TEE, diagnosi energetiche e condivisione di esperienze: il campo minato dell’efficienza

Shutterstock 184359812Le diagnosi energetiche non sono sfruttate al meglio. I TEE scarseggiano, mentre la condivisione di esperienze tra Energy Manager, EGE ed ESCo è la chiave vincente per risolvere i problemi burocratici. L’intervista all’Energy Manager Paolo Baldracchi

Energy Manager libero professionista, Paolo Baldracchi attualmente collabora con il Polo Tecnologico per l’Energia, società trentina specializzata in progettazione di impianti, fonti rinnovabili, mercato dell’energia ed efficienza energetica. “Qui mi occupo dell’iter per la richiesta dei certificati bianchi, del contatto col cliente, della gestione e compilazione delle pratiche da inviare al GSE e della gestione effettiva dei titoli”. Un lavoro che lo porta ad operare, per PMI e grandi imprese, su diversi tipi di intervento: area compressa, recupero di calore, inverter, gruppi frigo e ausiliari (tra cui l’illuminazione). “In media, fatto 100 il risparmio economico di energia rendicontato a seguito di un intervento di efficientamento, con i TEE, si recupera un ‘bonus’ di un altro 40%”.

Nonostante i benefici dimostrati, l’efficienza presenta luci e ombre: “È complicato riuscire ad ottenere i certificati bianchi”, oggi gli operatori “devono rivedere progetti già approvati e inviare nuova documentazione rispetto quella richiesta inizialmente”. La sensazione è quella di non avere una metodologia strutturata, chiara ed efficace nella valutazione delle pratiche, ad esempio per stessa tipologia d’intervento, ma progetti distinti (PPPM o RVC), viene richiesto di inviare documenti diversi e di applicare parametri differenti nella rendicontazione dei risparmi. E l’allungamento di questo iter procedurale “rappresenta sicuramente un duro colpo per il sistema titoli in termini di credibilità e affidabilità nei confronti del cliente finale”. Fermo restando che, come più volte si è detto, l’intervento debba sussistere a prescindere dall’incentivo – idea che, stando a quanto affermato da Baldracchi, è passata nelle maglie dell’industria – la difficoltà di accedere ai TEE può innescare una reazione a catena, determinando la mancanza di “una spinta e una propulsione all’efficienza. Se ottengo l’incentivo sono stimolato a continuare a investire”.

Un altro impedimento è rappresentato dai costi, anzi parliamo al singolare: “La diagnosi energetica viene vista troppo spesso solo come un costo”. Che va da un minimo di 2.000 ad un massimo di 20.000 euro a seconda della precisione e profondità dell’analisi – “se l’azienda richiede misure puntuali ci vuole più tempo” – e della disponibilità di dati. Nonostante il monitoraggio delle informazioni sui consumi energetici (termici ed elettrici) sia il passaggio obbligato per determinare gli interventi di efficientamento e ottenere risparmi nel tempo, “la maggior parte delle realtà non possiede sistemi di monitoraggio dei dati”. Pertanto, il Polo Tecnologico per l’Energia proponeva tre formule di audit – leggero, intermedio e avanzato – a fronte delle diverse disponibilità di budget. Certo, il livello base, non permette all’azienda di calibrare interventi mirati. “Seppure sia un costo che ha un ritorno, c’è molta diffidenza. Il mercato è stato minato dall’affidabilità di coloro che si qualificano come professionisti. E questo scetticismo non sfuma neanche di fronte all’obbligo di legge”.

Infatti, racconta Baldracchi, nonostante l’azienda con cui collabora abbia iniziato a contattare i clienti per l’invio della diagnosi a gennaio 2015, alcune aziende hanno deciso di non realizzarla. E hanno ricevuto una lettera dall’Enea con l’obbligo di presentarla entro 5 giorni (impossibile per chi non l’ha già fatta) dalla data di consegna dell’avviso.

Per circa 100 aziende, invece, è filato tutto liscio: “Siamo partiti dal sopralluogo, abbiamo fatto un’analisi macro dei dati (inclusa quella delle bollette) e abbiamo creato un modello energetico per direzionare e razionalizzare i flussi di energia. Gli interventi che si propongono sono i più diversi: un esempio, in un’azienda abbiamo suggerito di recuperare l’aria calda espulsa dai forni (altamente energivori) che lavorano il vetro per riscaldare un intero capannone”.

E visto che dal 19 luglio 2016 è scattato l’obbligo di certificazione degli Esperti in gestione dell’energia (Ege) per continuare a condurre le diagnosi energetiche chiediamo se sosterrà l’esame. “Ho già fatto entrambi i corsi propedeutici a diventare Ege proposti da Enea e, con l’esperienza che sto maturando, capisco che è importante acquisire questo titolo per accrescere la mia credibilità e affidabilità”. Essendo giovane (classe ’83) può aver riscontrato uno scetticismo accentuato, dunque come avvalorare la sua prestazione? “Ottenendo un feedback positivo dal cliente”.

Un ultimo appunto, che si spalma su titoli ed esperienze, per continuare a fare dell’Italia una portabandiera dell’efficienza nel mondo: la condivisione di esperienze. “Dobbiamo creare dei gruppi di lavoro, confrontarci sul fronte della consulenza, fare squadra tra tecnici. Da soli, oggi, si fa poco e niente. Per i TEE esisteva un blog dell’Enea su cui era possibile scambiarsi informazioni e risolvere anche i problemi burocratici. Oggi lo si fa attraverso le discussioni su Linkedin, ma non c’è un confronto con una figura istituzionale”. Dunque ha già usato la piattaforma creata dalla Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia? “Ancora no, non ho molto tempo”.

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