseguenti disfunzioni e patologie croniche all’organismo.

Il secondo paradosso, problema sollevato dagli ecologisti e dai sostenitori vegan, riguarda l’uso non ottimale delle produzioni alimentari, di cui l’agricola (35% circa) è finalizzata a mangime per animali, il che fa della carne, collegata alla zootecnia intensiva, uno dei nodi principali di minaccia ambientale per quanto riguarda il cambiamento climatico, la scarsità idrica, la deforestazione, l’erosione del suolo, l’inquinamento e la perdita di biodiversità. Infatti nonostante il sostanziale avanzare delle schiere di vegetariani e vegani, e i benefici riconosciuti dalla scienza a carico della dieta mediterranea, secondo appurate stime si mangia sempre troppa carne, circa 90 kg a testa ogni anno, di cui circa un quarto è carne bovina.

Il terzo paradosso riguarda lo spreco di beni alimentari dove una grande quantità di cibo viene letteralmente buttato via dagli abitanti dei paesi cosiddetti “ricchi”, stimando che dal 20% al 30% venga ogni anno perso, testato o sprecato prima del consumo. Situazione allarmante e terribile se si pensa che il cibo prodotto globalmente a base annua attualmente è di circa 4 miliardi di tonnellate. Un oltraggio etico e morale dove, oltre al cibo, vengono infatti sprecati anche la terra, l’acqua e i fertilizzanti senza contare le emissioni di gas serra necessari per la sua produzione.

A dettare le regole di questa filiera dello spreco dei Paesi abbienti è, a mio avviso, l’odierna economia della frenesia del consumo delle già accennate grandi “lobby”, che privilegiano prodotti esteticamente perfetti e dalla durata pressoché illimitata, a tutto svantaggio delle tipiche e piccole produzioni, come le nostre italiane, vanto e inestimabile tesoro del Bel Paese.

Purtroppo, negli ultimi cinquant’anni il consumismo si è imposto quale cultura dominante dei paesi ricchi specie in fase di crescita economica. Ritengo giusto e lecito che uno Stato voglia creare ricchezza e benessere per le loro popolazioni, ma è altrettanto doveroso garantire la salute a lungo termine del nostro globo per le generazioni future, dovere che tutti indistintamente dobbiamo assolvere.

Difatti si sta assistendo, consapevoli dei pericoli oramai imminenti, ad una maggiore coscienza ecologica da parte di tutti noi rivedendo modalità produttive ed industriali, grazie anche alle campagne di sensibilizzazione promosse dalle comunità scientifiche di questi ultimi anni, innescate dai primi e gravi segnali che la natura stessa ci ha segnalato.

Noi cuochi professionisti, nel nostro piccolo e da sempre, siamo stati “svezzati” e cresciuti con lungimiranti insegnamenti, dove i nostri vecchi chef, maestri di professione e di vita, ci educavano all’amore del “prodotto” frutto della natura, a non buttare nulla in cucina sempre con l’intento dell’eliminazione dello spreco, primo passo verso qualunque tipo di risparmio, finanziario o energetico. Oggigiorno e in questo contesto storico del pianeta lo spreco porta a utilizzare energia che non ci serve, a rilasciare emissioni inquinanti per trasporti inutili e accumulare ulteriore spazzatura che sta sommergendo il pianeta.

La Federazione Italiana Cuochi, che sono onorato di rappresentare, da sempre diffonde tra i suoi iscritti una cultura per un consumismo all’insegna della sostenibilità, con informazioni corrette e con azioni e attività che ricordano ogni giorno la connessione tra produzione di cibo, ambiente e salute. Da sempre i nostri chef si adoperano con pietanze e prodotti strettamente stagionali e a “Km 0”, oppure utilizzano con estro le parti considerate dalla massa “scarti” o di secondo pregio, vedi il pesce povero, tagli di carne non nobili etc., evitando così squilibri e spreghi nella stessa produzione.

La Federazione Italiana Cuochi inoltre, quale operatore in causa e responsabile di sostenibilità alimentare, relaziona e collabora fattivamente in azioni di partneriato con quelle aziende, produzioni e istituzioni che operano in un contesto produttivo per la salvaguarda dell’ambiente e la sostenibilità dell’intera filiera. Un ente di categoria professionale all’ avanguardia e in sintonia con i tempi, protagonista di un cambiamento e non solo semplice spettatore.

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LA FEDERAZIONE ITALIANA CUOCHI 120 Associazioni Provinciali, 20 Unioni Regionali, numerose Associazioni e Delegazioni Estere, che annoverando ogni anno una media di 20.000 associati fra Cuochi Professionisti, Chef Patron, Ristoratori, Docenti e Allievi degli Istituti Alberghieri di ogni ordine e grado. Tutto questo e altro ancora è la “Federazione Italiana Cuochi” (F.I.C.), unico ente di questa categoria che vanti sul territorio nazionale una diffusione e una rete associativa così capillare. Fondata nel 1968 da Associazioni aderenti (alcune delle quali avevano superato i 200 anni di fondazione ed erano nate in passato come confraternite, corporazioni o società di mutuo soccorso di “cucinieri”), ha ottenuto nel 2001 il “Riconoscimento Giuridico” come organismo atto costituire la rappresentanza, sul territorio nazionale, dei Cuochi e di coloro che si dedicano all’attività culinaria professionale, sostenendone lo sviluppo, la promozione e la formazione. La FIC, inoltre, è l'unica Associazione Cuochi in Italia a rappresentare di diritto la “World Association of Cooks Societies” (WACS), alla quale aderiscono più di 70 Federazioni Nazionali dei cinque continenti.