Creare nuovi posti di lavoro facendo leva sullo sviluppo delle fonti fossili. Con questa spinta il Presidente americano Donald Trump ha firmato ieri il decreto presidenziale Energy Indipence Order con cui cancella le restrizioni alle emissioni di CO2. E lo ha fatto alla presenza di una delegazione di minatori del carbone, che hanno rappresentato un importante ago della bilancia per la sua elezione.
Una contro-rivoluzione energetica
Con questa firma, di fatto, l’inquilino della Casa Bianca fa un passo indietro rispetto agli Accordi di Parigi e alla politica verde perseguita da Barack Obama. “Celebriamo una nuova era per l’energia americana”, ha dichiarato il tycoon newyorkese, con gas e petrolio “l’America ricomincia ad essere vincente”.
La politica di Trump verso la brown economy
Una vera e propria “rivoluzione energetica”, come l’ha definita lo stesso Presidente, che sta cancellando tante delle “misure sostenibili” promosse da Obama. È stato revocato il Clean Power Plant che imponeva alle centrali elettriche di diminuire le emissioni di anidride carbonica in atmosfera; sono state aboliti i limiti sulle trivellazioni costiere, sullo sfruttamento delle miniere collocate in territorio federale e sulle emissioni di metano degli oleodotti; infine, cancellate le valutazioni di impatto ambientale per la realizzazione di nuovi grandi opere infrastrutturali. Segnale più rilevante di questa politica della brown economy la scelta di Scott Pruitt a capo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Environmental protection agency – EPA), politico convinto negazionista del riscaldamento climatico e dichiaratamente avverso agli Accordi di Parigi.
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Fonte foto in anteprima Reuters
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