Le soluzioni energetiche per il nuovo edificio di Fondazione Feltrinelli a Milano

Feltrinelli2Una costruzione che si struttura in due edifici distinti uniti nei livelli interrati che occupano rispettivamente un quarto e tre quarti del volume totale. E’ l’edificio ad uso terziario che la società Finaval Spa –  che segue le attività immobiliari del Gruppo Feltrinelli –  ha commissionato allo studio Herzog & De Meuron di Basilea nella zona Porta Volta di Milano, con supporto da parte della societàSD Partners per lo sviluppo esecutivo. 

La parte più piccola del volume fuori terra sarà destinata alla sede della Fondazione Feltrinelli, centro di studi e ricerca istituito a Milano nel 1949 da Giangiacomo Feltrinelli. In particolare il progetto prevede la realizzazione sul piano terra di una nuova libreria del gruppo editoriale con un bar all’interno. Il primo piano, invece, sarà adibito a sala polifunzionale, mentre due piani saranno riservati agli uffici e all’ultimo livello sarà realizzata la sala lettura per la consultazione. Gli archivi saranno, invece, custoditi nei due livelli sotterranei. 

Ad occuparsi della progettazione della parte impiantistica dell’edificio è stata la società di ingegneria Polistudio che ha gestito le scelte relative agli impianti meccanici, agli impianti elettrici e a quelli speciali. Tra le soluzioni adottate  le pompe di calore prodotte da Clivet. 

Insieme a l’ing. Franco Casalboni, uno dei soci fondatori della società di ingegneria Polistudio e responsabile del settore impianti meccanici, abbiamo approfondito gli aspetti energetici della struttura con un focus particolare sulle soluzioni adottate in tema di efficienza. 

Quali sono stati gli elementi chiave da valutare dal punto vista energetico nel momento in cui siete andati a intervenire su questa tipologia di edificio?

il committente ci ha chiesto subito di realizzare un edificio che avesse una gestione energetica performante, fermo restando che eravamo tutti consapevoli del fatto che l’enorme superficie vetrata non avrebbe permesso il raggiungimento di livelli ottimali di classificazione energetica. Nonostante ciò tutto il progetto ha avuto lo scopo di realizzare una soluzione con il miglior compromesso tra le esigenze architettoniche, le esigenze normative e le richieste del committente. Per quanto riguarda le esigenze normative, dico solo che ci sono dei minimi di legge da rispettare, (c’è ad esempio un indice di prestazione energetica degli edifici fissato da dei decreti della  Regione Lombardia). Per quanto riguarda, invece, i vincoli di natura architettonica, è stato richiesto il rigore assoluto nell’alternanza tra cemento armato e vetro in modo tale che gli impianti dall’esterno non si vedessero e ci fosse la possibilità di avere il soffitto di tutti i piani – quindi il solaio superiore –  in cemento armato a vista (nessun controsoffitto per intenderci).

Per quali soluzioni avete optato? 

Feltrinelli1Con questi vincoli non c’erano molte possibilità. Quindi si è scelto da subito di ricorrere all’utilizzo di acqua di falda con pompe di calore condensate ad acqua, una tipologia impiantistica con un’efficienza molto elevata.  In particolare la centrale termofrigorifera è costituita da tre macchine: due refrigeratori d’acqua a pompa di calore ed un refrigeratore d’acqua che produce solo freddo. In questo modo abbiamo una potenza termica a disposizione di circa 1200 kW e una potenza frigorifera di circa 1700 kW. Sulla potenza termica abbiamo una ridondanza pari a circa il 100%, mentre invece sulla potenza frigorifera abbiamo una riserva di potenza di circa un 20%. Sono macchine condensate ad acqua, due delle quali in grado di produrre contemporaneamente acqua calda e acqua refrigerata. Per la configurazione architettonica dell’edificio in alcune stagioni succederà che in una zona, ad esempio sul fronte nord occorrerà riscaldare, mentre sul fronte sud occorrerà condizionare. In più potrà capitare che a inizio giornata e a fine giornata occorrerà riscaldare e nelle ore centrali occorrerà raffrescare. Oltre alle pompe di calore come punta d’eccellenza dell’impianti sono state installate delle unità di trattamento dell’aria dotate di un recupero di calore termodinamico in grado realizzare valori di efficienza e di recupero del calore del 90% sia sul calore sensibile sia sul calore latente. In questo modo l’edificio è stato classificato dal punto di vista energetico in classe B. Inoltre in corso d’opera si è deciso di procedere alla certificazione Leed Silver, cosa che è avvenuta raggiungendo l’obiettivo con un discreto margine di punti. 

 Come avete gestito la questione dei picchi dai carico estivi ? Quali soluzioni avete adottato ?

Io da subito ho sollevato questa tematica ai progettisti architettonici facendo presente che o si mettevano delle schermature solari esterne oppure non saremmo stati in grado di garantire il comfort all’interno dell’edificio, perché  le schermature interne fanno entrare il sole e una volta che il sole è dentro diventa un carico da abbattere. Con le schermature esterne, invece – tende a rullo tutte motorizzate che si chiudono automaticamente in base alla quantità di radiazione solare che incide sulle superfici vetrate, scelte con un opportuno grado di trasparenza luminosa e di schermatura alla radiazione – si può avere un ambiente assolutamente confortevole senza avere il buio. Ciò ha permesso di contenere fra l’altro anche la potenza delle macchine frigorifere. Una cosa  molto particolare è stata, inoltre, lo studio delle tende sulla parte inclinata della facciata, perché lì c’era una doppia inclinazione da vincere. Attraverso un costruttore locale è stato fatto un mockup e si è trovata così una soluzione soddisfacente da un punto di vista architettonico ed energetico. 

Qual è la peculiarità dal punto di vista energetico da considerare nel momento in cui si va a operare su una struttura di questo tipo ?

Direi che l’elemento principale è cercare di immedesimarsi in quello che succede nell’arco dei 12 mesi dell’anno all’interno dell’edificio. Quando la radiazione solare ha un peso così elevato, come in questo tipo di fabbricato, paradossalmente le situazioni più delicate da gestire non sono quelle estive, ma quelle delle mezze stagioni quando il sole è più basso sull’orizzonte e quindi incide sulle superfici vetrate con un angolo più vicino alla perpendicolare. In queste condizioni il carico di radiazione che entra – sembra un paradosso – è più alto di quello che si ha in estate. Ora in pieno inverno questo fenomeno è parzialmente mitigato dalla differenza di temperatura tra interno ed esterno che provoca una dispersione, ma nelle mezze stagioni, quando abbiamo 15, 16, 17 gradi all’esterno  e dobbiamo mantenere 22 all’interno c’è la situazione più critica. Per questo tutto lo studio dei carichi è stato fatto dopo un’attenta simulazione delle ombre analizzate nelle varie ore del giorno nei vari mesi dell’anno. Il periodo delle mezze stagioni è stato quello analizzato più attentamente.

Quali sono state in particolare le scelte effettuate per le superfici vetrate?

Feltrinelli3Si è prestata molta attenzione alla performance delle superfici vetrate. Si è cercato, in particolare, di trovare un giusto compromesso: da un lato, un vetro che ha un coefficiente di trasmissione termica molto elevato ovviamente peggiora le performance energetiche per il fatto che d’inverno fa uscire molto calore dall’involucro, dall’altro, però, un vetro che ha un valore di coefficiente di trasmissione termica troppo basso sarebbe l’ottimale in inverno, ma diventerebbe penalizzante nelle mezze stagioni e d’estate quando la radiazione solare comunque entra, ma trova difficoltà ad uscire proprio perché c’è questo coefficiente di trasmissione termica basso. Per questo si è cercato un giusto compromesso facendo delle simulazioni con il fornitore delle superfici vetrate. Sempre con il fornitore un altro punto di attenzione è stato lo studio dei punti termici del telaio. Per quel che riguarda il vetro sono stati scelti dei valori intermedi sempre rispettando i dettami normativi.  

Le vetrate sono vetro a camera, doppia lastra di vetro con interposta una camera di gas inerte, avremmo potuto scegliere anche delle vetrate a doppia camera, delle lastre con due camere di intercapedine così avremmo migliorato la performance invernale, ma in questo modo avremmo reso più complicata la situazione nella stagione estiva. Si trattava quindi di cercare il giusto compromesso su quello che era il comportamento del fabbricato nei 12 mesi dell’anno. 

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Giornalista professionista e videomaker con esperienze in diverse agenzie di stampa e testate web. Laurea specialistica in Filosofia, master in giornalismo multimediale.