Il cortocircuito dell’informazione sostenibile

EcomediaIl giornalismo, nello specifico quello televisivo, dovrebbe essere il megafono dei temi ambientali ed energetici. Perché questi argomenti sono trasversali ai settori dell’economia e della politica, ma anche della vita quotidiana (pensiamo all’alimentazione o ai mezzi di trasporto). Eppure la presenza di servizi dedicati all’ambiente rappresentano il 3,3% del totale all’interno dei tg nazionali.

A dimostrarlo i dati del Rapporto 2015 “L’informazione ambientale in Italia” condotto dall’Osservatorio Eco-Media e promosso da Pentapolis Onlus, l’Università Lumsa e l-Osservatorio di Pavia. Presentato lo scorso 27 novembre a Roma, il rapporto ha analizzato 34.736 servizi di sette emittenti nazionali – Rai1, Rai2, Rai3, Rete4, Canale5, Italia1 e La7 – nei primi 9 mesi del 2015.

I tg italiani puntano sulle cosiddette “bad news” per il 37,8% dei servizi: incidenti e calamità come siccità, epidemie che colpiscono flora e fauna, terremoti, situazioni di dissesto idrogeologico rappresentano oramai dei “filoni” consolidati. Le notizie positive, quelle relative alle pratiche esemplari in termini di scienza, tecnologia, know how e innovazione restano sullo sfondo, come degli unicum che occupano il 9,9% dei telegiornali. Il quadro non migliora se a essere prese in esame sono le emittenti di Francia, Regno Unito e Spagna (rispettivamente France2, BBC ONE e TVE La1): monitorate nei primi sette mesi dell’anno hanno parlato di ambiente solo per il 4,9% della propria agenda.

Ggr1

Dunque occorre stimolare un cortocircuito dell’informazione: “I media mainstream non devono solo parlare delle questioni emergenziali: il cambio di rotta può alimentare un ciclo emulativo virtuoso a tutti i livelli”, ha sottolineato Massimiliano Pontillo, Presidente di Pentapolis Onlus.

Come ricordato nel corso del convegno, chi fa giornalismo deve verificare le notizie, ascoltare fonti affidabili e riportare con oggettività i fatti (anche) per quanto riguarda l’ambiente, non solo il sensazionalismo. Perché di queste tematiche si continuerà a parlare: basti pensare all’enciclica “Laudato Sì” di Papa Francesco, la prima nella storia a richiamare la comunità mondiale – non solo cristiana – al riciclo o all’uso condiviso dei mezzi di trasporto, ad esempio. L’alfabetizzazione ambientale, strumento invocato per promuovere azioni sostenibili, potrebbe di riflesso spingere decisioni e azioni ancora più incisive da parte dei leader mondiali che si riuniscono nelle conferenze internazionali per il clima (pensiamo alla Cop21 che oggi prende il via a Parigi). “Allontaniamoci dagli allarmismi: quello che il suolo, l’aria e le acque assorbono ritornano nell’ambiente per effetto di catene trofiche e alimentari – ha ricordato Walter Ganapini, Agenzia europea dell’Ambiente. Occorre combattere lo sbianchettamento della memoria e tenere i fili della memoria scientifica”.

A Massimiliano Pontillio chiediamo un commento rispetto al Rapporto stilato nel 2014 sulla carta stampata.

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