Bioplastica, l’opportunità per industria e territori 100% compostabile

Shutterstock 101911438Quando ci si riferisce allo smaltimento della plastica vengono a mente le isole galleggianti di sacchetti negli oceani. A queste immagini apocalittiche che purtroppo sono la realtà, possiamo contrapporre una tecnologia esistente e 100% compostabile: la bioplastica.

Questi ritrovati possono rispondere a molte esigenze senza danneggiare l’ambiente e, perché no, facendo crescere un innovativo comparto industriale anche nel nostro Paese. Ne parliamo con Andrea Di Stefano, Responsabile Progetti Speciali e comunicazione di business di Novamont, azienda operativa dal 1990 sul settore delle bioplastiche e dei biochemical.

Quando affrontiamo il tema dei manufatti tratti da bioplastiche di che spettro di prodotti stiamo parlando?
Parliamo di prodotti della vita quotidiana: dai sacchetti per la spesa e la raccolta della frazione organica dei rifiuti agli imballaggi per frutta e verdura; dalle stoviglie usa e getta per il consumo di pasti e bevande ai prodotti per l’igiene personale; dagli involucri per la conservazione del pane fino ai pneumatici e ai teli per la pacciamatura agricola. Sono soluzioni che nascono dall’integrazione di chimica, ambiente e agricoltura attraverso l’uso efficiente e sostenibile di risorse rinnovabili, trasformate grazie a tecnologie proprietarie frutto di una ricerca tesa a migliorare costantemente le performance e il profilo ambientale dei prodotti. Sono le bioplastiche della famiglia MATER-BI e l’intera gamma delle loro applicazioni completamente biodegradabili e compostabili, secondo gli standard internazionali più importanti.

Dal punto di vista delle tecnologie impiegate per la trasformazione delle bioplastiche MATER-BI, i manufatti ottenuti si suddividono in film/pellicole, termoformati, estrusi, espansi, stampati a iniezione e additivi. Le componenti essenziali per la produzione della famiglia di bioplastiche MATER-BI sono amidi e oli vegetali, non modificati geneticamente e coltivati in Italia e in Europa con pratiche agricole di tipo tradizionale su terreni agricoli marginali non destinati a coltivazioni per uso alimentare.

Viene spesso posto l’accento sul conflitto tra bioplastiche e agricoltura tradizionale…
Il fatto che nella UE, ad oggi, solo l’1% della produzione complessiva di amido di mais venga utilizzato per le bioplastiche e che in media occorrano solo 15-30 litri di acqua irrigua per ottenere le materie prime rinnovabili necessarie alla produzione di 1 kg di MATER-BI dimostrano che l’impatto sulle produzioni alimentari è estremamente ridotto e la produzione non causa alcun conflitto con l’attività agricola.

La vostra filiera di produzione è calata nel territorio italiano? Qual è la valutazione economica dell’indotto apportato?
La nostra filiera è certamente calata nel territorio italiano, conformemente alla nostra visione di una “bioeconomia circolare”, in cui ai principi della bioeconomia si sposano quelli dell’economia circolare. La bioeconomia, che in Europa vanta un fatturato di circa 2.000 miliardi di euro e impiega oltre 22 milioni di persone (9% dell’occupazione complessiva dell’Unione), comprende la produzione di risorse biologiche rinnovabili e la trasformazione di tali risorse e dei flussi di rifiuti in prodotti a valore aggiunto quali alimenti, mangimi, bioprodotti – come le nostre bioplastiche – e bioenergie. L’economia circolare, invece, si contrappone al modello produzione-consumo-smaltimento dell’economia lineare, in favore di un sistema in cui i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e non ci sono rifiuti perché il prodotto, giunto a fine vita, viene trasformato in una nuova risorsa. Secondo la UE per ogni euro investito in ricerca e innovazione nella bioeconomia la ricaduta in valore aggiunto nei settori del comparto sarà pari a 10 euro entro il 2025.

Per quanto riguarda la filiera dei biopolimeri, secondo la ricerca Plastic Consult più recente, nel 2014 il comparto contava 195 operatori (+28% rispetto al 2013), per 1650 addetti complessivi (+14% vs 2013), con un giro d’affari complessivo di 400 milioni di euro (+6%).

Possiamo considerare la produzione di questa materia una occasione di riqualificazione delle aree territoriali in disuso?
Assolutamente. Novamont è impegnata da anni in progetti di riconversione di siti industriali in crisi in bioraffinerie per la produzione di biomateriali e bioprodotti da fonti rinnovabili, con ricadute positive dal lato occupazionale, ambientale, di redditività dei prodotti e di integrazione con i prodotti della chimica da petrolio per una loro maggiore specializzazione e competitività. Gli investimenti per la reindustrializzazione di siti di importanza nazionale dismessi o non più competitivi e per la realizzazione e l’avvio di 4 impianti flagship primi al mondo si aggirano intorno al miliardo di euro mentre sono stati destinati circa 200 milioni di euro a progetti di ricerca e sviluppo multidisciplinari che coinvolgono università e centri di ricerca di eccellenza.

Qual è la percentuale di smaltimento dei vostri prodotti e come si smaltiscono?
I manufatti in bioplastica MATER-BI, compostabili secondo lo standard internazionale UNI EN 13 432, sono smaltibili al 100% nella filiera dell’organico.

Applicate tecnologie efficienti (riuso delle acque, impianti di cogenerazione) negli impianti?
Certamente. In tutti i nostri impianti effettuiamo il riciclo delle acque e utilizziamo energie rinnovabili e verdi. Nell’impianto di Bottrighe – di prossimo avvio – verrà sperimentato un impianto di biodigestione con produzione di metano.

Dalla vostra esperienza con Eataly all’Expo -o da esperienze simili- avete un riscontro sull’impatto dell’uso di posate e piatti biodegradabii nei grandi eventi?
Studi e ricerche effettuati con partner quali, per esempio, Slow Food e Eataly, hanno evidenziato il ruolo determinante dell’uso di stoviglie in bioplastica compostabile nei sistemi di raccolta differenziata dei grandi eventi che raggiungono oltre l’80%, grazie appunto alla possibilità di avviare al compostaggio i residui degli alimenti consumati con le stoviglie in MATER-BI.

Quanto è la differenza economica in media tra un prodotto biodegradabile e uno no?
Da zero a tre volte a seconda delle applicazioni.

Rispetto al mercato che risposta c’è su questi prodotti?
Molto interesse soprattutto nel segmento delle applicazioni per la raccolta differenziata (sacchi e shopper) e in crescita nel settore dei prodotti per l’agricoltura e nel comparto della ristorazione commerciale e collettiva.

Come vede le prospettive del 2016, più consumo interno o più export?
Più forte in Italia per ovvi motivi, ma stiamo rilevando importanti segnali di crescita in paesi come UK, Spagna e Francia.

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.