Economia circolare, “servono interventi istituzionali e migliori modelli di analisi”

Il dibattito alla presentazione del rapporto “L’Italia del Riciclo 2016”

Circular EconomyNel 2014 in Italia la produzione di materie prime seconde ha toccato le 10,6 mln di ton, su un totale di 15,6 mln di ton recuperate, grazie alla trasformazione di rifiuti “tipici”: carta, vetro, plastica, legno e organico (sui quali esiste uno storico solido di dati), presente sia nel flusso dei rifiuti urbani che in quello degli speciali. E le previsioni per il 2015, redatte su un campione dei dati trasmessi nel 2016, intravedono una crescita del 2%. Il valore di rendimento più alto, ovvero il rapporto tra la quantità di input e quella di output, varia a seconda del materiale e sfiora il 90% nel caso della carta, in media il 75-80% per vetro, plastica e legno e il 27% per l’organico a causa delle sue peculiarità chimico-fisiche e dell’elevata percentuale di scarto derivante dal processo di trasformazione.

Questi sono alcuni numeri della ricerca condotta da Ecocerved contenuti nella settima edizione del rapporto L’Italia del Riciclo 2016 realizzato e presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e FISE UNIRE ieri a Roma. Una fotografia utile a capire come l’industria nazionale del riciclo, a un anno dalla presentazione del pacchetto UE sull’economia circolare, sta procedendo verso il superamento del paradigma dell’economia lineare.

Ci occupiamo di analizzare i dati e abbiamo riscontrato che da parte degli operatori non sempre c’è un’adeguata conoscenza della normativa: spesso le materie prime prodotte non hanno  le caratteristiche qualitative per restare sul mercato. A questo si unisce una difficoltà di interpretazione e una diversa attuazione sul territorio nazionale”, ci spiega Marco Botteri di Ecocerved, intervistato a margine dell’evento.

Lo sviluppo del mercato è ostacolato, come rimarca Botteri, da queste “diverse interpretazioni delle autorità locali”. Per questo gli operatori evidenziano “la necessità di un intervento dall’alto, anche in termini di linee guida, non necessariamente di norme. Cioè di indicazioni precise che consentano di dare un indirizzo univoco a tutte le attività sul territorio”.

Un altro ostacolo da superare per il decollo del settore è quello dell’intercettazione e della valorizzazione della domanda “e su questo punto ci sono diversi provvedimenti: un esempio è il Green Public Procurement (GPP) che, benché di difficoltosa attuazione, potrebbe essere uno stimolo per l’aumento della domanda a fronte di una crescita dell’offerta”.

Anche per frenare il nodo dell’illegalità la soluzione, secondo Botteri, è “un investimento da parte dello Stato: è difficile che un mercato governato da una logica economica di natura privatistica possa fornire le risorse per esercitare un controllo sui comportamenti illeciti”.

Il proposito per Ecocerved è quello di “affinare le tecniche di analisi dei dati, anche se pure in questo caso subentrano altri meccanismi come l’elusione della legalità, rifiuti inerti che sfuggono ai controlli oppure – ma questo è inevitabile in alcuni casi, tra cui quello dei metalli ferrosi – l’errata classificazione del rifiuti che concorrono alla produzione delle materie prime seconde”. Dunque, riuscire a usare codici e numeri adatti a rappresentare la complessità del mercato aiuterebbe anche a seguirne l’evoluzione: “Su questo si potrebbe ragionare affinando le tecniche di analisi, con campioni e rilevazioni di rete, per poter predisporre modelli da proiettare sull’universo. Ma questo è il compito dell’analista, non delle autorità locali o nazionali”.

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