Distributori automatici e sostenibilità: tra prodotti a km 0 e impronta nutrizionale

Distributoriautomatici

Dalle capsule del caffè compostabili, alle bottiglie d’acqua in plastica riciclata passando per la valutazione dell’impronta nutrizionale di un prodotto e la valorizzazione di filiere produttive a  km 0. Questi sono solo alcuni degli esempi che mostrano come anche nel settore del vending, ovvero della distribuzione automatica, stia aumentando l’interesse delle aziende per il tema della sostenibilità ambientale. A testimoniare il trend i dati raccolti da Confida, l’Associazione Italiana Distribuzione Automatica che rappresenta l’intera filiera del settore: imprese di gestione, di fabbricazione, di produzione, di servizi e di commercializzazione. 3000 realtà imprenditoriali  in tutti’Italia con un mercato del valore di 3,4 miliardi di euro, che conta 10,5 milioni di consumazioni all’anno e oltre 800 mila macchine installate in luoghi come uffici, enti pubblici, scuole o aeroporti. 

Vending e sostenibilità: alcuni dati

In particolare il 70,9% degli intervistati ritiene la sostenibilità un tema fondamentale per il futuro del settore, mentre il 27,9% lo considera un tema importante. Per quanto riguarda nello specifico il comparto energetico dall’indagine emerge come il 55,8% delle imprese abbia realizzato interventi di riqualificazione energetica, il 64% utilizzi soluzioni a LED e il 29% produca energia pulita tramite pannelli solari, impianti di minieolico. Sul fronte trasporti il sondaggio mostra come il 29,1 % del campione utilizzi mezzi a minor impatto ambientale scegliendo veicoli ibridi, elettrici o a gas e l’80,2% abbia adottato un’ottimizzazione dei percorsi degli ARD (Addetti al Rifornimento Distributori) e dei tecnici per il rifornimento e la manutenzione  alle macchine da vending. Grande attenzione è riservata ai prodotti da agricoltura biologica, scelti nel 74,4% dei casi,  a quelli a km 0 (47,7%) e a quelli equosolidali (62,8%) . Numeri, che, come spiega in una nota Piero Angelo Lazzari, presidente di CONFIDAmostrano come le aziende del settore siano sempre più consapevoli del fatto che l’attenzione a una gestione sostenibile dell’attività della distribuzione automatica porta notevoli benefici in termini di minor impatto ambientale non solo per l’azienda stessa ma per la comunità in cui essa opera”. 

Il progetto Vending Sostenibile

Per cercare di fare da catalizzatore alla diffusione di una sensibilità green nel settore nel 2014 l’associazione ha promosso il progetto Vending sostenibile che ha visto la creazione di  una commissione specificamente dedicata alla sostenibilità. L’idea era quella di fare da cassa di risonanza per il settore per le iniziative  portate avanti da alcune aziende in modo che potessero costituire un input per l’implementazione di nuovi progetti. Per questo è stata creata una piattaforma web in cui è descritto l’intero progetto e in cui è possibile trovare una scheda inerente l’esperienza di ogni singola azienda. 
Anna Reina, coordinatrice Commissione Vending Sostenibile
ha approfondito con noi l’iniziativa e in generale il connubio vending/sostenibilità. 

Qual è stato l’input che vi ha spinto a promuovere il progetto? quale obiettivo avevate?

Sicuramente molte aziende del vending hanno iniziato a occuparsi di sostenibilità già negli anni passati. Quello che l’associazione ha deciso di fare due anni fa è stato costituire una commissione sul vending sostenibile per aiutare gli associati che ancora non avevano intrapreso questa strada ad avvicinarsi al tema della sostenibilità. 

Che tipo di iniziative sono state portate avanti?

La prima iniziativa realizzata è stata la partecipazione a Tuttofood nel 2015 con un percorso specifico dimostrativo improntato al vending sostenibile. In particolare il focus è stato  quello di evidenziare l’elemento della sostenibilità nell’intera filiera del vending partendo dalla costruzione della macchina fino al punto vendita del cliente proseguendo fino al ciclo rifiuti sfruttando una rappresentazione tramite delle tavole grafiche. Abbiamo poi realizzato dei convegni sul territorio per diffondere questo tema tra le aziende, perché l’associazione crede molto nell’importanza di un impegno green. Nel corso del mese di ottobre è stato realizzato un questionario per gli associati e abbiamo avuto degli ottimi risultati in quanto il 98% delle società che si sono fatte intervistare hanno riconosciuto l’importanza della sostenibilità nel settore del vending e molte di queste sono già attive. Quello che noi stiamo facendo come associazione di categoria è accogliere tutte le best practice per far sì che quelli che sono i comportamenti virtuosi di alcuni associati vengano messe a sistema.   il primo incontro sul territorio si è svolto a Conegliano Veneto, in quell’occasione è stato firmato un impegno in ambito sostenibilità da parte degli attori del Vending e del Comune. 

In generale l’obiettivo è quello di promuovere al massimo il tema della sostenibilità come vi state muovendo nello specifico?

Ci siamo resi conto che già molte aziende portano avanti diversi progetti sia in ambito locale sia in ambito nazionale e quindi stiamo utilizzando questi progetti già in essere per far si che anche le piccole società di gestione si rendano conto che nel loro piccolo qualcosa possono fare.  Nel nostro settore, infatti, c’è un po’ quest’idea  – ma credo anche in altri ambiti – che la sostenibilità possano permettersela solo le grandi aziende che hanno più fondi da investire, in realtà noi stiamo cercando di convincere i piccoli associati nel loro piccolo a fare delle operazioni di sostenibilità, visto che è un settore molto ampio e permette di portare avanti iniziative di vario tipo.  Ad esempio il 7 ottobre abbiamo organizzato alla Facoltà di Economia dell’Università di Torino, in particolare presso la scuola management, un convegno dove hanno partecipato dei docenti universitari che hanno parlato di modelli di business sostenibili. in particolare un intervento molto interessante è stato fatto da una professoressa di sociologia che parlato dei consumi di vending e di un’educazione al consumo consapevole descrivendo la destrutturazione dei pasti fuori casa. Anche qui sono state presentate best practice. 

Un tema, dunque, quello della sostenibilità, che trova un mercato favorevole in un consumatore sempre più consapevole. 

Noi crediamo di sì e vogliamo metterlo in evidenza, perché riteniamo che oggi il consumatore sia molto più attento e consapevole e nella scelta dei prodotti da consumare prende in considerazione non più soltanto il prezzo del prodotto. Sono sempre più disposti a scelte di consumo consapevole arrivando anche a pagare un prezzo più alto di un prodotto perché ha una maggiore qualità,  perché è  legato al territorio, perché non ha additivi, ha un basso consumo calorico. tutte caratteristiche a cui consumatore oggi fa molto attenzione, 

Lei con la sua azienda GDA ha realizzato il progetto Massimo Cento per promuovere il km 0 nel vending. Può spiegarci di cosa si tratta?

La mia azienda lavora in Piemonte prevalentemente, abbiamo realizzato questo progetto –  che a tutti gli effetti è uno spin off accademico dell’Università degli studi di Torino- per promuovere la produzione e la distribuzione di filiere di prodotti sani e di qualità legati al territorio e alla stagionalità delle materie prime. Si chiama Massimo Cento perché tutte le materie prime e i prodotti presenti  nei distributori automatici all’interno di questo progetto  hanno origine entro questi cento km (la materia prima, la trasformazione, la lavorazione e la distribuzione). Si tratta di prodotti prevalentemente realizzati da aziende agricole, piccole aziende che adottano processi produttivi tradizionali, dove predomina l’artigianalità del saper fare. I prodotti sono succhi di frutta, yogurt locali, pasticceria artigianale, prodotti tipici come baci di dama,  frutta fresca, frutta essiccata, gallette di mais antico. Siamo andati alla ricerca, grazie al dipartimento di management, di piccoli agricoltori e cooperative che avevano già questi prodotti e li distribuivano nei loro canali tradizionali. Quindi il grande lavoro che è stato fatto ha riguardato l’ottenimento di un packaging che permettesse di inserire il prodotto tramite un distributore automatico. il packaging per ora è abbastanza classico, ma siccome vogliamo sviluppare ulteriormente il progetto, perché ci crediamo, il prossimo passo è arrivare a migliorare il packaging dal punto di vista della sostenibilità. I prodotti sono distribuiti esclusivamente nei distributori automatici : prevalentemente siamo all’interno di università e istituti scolastici e di qualche azienda privata che è particolarmente sensibile al tema green.

Tra le best practice raccolte nell’ambito del progetto Vending Sostenibile c’è anche quella dell’azienda CDA che ha messo a punto un foglio di calcolo per calcolare l’impronta nutrizionale dei prodotti alimentari del vending. Ne abbiamo parlato con Alessandro Deana, delegato all’autocontrollo di CDA. 

Che cos’è l’impronta nutrizionale? Come viene calcolata? 

E’ un documento in excel piuttosto elaborato che prevede una catalogazione di tutti i nostri articoli alimentari confezionati. All’interno di questo foglio di calcolo io vado ad inserire tutti i parametri nutrizionali e alcune ‘interpretazioni’ sulla base della lista ingredienti. Lasciando un attimo da parte l’etichetta nutrizionale che è piuttosto semplice (kilocalorie, joule, proteine, grassi, carboidrati etc.) prendiamo in considerazione degli elementi che non sono così evidenti e vanno interpretati in base alla lista ingredienti. Uno di questi è, ad esempio,  il dato relativo ai grassi vegetali, compreso l’olio di palma: c’è  una parte all’interno di questo foglio di calcolo che presuppone l’inserimento di un flag in base alla presenza o meno all’interno del nostro prodotto alimentare c’è ad esempio olio di palma, alcol o coloranti artificiali e così via. Oltre a questi parametri, che sono in un certo senso negativi per il prodotto alimentare, ne abbiamo inseriti altri che potrebbero avere una valenza positiva, come ad esempio il fatto di essere biologici o l’aggiunta di vitamine. Una volta creato il database di tutti i nostri prodotti alimentari confezionati che comprendono l’etichetta nutrizionale e l’etichetta ingredienti interpretata, noi, inserendo le quantità vendute possiamo fare delle valutazioni. Qui  si apre un mondo, perché posso fare un confronto tra periodi temporali diversi, tra clienti di tipologia diversa (come un ufficio, una fabbrica o una scuola), posso confrontare lo stesso cliente in momenti diversi. Quest’anno siamo riusciti un po’ di più a spingere prodotti per così dire salutari e vogliamo vedere nello specifico, con numeri alla mano, cosa significa questa spinta verso prodotti migliorati dal punto di vista nutrizionale. In particolare prendendo in considerazione il nostro intero parco clienti noi siamo in grado di definire, ad esempio quante chilocalorie abbiamo fornito ai consumatori oppure quante tonnellate di acidi grassi saturi o di carboidrati o di proteine. 

Come vi muoverete in particolare sui dati relativi ai rifiuti e all’impatto ambientale?

Anche in questo caso il procedimento è molto semplice. Prendiamo ad esempio in considerazione una lattina di Coca Cola. Nel momento in cui inserisco i miei dati nutrizionali e quelli relativi agli ingredienti posso inserire anche il peso dell’alluminio della mia singola lattina. Quando inserisco anche i dati di vendita relativi a un certo lasso di tempo, oltre a ottenere i carboidrati che ho fornito attraverso la mia Coca – Cola sono anche in grado di dire quanti kg di latta il mio consumatore ha dovuto buttar via. A noi serve per ottenere dati per il nostro report di sostenibilità, poi ci sono dei clienti che sono un po’ più sensibili di altri su questi temi e ci chiedono come stanno andando i consumi presso le loro sedi rispetto alla media dei clienti CDA oppure rispetto all’anno precedente,  in questo caso viene prodotto un riassunto specifico per il cliente che ce lo richiede.

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Giornalista professionista e videomaker con esperienze in diverse agenzie di stampa e testate web. Laurea specialistica in Filosofia, master in giornalismo multimediale.