Bioeconomia: nel 2015 251 mld di euro di fatturato in Italia. Il rapporto Intesa Sanpaolo, SRM e Assobiotec

ORzo TenutaSantaLuciaUn fatturato complessivo di circa 251 mld di euro nel 2015 con 1,65 mln di occupati. Questi alcuni numeri contenuti nel terzo rapporto sulla bioeconomia in Italia redatto da Assobiotec, Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) e dal Cluster Spring.

 

Italia ed Europa a confronto

 

Presentata lo scorso venerdì a Napoli, l’analisi fa il punto sullo stato del settore che in termini di valore di produzione del comparto rende il Paese, con l’8,1%, seconda solo alla Spagna, con il 10,8%, e davanti a Francia (7,5%), Germania (6,1%) e Regno Unito (4,7%). “Filiere come quella degli intermedi chimici e delle plastiche ottenute da materie prime rinnovabili, concepite come soluzioni in grado di trasformare problemi ambientali, come quello del rifiuto organico, in risorse, sono la dimostrazione che il nostro Paese è capace di dar vita a modelli fortemente innovativi e sistemici, sostenibili e competitivi allo stesso tempo”, ha commentato Giulia Gregori del comitato di presidenza di Assobiotec e Coordinatrice del gruppo di lavoro sulla bioeconomia dell’associazione.

 

Le distinzioni settoriali e territoriali

 

L’Italia si caratterizza “per una maggiore diversificazione settoriale”, ha sottolineato Stefania Trenti, Responsabile industry direzione studi e ricerche Intesa Sanpaolo, che rendono “il panorama della bioeconomia nel nostro Paese estremamente ricco ed articolato”. A spiccare a livello settoriale sono i comparti dell’agro-alimentare, delle componenti high-tech della chimica biobased, che ha un valore della produzione pari quasi a 3 mld di euro, e della farmaceutica biotech, oltre al mondo del tessile e della concia, dell’industria del legno e della carta. Emerge anche una pluralità di soggetti – imprese manifatturiere, sistema agricolo, ricerca scientifica, istituzioni pubbliche e private – che devono interagire di più e coordinarsi meglio per promuovere l’uso di risorse rinnovabili.

Bio 1

 

 

 

Nel rapporto vengono segnalate anche le opportunità derivanti dallo sfruttamento delle risorse di ciascun territorio. Il Nord presenta, da un lato, una significativa dotazione in termini di risorse naturali e, dall’altro, un elevato livello di competenze e di capitale umano. D’altro canto, nel Mezzogiorno occorre sviluppare ulteriormente la specializzazione nell’agro-alimentare e la forza e il numero delle esperienze di interazione tra la filiera agricola e i processi chimici biobased.

 

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Nella bioeconomia serve integrare il recupero dei rifiuti biodegradabili

Inoltre, ampliare il perimetro della bioeconomia al ciclo dei rifiuti biodegradabili (raccolta, gestione e trattamento) potrebbe portare ulteriori benefici. “Il potenziamento della raccolta differenziata, la cui diffusione procede a macchia di leopardo sul territorio nazionale”, ha proseguito la Trenti, deve però tenere conto della qualità del materiale raccolto, dell’adeguamento della dotazione impiantistica per garantire, nello specifico, il trattamento biocompatibile e della quantità del recuperato. In Italia la crescita della differenziata fa ben sperare: nel 2015 il 47,5% degli scarti solidi urbani è stato raccolto in modo differenziato e la percentuale del biodegradabile, pari al 72% del totale, ha raggiunto i 100 kg per abitante. Ma ci sono delle carenze, soprattutto al Centro e al Sud: qui, in termini pro capite, l’organico ammonta a 70,2 kg/abitante rispetto ai 122 delle regioni del Nord.

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